Black lives matter

“Non riesco a respirare”. Le proteste per George Floyd, ucciso dalla polizia a Minneapolis

Numerose le proteste a seguito della morte di George Floyd, di origini afroamericane, durante un arresto a Minneapolis. Il sindaco della città: “Perché l’uomo che lo ha ucciso non è in galera?”

“Non riesco a respirare”. È la frase ripetuta innumerevoli volte da George Floyd, un uomo afroamericano di 46 anni, durante un arresto da parte della polizia di Minneapolis, in Minnesota, il 25 maggio. Dopo essere stato fermato dalla polizia per aver tentato di usare una banconota falsa in un supermercato, l’uomo è stato ammanettato e immobilizzato a terra, a pancia in giù, e un poliziotto gli ho tenuto il ginocchio premuto sul collo per alcuni, infiniti, minuti. È morto così George Floyd.

Le proteste per George Floyd, ucciso dalla polizia a Minneapolis
Le proteste per George Floyd, ucciso dalla polizia a Minneapolis il 26 maggio 2020 © Stephen Maturen/Getty Images

Le reazioni della comunità

L’accaduto è stato ripreso in un video girato da un passante che è diventato virale, destando indignazione in tutto il mondo. Nel video – che contiene immagini forti – si sente Floyd chiedere di liberargli il collo perché non respirava, fino a dire “non uccidetemi”. Per tutto il tempo i passanti che si sono fermati hanno chiesto di liberare l’uomo perché era collaborativo e non mostrava resistenza all’arresto. Dopo diversi minuti, hanno iniziato a urlare ai poliziotti di controllare il battito di Floyd perché non si muoveva più.

Già dal giorno seguente sono iniziate le reazioni all’accaduto. Le autorità hanno preso distanza e provvedimenti nei confronti dei quattro poliziotti coinvolti, che sono stati licenziati. La comunità locale ha iniziato a protestare davanti al distretto di polizia e centinaia di persone hanno occupato le strade della città chiedendo giustizia per George Floyd. In tutto il mondo politici, personalità pubbliche e migliaia di persone stanno unendo le loro voci perché questo non accada più.

Le proteste continuano a Minneapolis e in altre città

Le proteste si sono protratte anche nella notte, con alcuni scontri con le autorità dopo che alcuni edifici sono stati danneggiati e incendiati e sono stati utilizzati gas lacrimogeni. Le manifestazioni hanno superato anche i confini, tenendosi in altre città statunitensi per tutte le giornate del 27 e 28 maggio. A Minneapolis la situazione si è fatta più tesa dopo il terzo giorno di proteste, quando nella notte del 29 maggio la stazione di polizia è stata incendiata e gli scontri con la polizia sono diventati più violenti.

Perché l’uomo che ha ucciso George Floyd non è in galera?

Anche il sindaco di Minneapolis Jacob Frey ha fin da subito preso le distanze dalla condotta degli ufficiali di polizia affermando che “essere nero negli Stati Uniti non dovrebbe essere una sentenza di morte”. Inoltre, ha tenuto una conferenza stampa in cui si espone fermamente condannando quanto successo e chiedendo giustizia, iniziando con l’arresto dell’agente. “Nelle ultime 36 ore sono stato alle prese con una domanda fondamentale: perché l’uomo che ha ucciso George Floyd non è in galera? Se voi o io l’avessimo fatto, ora saremmo già dietro le sbarre. E non ho una risposta alla domanda”, ha affermato Frey. “Quindi chiedo al giudice che venga condannato. Non possiamo chiudere un occhio. È compito nostro, come leader, di vedere e chiamare quanto accaduto per quello che è. George Floyd merita giustizia. La sua famiglia merita giustizia. La comunità nera merita giustizia. Questa città merita giustizia”.

Siamo rimasti a guardare per 5 strazianti minuti mentre un poliziotto bianco schiacciava con forza il suo ginocchio su un uomo nero disarmato e ammanettato. Non c’erano minacce, e non c’era nulla che poteva giustificare questo tipo di forza che, tra l’altro, è una tecnica non autorizzata dall’Npd né viene insegnata ai poliziotti e non dovrebbe essere usata. Punto.

Nei casi in cui le forze di polizia tragicamente uccidono un membro della comunità si tratta spesso di una decisione di una frazione di secondi, forse 5 al massimo. Qui non si parla di una decisione sbagliata in una frazione di secondo, si parla di almeno 300 secondi. In ogni secondo il poliziotto avrebbe potuto fermarsi, togliere il ginocchio dal collo di George Floyd, ascoltare la comunità che glielo chiedeva, e George Floyd stesso che articolava il suo dolore. Jacob Frey, sindaco di Minneapolis

Le cose cambieranno mai?

La morte di George Floyd riapre una ferita in realtà mai chiusa e molto profonda della lotta contro il razzismo, la discriminazione e l’impunità. Con questa vicenda tornano in mente i nomi delle persone nere uccise negli ultimi anni dagli agenti della polizia americana, molti dei quali non sono mai stati condannati e le vicende sorvolate.

Le proteste per George Floyd, ucciso dalla polizia a Minneapolis
Le proteste per George Floyd, un uomo di 46 anni di origini afroamericane ucciso dalla polizia a Minneapolis il 25 maggio 2020 © Stephen Maturen/Getty Images

Clarence Castile, zia di Philando Castile – che durante un posto di blocco è stato ucciso nella sua auto dalla polizia con un colpo di pistola -, descrive il senso di disperazione e impotenza provato con la morte di suo nipote e ogni volta che si sente di un incidente simile nelle news. Si pone infatti una domanda, quella che si spera un giorno smetteremo di chiederci: “Le cose cambieranno mai?”. Perché a prescindere dal colore, ogni vita conta.

Ultimo aggiornamento il 29 maggio 2020

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