Il 2018 doveva essere l’anno della fine del kebab. Colpa dei polifosfati

Invece no, possiamo continuare a mangiare scarti di macellazione gonfiati con polifosfati. Il kebab stava per diventare illegale in Europa per colpa degli additivi di cui è imbottito, ma nulla di fatto. Per ora.

Il kebab stava per diventare illegale, in Europa. Non perché fatto di carne di scarto e residui di macellazione. Bensì per gli additivi di cui è imbottito.

La Commissione Ue aveva intenzione di vietare ai kebabbari l’uso di carne imbevuta di polifosfati – acido fosforico, bi-trifosfati e polifosfati –, additivi già vietati dalle norme europee con una serie di eccezioni però, tra cui proprio salsicce e kebab. Servono a trattenere acqua, unto e aromi nei preparati di carne, dando loro quell’aspetto morbido, succoso e untuoso.

I polifosfati trattengono acqua, unto e aromi nei preparati di carne.
I polifosfati trattengono acqua, unto e aromi nei preparati di carne.

Il kebab è dunque così umettato e sapido grazie ai polifosfati, sui quali gli europarlamentari della Commissione salute hanno battagliato a metà dicembre 2017 in seduta plenaria per i rischi a lungo termine che comporta il loro uso, soprattutto per le malattie cardiovascolari. Alla fine, nulla di fatto.

Il kebab è il cibo spazzatura per eccellenza, succulento e grasso, con pessimi indici nutrizionali, ingredienti innominabili di scarsa qualità e di dubbia provenienza. Però è capace di saziare le fami più voraci e storte.

Molti se lo mangiano a tarda notte, dopo serate di alcol e bagordi, approfittando degli orari impensati in cui i negozianti tengono aperte le loro rosticcerie. Gli studenti squattrinati lo amano per il rapporto tra prezzo e calorie.

L’Unione europea si è accorta che il döner kebab, questo cono allo spiedo di fette di carne arrostite lentamente tipica della cucina turca e iraniana e diffusissimo in tutta Europa, per come è fatto oggi potrebbe causare problemi di salute. Non solo e non tanto per la carne e gli scarti di macellazione di cui è composto, né per il fatto che è pressoché impossibile l’etichettatura di origine o provenienza in quanto arriva in enormi polpettoni congelati di brandelli di carne mischiati e impastati – che si tratti di montone, agnello, vitello, manzo, pollame, scarti e sottoprodotti – ma soprattutto per gli additivi di cui è intriso.

La lunga lotta ai polifosfati, dal prosciutto cotto al kebab

Trent’anni fa i polifosfati erano aggiunti in molte preparazioni di carne e formaggi. Ce n’erano ovunque, dai formaggini al prosciutto cotto, laddove si volesse dare al prodotto alimentare confezionato un aspetto untuoso, gonfio, gelatinoso.

I polifosfati o meglio gli additivi fosfatici presenti negli alimenti (acido fosforico, di- e tri-fosfati e polifosfati E 338-452) hanno proprio questa “funzione tecnologica”: tengono incorporati aromi, grassi e sapidità, conferendo al cibo un aspetto grasso, succulento e morbido. Proprio di gonfiore si tratta, in quanto consentono di trattenere più acqua nell’alimento e quindi di farlo pagare, a peso, un po’ di più.

Nell'industria alimentare, i polifosfati trovano impiego come agenti addensanti, capaci di migliorare l'aspetto e la consistenza di molti prodotti quali formaggi fusi e carni conservate. Nel prosciutto cotto e nella spalla cotta, in particolare, esaltano la morbidezza delle carni aumentando la percentuale di acqua trattenuta. Per lo stesso motivo, i polifosfati vengono impiegati nella preparazione di varie tipologie di salumi cotti, carni in scatola, salse e budini, mentre nei formaggini aiutano a migliorarne la spalmabilità. Oltre ad esaltare tutte queste caratteristiche particolarmente apprezzate dal consumatore, l'impiego di polifosfati permette di monetizzare anche l'acqua extra trattenuta nell'alimento.
Nell’industria alimentare, i polifosfati trovano impiego come agenti addensanti, capaci di migliorare l’aspetto e la consistenza di molti prodotti quali formaggi fusi e carni conservate. Nel prosciutto cotto e nella spalla cotta, in particolare, esaltano la morbidezza delle carni aumentando la percentuale di acqua trattenuta. Per lo stesso motivo, i polifosfati vengono impiegati nella preparazione di varie tipologie di salumi cotti, carni in scatola, salse e budini, mentre nei formaggini aiutano a migliorarne la spalmabilità. Oltre ad esaltare tutte queste caratteristiche particolarmente apprezzate dal consumatore, l’impiego di polifosfati permette di monetizzare anche l’acqua extra trattenuta nell’alimento.

Dal 1992 a oggi c’è stato a livello internazionale un giro di vite stringentissimo nel loro uso: stanno progressivamente scomparendo da latticini, formaggi, dal pesce in scatola, dai gamberetti, dal prosciutto cotto (oggi molti produttori vantano in etichetta “senza polifosfati aggiunti”). Il motivo di questo astio nei confronti dei polifosfati è presto detto. Vi sono decine di ricerche che legano l’assunzione di fosforo con squilibri organici calcio-fosforo, con problemi alle ossa, perfino col rachitismo.

  • E338 – 341, acido ortofosforico e ortofosfati. L’assunzione, in alte quantità, può alterare l’equilibrio calcio-fosforo: l’eccesso di fosforo cattura calcio sottraendolo all’organismo, alle ossa. Si trovano nelle bevande gasate tipo “cola” e nelle gelatine.
  • E450-452, polifosfati. Controllano il peso e la perdita d’acqua di salumi e formaggi, rendendoli morbidi, succosi e conferendo un aspetto untuoso. Assunzioni massicce e continue di polifosfati hanno evidenziato fenomeni di ipocalcemia, lesioni renali e accumulo di fosfati di calcio nei reni. Pare che alterino il rapporto calcio-fosforo dell’organismo, attenzione specialmente per i bambini. Potrebbero causare anche disturbi digestivi per l’inattivazione di alcuni enzimi. Si trovano (sempre di meno, in verità) in formaggini, carne in scatola, insaccati cotti (prosciutto cotto e spalla, mortadella, wurstel); anche in gamberi e filetti del reparto pescheria.

Come detto, da gran parte di questi prodotti animali i polifosfati sono stati ritirati. Non nel kebab.

La richiesta del ritiro degli additivi a base di fosfati anche nel trattamento della carne dei kebabbari

Secondo uno studio del 2012 pubblicato sulla rivista medica tedesca Deutsches Arzteblatt International, esiste un potenziale collegamento tra questi additivi e un aumento dei rischi cardiovascolari. Un altro studio, condotto dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (l’Efsa, che ha sede a Parma) nel 2013, era più prudente rispetto ai risultati citati dalla rivista tedesca. Ma comunque l’Efsa annuncia che rivaluterà la sicurezza degli additivi alimentari con fosfati entro il 31 dicembre 2018.

Pochi giorni dopo, il 13 novembre 2013, The American Journal of Clinical Nutrition pubblica un nuovo studio che suggerisce un nesso tra le diete ricche di fosforo e fosfati e l’aumento della mortalità nella popolazione nordamericana.

Perché le norme europee non consentono l’uso di polifosfati nelle carni, ma nel kebab sì

In molti stati il kebab è considerato un “prodotto a base di carne”, non solo carne; e quindi starebbe fuori al pelo dal campo di applicazione delle regolamentazioni dei polifosfati. Che dunque sono sempre più utilizzati proprio nel kebab. Mantengono così la consistenza succulenta della carne, nonostante le molte ore passate ad arrostire sullo spiedo: ecco perché non si secca mai ed è sempre sugosa. Sono i polifosfati.

Ogni giorno gli europei mangiano 500 tonnellate di kebab; i più ghiotti sono i tedeschi, che ne consumano l'80%. L'onda lunga dell'immigrazione turca ha reso la tipica carne arrostita su un enorme spiedo e consumata a pezzettini nelle tradizionali pite, uno dei piatti più amati della Germania. Non è un caso, dunque, che il tabloid Bild abbia lanciato l'allarme con un un titolone a caratteri cubitali: "Il kebab rischia la fine!".
Ogni giorno gli europei mangiano 500 tonnellate di kebab; i più ghiotti sono i tedeschi, che ne consumano l’80%. L’onda lunga dell’immigrazione turca ha reso la tipica carne arrostita su un enorme spiedo e consumata a pezzettini nelle tradizionali pite, uno dei piatti più amati della Germania. Non è un caso, dunque, che il tabloid Bild abbia lanciato l’allarme con un un titolone a caratteri cubitali: “Il kebab rischia la fine!”.

La fine del kebab è una notizia ampiamente esagerata

Questi grossi spiedi in tutto il continente al momento girano dunque in un vero e proprio vuoto normativo.

Contrariamente a quanto scritto da alcuni giornali, in primis la Bild, il Parlamento Europeo non ha cercato di vietare la produzione del kebab: la questione è sempre stata molto più specifica e riguarda solamente gli additivi usati nella preparazione della carne. L’Ufficio europeo delle unioni dei consumatori (Beuc) ha cercato di attenuare le polemiche. “Nessuno vuole vietare i kebab”, hanno detto i rappresentanti dei consumatori, che però continuano a non vedere “nessuna necessità tecnologica convincente” per giustificare l’aggiunta di polifosfati alla carne.

Quando i siti di news e i quotidiani hanno iniziato a trattare la storia del potenziale divieto agli untuosi spiedoni mediorientali c’è stato grande subbuglio. Prima di tutto in Germania, primo Paese europeo per consumo di kebab.

La paternità dell'invenzione del döner kebab così come lo conosciamo oggi è contesa da tre immigrati turchi in terra tedesca che l’avrebbero introdotto negli anni Settanta.
La paternità dell’invenzione del döner kebab così come lo conosciamo oggi è contesa da tre immigrati turchi in terra tedesca che l’avrebbero introdotto negli anni Settanta. Angela Merkel non esita a farsi fotografare mentre sbocconcella pezzi di kebab o mentre ne taglia via brandelli dagli spiedi.

Oggi in Germania il kebab è lo street food più popolare, con quasi l’80 per cento del consumo di tutta Europa e quasi 16mila ristoranti (dice il quotidiano Frankfurter Rundschau) che ne servono quasi 3 milioni al giorno. Secondo Renate Sommere, europarlamentare della Cdu, il partito di Angela Merkel, un divieto “porterebbe alla perdita di migliaia di posti di lavoro”, mentre per Kenan Koyuncu, dell’associazione tedesca di produttori di kebab, si “firmerebbe la condanna a morte dell’intera industria del döner nell’Unione”. Il quotidiano inglese Guardian ha rilanciato: “Ci sono 200.000 posti di lavoro direttamente collegati all’industria del kebab in Europa”.

L’Europa non voleva “mettere fuori legge” il kebab, ma solo i polifosfati nel kebab

La notizia circolata a dicembre sul divieto di kebab, dunque, in realtà riguarda una norma più stringente sugli additivi. L’Ue non intende realmente bandire il kebab dai mercati ma solo assicurarsi che i malnati polifosfati non vengano più usati tra gli ingredienti. La vicenda è stata presentata dai giornali europei con toni molto allarmisti e per giorni si sono rincorse molte notizie false, probabilmente enfatizzate perché, senza polifosfati, il kebab non sarebbe così succulento.

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