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La borsa in pelle ecologica si fa con gli scarti delle mele
Con l’intento di recuperare e dare nuova vita ai rifiuti vegetali, l’ingegnere Alberto Volcan ha creato una borsa di pelle ottenuta dagli scarti delle mele.
Le questioni ambientali, e in particolare l’inquinamento causato dallo smaltimento dei rifiuti, rappresentano il punto di partenza per molti studiosi impegnati nella ricerca di soluzioni più ecosostenibili. Ce lo dimostra un ingegnere altoatesino, Alberto Volcan, che ha dedicato tutta la sua attività professionale proprio allo sviluppo di nuove tecniche di riciclo volte a recuperare gli scarti vegetali. Molte delle sue invenzioni (vanta ben sette brevetti riconosciuti a livello mondiale), infatti, hanno come protagonista la mela che, oltre ad alimentare gli impianti di biogas, si presta bene anche ad altri impieghi.
Dopo aver scoperto che con gli avanzi di questo vegetale si possono depurare completamente le acque contaminate, Alberto Volcan ha approfondito le sue ricerche creando, dapprima la cartamela, e poi un materiale in grado di sostituire perfettamente la pelle e il cuoio nella produzione di moda e oggetti d’arredo. Si tratta della “Pellemela” ottenuta da un 76 per cento di farina di mela ricavata con l’essiccazione di bucce e torsoli ridotti in polvere; miscelata con acqua e collante naturale; e, infine, compattata all’interno di una tipica macchina per tirare la pasta.
Partendo da questo materiale, con il contributo dell’artista Carlo Busetti che si è occupato dell’aspetto estetico e grafico, è nata la “Pellemela Shopper”, una borsa naturale, resistente e completamente biodegradabile. Il primo prototipo è stato presentato a Expo 2015 nello stand trentino di Dolomiti Fruits, un’azienda di succhi di frutta che ha abbracciato il progetto innovativo dicendosi disposta a fornire sin da subito gli avanzi di mele necessari alla produzione di ulteriori esemplari.
L’impiego di questa pelle vegetale ricavata dal recupero di scarti organici si pone come un’ottima soluzione per ridurre le emissioni inquinanti prodotte dagli inceneritori durante il processo di smaltimento dei rifiuti. Oltretutto, rappresenta anche una valida alternativa alla pelle vera ponendo rimedio alle questioni etiche legate all’uccisione e al maltrattamento degli animali.
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