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Sono le 6:45 di mattina, e sono parecchio teso. Fuori piove, è buio e dovrò correre una delle maratone più belle del mondo: la maratona di Berlino. I dubbi sono tanti. Come mi dovrò vestire? Aggiungo una giacca leggera alle cose che avevo preparato la sera prima. Scendo velocemente a fare la colazione, qualche galletta,
Sono le 6:45 di mattina, e sono parecchio teso. Fuori piove, è buio e dovrò correre una delle maratone più belle del mondo: la maratona di Berlino. I dubbi sono tanti. Come mi dovrò vestire? Aggiungo una giacca leggera alle cose che avevo preparato la sera prima. Scendo velocemente a fare la colazione, qualche galletta, marmellata, caffè e sono pronto. Una doccia calda e e si esce.
La partenza è vicina e appena arrivato in prossimità delle gabbie mi stacco dal gruppo di amici, ho bisogno di trovare la concentrazione, devo staccare la testa dal corpo il prima possibile.
Sono le 9:13. Mancano 2 minuti alla partenza, sui maxischermi le immagini dei primi là davanti pronti a rincorrere il record del mondo, Eliud Kipchoge, Guye Adola, Kenenisa Bekele, Wilson Kipsang, la keniana Gladys Cherono, l’etiope Ruti Aga, la tedesca Anna Hahner e la nostra Catherine Bertone. La musica è alta; sullo sfondo la Siegessäule, la colonna della vittoria, alle mie spalle la porta di Brandeburgo.
Quasi non mi sembra vero, non è possibile, fisso il cielo, sono commosso. All’improvviso non sento più niente, mi accade spesso prima di partire.
Inizio a correre, sto bene, il mio fisico risponde meglio del previsto, pensare di chiudere sulle 3 ore e 5 minuti è possibile, mi metto in scia di un ragazzo nero con un fisico super atletico, che dopo una decina di chilometri però scoppia e rallenta.
Cambio obiettivo e inizio a seguire un signore sulla cinquantina, ha le gambe super definite, il passo svelto e costante, non guarda mai l’orologio – probabilmente deve aver percorso molte maratone – lo seguo. I chilometri passano e la mia testa vaga, il corpo non esiste più… Siamo al km 28.
D’improvviso un lampo mi sveglia dal mio torpore, fulmineo, inaspettato, una fitta lancinante sotto al polpaccio destro, proseguo qualche metro ma… Niente da fare, perdo il mio compagno davanti, la gamba non va più. Non mi era mai accaduto, cosi presto, cosi doloroso. Mi fermo, provo a stirarlo e massaggiarlo, dentro di me il terrore di essermi fatto male, penso al tendine ma massaggiando il dolore si attenua. Riparto, provo a spingere, ho un passo più lento, non riesco a caricare la gamba come prima ma il dolore è sopportabile, non sembra grave, decido di proseguire.
Passano i chilometri e il dolore aumenta, iniziano i crampi su tutte le gambe, a ogni passo devo stare attento a rimanere rilassato o sono certo che dovrò fermarmi. Devo aver esagerato nella prima parte di gara, guardo l’orologio, le 3 ore e 5 minuti sono ormai un miraggio ma posso tentare di stare nelle 3 ore e 10 minuti. Accelero fino al limite, ogni 15 secondi circa ho un principio di crampi su diversi muscoli delle gambe.
Tre chilometri, posso farcela, devo farcela. Dopo poco mi appare la porta di Brandeburgo in tutta la sua maestosità! È l’ultimo chilometro, c’è tanta gente ad incitare, la musica è alta e il cuore pulsa all’impazzata, inizio a piangere ma devo trattenermi, respiro a fondo e le gambe riprendono a girare, uno sguardo all’orologio, dentro di me sento una voce che mi dice “Vai, corri”, fisso perla seconda volta il cielo passando sotto la porta, ringrazio e punto solo l’arrivo, li a poche centinaia di metri. Un passo dopo l’altro, non c’è più energia, è il cuore a portare avanti tutto il mio corpo fino all’arrivo. 3:10:31.
E poi il resto è solo gioia, le braccia alte, gli occhi gonfi di lacrime.
Tanti mesi di fatica, tanti sacrifici, tante rinunce e poi arrivi là al traguardo e ti ricordi perché lo hai fatto.
Non è il voler dimostrare qualcosa, non è una sfida con gli altri, sei solo tu il tuo corpo e la tua mente, tu sai dentro di te che puoi farcela e nessuno ti toglierà mai dalla testa quella idea e dopo mesi quando alzi le braccia al cielo e in silenzio puoi dire “ce l’ho fatta” allora tutto il resto diventa insignificante.
Questo è lo sport, questa è la maratona, e se qualcuno non lo capisce, be’, sapete che vi dico? Io me ne frego!
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