Biologico

L’india sperimenta il bio, primi passi per un tè senza pesticidi

Grazie anche alle denunce di Greenpeace, uno dei maggiori produttori indiani di tè ha scelto di sperimentare tecniche di coltivazione che escludano i pesticidi.

Hindustan Unilever, la maggiore industria indiana del tè, praticherà tecniche di coltivazione nelle proprie piantagioni dell’Assam, per ridurre l’abuso di sostanze chimiche nei campi. Per sostenere i piccoli contadini nel passaggio verso un’agricoltura più sostenibile, il Tea Board of India, l’agenzia di stato del governo indiano che promuove la produzione, la lavorazione e il commercio nazionale, così come l’esportazione, del tè indiano, ha garantito un sostegno economico di circa 30 milioni di euro. Ne ha dato notizia Greenpeace, associazione che da tempo denuncia l’uso eccessivo di pesticidi nelle coltivazioni di tè indiane.

 

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Il rapporto Trouble brewing – residui di pesticidi nel tè indiano di Greenpeace India mostra come nel Paese, secondo produttore al mondo di tè con circa 1,2 miliardi di chili l’anno, si impieghino fino a 11 chili l’ettaro di pesticidi nelle piantagioni. I risultati degli studi condotti “dimostrano che il tè di marca acquistato in India è ampiamente contaminato da un’ampia varietà di pesticidi. Il 59 per cento dei campioni testati contiene un cocktail di residui di antiparassitari composto da più di 10 differenti sostanze; un campione contiene residui di ben 20 pesticidi diversi. Oltre la metà dei 34 pesticidi trovati non compare tra quelli consentiti per la coltivazione del tè”. L’ampia varietà di pesticidi non autorizzati trovati, fa sapere l’associazione, renderebbe inoltre più difficili e più costosi i test che servono per individuarli e per capire le loro conseguenze sulla salute e sull’ambiente.

 

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“È necessario un cambiamento radicale dall’agricoltura industriale verso un modello ecologico che metta al centro le persone e gli agricoltori”, dichiara Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura sostenibile di Greenpeace Italia. “L’esperienza dei produttori di tè indiani ci fa sperare che, in India come in Europa, si possa presto abbandonare il vecchio modello industriale che antepone il profitto alle persone. Ne beneficerebbero anzitutto gli agricoltori, la principale categoria esposta agli effetti tossici delle sostanze chimiche usate in agricoltura, ma anche gli amanti del tè, che non dovrebbero più fare i conti con i residui dei pesticidi”.

 

Foto © Greenpeace India

 

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