Dopo aver rischiato l’estinzione, le renne delle Svalbard sono in aumento

Rispetto alla precedente stima le renne delle Svalbard, quasi scomparse all’inizio del secolo scorso, sarebbero raddoppiate.

Negli ultimi decenni la maggior parte delle popolazioni di renne ha subito un grave declino a causa dell’impatto antropico, decimate da caccia e frammentazione dell’habitat, e dei cambiamenti climatici, i cui effetti sono particolarmente evidenti sugli ecosistemi artici. Dalla metà degli anni Novanta il loro numero è diminuito del 56 per cento, passando da 4,7 a 2,1 milioni. Opposto sembra invece il destino della renna delle Svalbard (Rangifer tarandus platyrhynchus), sottospecie endemica dell’arcipelago norvegese, che dopo aver sfiorato l’estinzione un secolo fa è ora in aumento.

Esemplare maschio di renna delle Svalbard mentre pascola
Le renne delle Svalbard sono gli unici grandi mammiferi che pascolano nell’Alto Artico europeo e tra le sole tre specie stanziali dell’area, insieme alle volpi artiche e alle pernici bianche © Tim Ellis/Flikr

La rivincita della piccola renna

Questa sottospecie di renna, la più piccola fra tutte le renne a causa della scarsa disponibilità di cibo, ha rischiato di scomparire per sempre tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo a causa della caccia. Dal 1925 però questi ungulati sono protetti e il loro numero è gradualmente aumentato. Oggi il loro numero sarebbe addirittura raddoppiato rispetto alla precedente stima, basata su conteggi effettuati dal 1968 al 2008. Lo ha rivelato lo studio A century of conservation: The ongoing recovery of Svalbard reindeer, condotto da un gruppo di ricercatori dell’università norvegese di Scienza e tecnologia.

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Quante renne ci sono alle Svalbard

Attualmente il remoto arcipelago norvegese, circondato dal mare Glaciale Artico, ospita circa 22mila renne delle Svalbard. Per censire gli ungluati Mathilde Le Moullec, che ha guidato al ricerca, e i suoi colleghi hanno ispezionato oltre duemila chilometri dell’arcipelago tra il 2013 e il 2016, percorrendo fino a 40 chilometri al giorno. “A livello globale il numero di renne è in diminuzione e la specie è stata elencata come vulnerabile nella Lista Rossa della Iucn – hanno scritto gli autori della ricerca -. Il nostro studio indica invece una tendenza opposta”.

Il paesaggio di Raudfjord nelle Isole Svalbard
I ghiacci artici delle Svalbard si stanno fondendo a ritmi allarmanti e il paesaggio è in costante mutamento © Ingimage

La presenza storica delle renne

Per cercare di ricostruire l’originaria distribuzione delle renne delle Svalbard prima che gli esseri umani mettessero piede sulle isole e le decimassero, i ricercatori hanno cercato e raccolto antichi palchi e ossa di renna conservati dai ghiacci artici e usato la datazione al radiocarbonio per stimare quanti anni avessero i resti. Secondo le ultime stime gli animali hanno ricolonizzato tutto il loro storico areale e in molte aree, laddove furono completamente spazzati via dalla caccia, i ricercatori ritengono che gli ecosistemi potrebbero sostenere un numero maggiore di renne.

Piccolo di renna delle Svalbard al trotto
La renna delle Svalbard popola l’arcipelago da almeno cinquemila anni © Allan Hopkins/Flikr

Una nuova minaccia per le renne

Dopo quasi un secolo le renne delle Svalbard sembrano dunque essersi riprese da anni di caccia indiscriminata, solo per dover fronteggiare una nuova minaccia, ancora più terribile: i cambiamenti climatici. Così come le altre specie di renna, anche le renne dell’arcipelago norvegese sono in pericolo a causa dell’aumento delle temperature che ostacola l’alimentazione degli animali, rischia di frammentare le popolazioni e minaccia in particolare i cuccioli e le mandrie che vivono nelle aree costiere.

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Le temperature medie alle Svalbard sono in costante aumento e i ghiacciai si sono ridotti di circa il 7 per cento negli ultimi 30 anni. “Tenendo presente che questa sottospecie ha impiegato circa un secolo per riprendersi dalla caccia massiccia, la risposta delle renne ai cambiamenti climatici potrebbe essere troppo lenta”, hanno concluso i ricercatori.

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