La strage del 3 ottobre 2013 sembrò poter segnare una svolta nelle politiche migratorie della Ue. Da allora invece ci sono state oltre 30mila vittime.
Come si prevengono le voragini per le strade di Roma e cosa c’è sotto
Il sottosuolo di Roma è un’intrico di cavità non ancora mappate. Per scongiurare incidenti è necessario dar vita a una cabina di regia unica che affronti anche la questione del dissesto idrogeologico.
Le buche, o meglio le voragini di Roma che si creano all’improvviso nell’asfalto della capitale – l’ultima è avvenuta nel quartiere Appio Latino il 22 marzo – hanno una causa in comune: il dissesto idrogeologico. È quanto sostiene l’associazione ambientale Italia Nostra, sezione di Roma, e la Società italiana di geologia ambientale (Sigea) che hanno rivolto un appello alle istituzioni: istituire una “cabina di regia” unica per monitorare il territorio al fine di scongiurare altre tragedie di questo tipo.
I filoni su cui convergere gli sforzi sono principalmente tre: rischio idraulico, frane ed eventi sismici, fa sapere Emilio Giacomi, attivista di Italia Nostra che fa parte della commissione dedicata allo studio del dissesto idrogeologico. Su ciascuno di questi è necessario prendere dei provvedimenti, monitorando e mappando quelle che sono le zone più a rischio.
Roma – Voragine sulla circonvallazione Appia, due auto in bilico https://t.co/hE6Tt0gwOb pic.twitter.com/JNxiSo251l
— Torrechannel.it (@Torrechannelit) 23 marzo 2018
Un suolo fatto di “vuoti”
Il rischio idraulico è allo stesso tempo il più “famoso” dei tre filoni ma anche quello meno considerato. Come dimostra l’appello lanciato a settembre 2017 dal presidente dell’Autorità del bacino del Tevere, Erasmo D’Angelis, con il quale avvertiva l’amministrazione comunale che 250mila romani dell’area metropolitana vivono in zone a rischio allagamento, a causa – come si legge nell’avviso – della “carenza di manutenzione del reticolo idrografico per circa 700 chilometri di fossi e canali delle rive del Tevere e dell’Aniene”.
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Una carenza che si ritrova anche nel sottosuolo romano caratterizzato, oltre che dal sistema idraulico e fognario, anche da un’intricata rete di cavità sotterranee. “Si tratta della parte più incredibile e meno esplorata di Roma”, sostiene Giacomi. “Immaginate infatti una rete di cavità sottoterra dovute in parte a cause naturali, come le attività carsiche di erosione del suolo, ma in gran parte di gallerie scavate dall’uomo nelle varie epoche, per motivi idraulici (fognature, ndr), religiose (catacombe degli antichi Romani, ndr) e, in misura maggiore, per l’approvvigionamento di materiale da costruzione. Pensate che anche parte delle abitazioni della parte est e sud della città poggiano su questi vuoti”. E così, secondo l’attivista, quando una di queste volte sotterranee si rompe, si possono manifestare cedimenti improvvisi e voragini in superficie.
Un censimento per le cavità di Roma
Le indagini devono ancora stabilire quali sono le cause reali che hanno portato al cedimento del manto stradale, va detto. Ad esempio, per quanto riguarda la voragine della Balduina avvenuta a metà febbraio, le prime ricerche ipotizzano il cedimento del collettore fognario.
Ma insomma, la sostanza è che il sottosuolo di Roma va studiato. Eppure gli unici accertamenti sistematici fatti sinora sono stati compiuti dall’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale – purtroppo in maniera non ancora completa – che ha censito le cavità e pubblicato la Carta delle cavità sotterranee di Roma. Proprio l’Ispra avverte che “la presenza di tali cavità in particolari condizioni, congiuntamente alle possibili perdite della rete idraulica dei sottoservizi può provocare il crollo degli strati più superficiali del terreno con la formazione di voragini in superficie, determinando un rischio per il prezioso tessuto urbano romano”.
Il rischio sismico nelle strade della capitale è sottovalutato
Il lavoro dell’Ispra è fondamentale per la conoscenza della situazione. Debbono seguire i necessari provvedimenti per la definizione delle zone di rischio e di attenzione, e dei provvedimenti da adottare al riguardo. «È un territorio particolare che richiede attenzione e conoscenza. Ma soprattutto una serie di provvedimenti» conclude Emilio Giacomi. Perché a tutti questi rischi si aggiunge il terzo filone menzionato all’inizio: il rischio sismico. “Le scosse di una certa intensità possono essere amplificate in base alla natura del suolo”. Anche su questo punto è stata avviata – ormai otto anni fa – la micro-zonazione sismica del territorio. Ma non è stata ancora completata: solo per sette municipalità su diciannove risulta essere stata validata dalla Regione Lazio una carta di micro-zonazione sismica del territorio.
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