Ruanda, compie 40 anni la riserva Unesco che ha salvato i gorilla di montagna

La riserva della biosfera dei Vulcani, in Ruanda è stata decisiva per la salvezza del gorilla di montagna. Ora compie 40 anni e l’Unesco ne celebra il modello.

  • La riserva della biosfera dei Vulcani, in Ruanda, ha compiuto 40 anni.
  • La sua istituzione da parte dell’Unesco è stata fondamentale per la conservazione del gorilla di montagna.
  • Ma “in tutto il mondo la sopravvivenza delle grandi scimmie rimane a rischio”, secondo l’Unesco.

La riserva della biosfera dei Vulcani dell’Unesco, in Ruanda, ha festeggiato quest’anno il suo quarantesimo anniversario. Per l’occasione, Audrey Azoulay, direttrice generale dell’Unesco, ha intrapreso a settembre 2023 una missione di tre giorni nel paese africano per incontrare le autorità, gli scienziati, le guardie forestali e le comunità locali, lodando i loro sforzi per proteggere la biodiversità di una istituzione che è considerata un caposaldo mondiale nella protezione dei gorilla di montagna. Il viaggio si è concluso con la partecipazione della direttrice Azoulay come “madrina” alla cerimonia Kwita Izina, che ogni anno celebra i gorilla appena nati, e l’incontro con il presidente del Ruanda, Paul Kagame.

“In tutto il mondo la sopravvivenza delle grandi scimmie è in condizioni critiche – ha spiegato la direttrice generale Azoulay –. La comunità internazionale deve intensificare i propri sforzi il più rapidamente possibile se vogliamo evitare che alcune specie scompaiano per sempre. La protezione di questi cugini dell’essere umano, dai quali ci separa solo il 2 per cento del dna, è una responsabilità collettiva. Tutti i paesi hanno il dovere di fare la propria parte, in primis quelli più sviluppati, rafforzando i meccanismi di solidarietà con i Paesi che ospitano le grandi scimmie, in particolare in Africa”.

Il Ruanda come un esempio di conservazione

Azoulay ha sottolineato la virtuosità dell’esempio costituito dalla riserva della biosfera dei Vulcani: “Come abbiamo visto in Ruanda, la conservazione delle specie ha successo quando le comunità locali sono poste al centro della strategia di conservazione. Le misure di protezione della biodiversità devono andare di pari passo con misure che rispondano ai bisogni di queste comunità locali”, ha osservato.

Gorilla di montagna nella Repubblica democratica del Congo
Femmina di gorilla di montagna con il suo piccolo© Brent Stirton/Getty Images

Dal 1983, il Ruanda utilizza il modello di riserva della biosfera dell’Unesco per sviluppare un circolo virtuoso basato da un lato su un approccio imprenditoriale, in cui i proventi del turismo vengono reinvestiti per finanziare i parchi nazionali e per migliorare le condizioni di vita della popolazione locale; dall’altro su un approccio culturale, volto al riconoscimento delle conoscenze e delle competenze ancestrali delle comunità locali nella protezione della natura. “A livello locale esistono innumerevoli soluzioni che devono essere identificate e trasmesse. Questo è lo scopo della Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale”, ha detto ancora la dirigente dell’Unesco Audrey Azoulay.

I gorilla di montagna salvati da un’estinzione che sembrava inevitabile

Il gorilla di montagna ha visto la sua popolazione decimata nel corso del Ventesimo secolo a causa della deforestazione, del bracconaggio e della trasmissione di malattie da parte dell’essere umano. Negli ultimi quattro decenni, gli sforzi congiunti delle autorità nazionali, delle comunità locali, delle organizzazioni non governative e dell’Unesco hanno ribaltato la situazione. Nel 1980 ne rimanevano solo 250 esemplari, ma ora più di mille gorilla di montagna vivono in natura, sparsi in tre paesi. A conferma di questo progresso, alla fine del 2018, il gorilla di montagna è stato rimosso dall’elenco delle specie “a rischio estinzione” da parte dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn).

Oggi l’Unesco protegge 900mila ettari di habitat dei gorilla di montagna: la riserva della biosfera dei Vulcani, creata nel 1983 in Ruanda, la foresta impenetrabile di Bwindi in Uganda, patrimonio dell’umanità dal 1994, e il parco Virunga nella Repubblica Democratica del Congo, patrimonio dell’umanità dal 1979. Solo in queste tre aree si trova più dell’80 per cento degli esemplari censiti in tutto il mondo.

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