Siria, la ricostruzione di Palmira sarà a opera dei rifugiati
Uno dei templi a Palmira in Siria
Il World Monuments Fund, no-profit che opera per la salvaguardia di siti archeologici, stanzierà 500.000 dollari per formare i profughi siriani perché siano protagonisti della ricostruzione di Palmira.
Uno dei templi a Palmira in Siria
Ricostruire il sito di Palmira grazie alle braccia di chi da quelle terre è dovuto fuggire: è questa l’intenzione del World monuments fundche vuole in questo modo evitare che il ripristino del sito sia affidato solo alla competenza di archeologici internazionali ma intende invece formare le giovani generazioni siriane per impiegarle nella rinascita e tutela del proprio patrimonio storico artistico. Un progetto da 500mila dollari e di grande speranza.
Palmira, la ricostruzione sarà a opera dei rifugiati siriani, secondo un progetto del World monuments fund
I rifugiati siriani al servizio di Palmira
Così come le morti innocenti di civili e bambini, la distruzione da parte dell’Isis di Palmira, forse la più nota città siriana per via del sito archeologico patrimonio dell’Unesco, è uno degli avvenimenti più truci nella storia dell’arte recente. Qualcosa che ha toccato tutti profondamente perché senza pietà e dettata da una furia cieca. Lo Stato Islamico ha di fatto annientato testimonianze archeologiche antichissime perché ritenute i simboli di un’epoca pagana che precede l’arrivo di Maometto sulla terra. Un’era negata di cui quindi per i criminali dell’Isis non doveva rimanere alcuna traccia.
Ma ricostruire ciò che è stato barbaramente distrutto grazie all’impegno degli stessi siriani è possibile: questo infatti il progetto del World monuments fund, organizzazione no profit che si occupa di preservare siti architettonici dalla forte rilevanza storica in tutto il mondo, che ha promosso una campagna per formare i rifugiati siriani che vivono nel campo di Zaatari sul confine giordano con lo scopo di impegnarli attivamente nel ripristino del sito. Per il progetto, sviluppato con il Petra national trust – organizzazione giordana la cui missione è di promuovere la tutela e la conservazione di Petra – sono stati stanziati circa 500mila dollari.
È solo l’inizio del lungo percorso che riguarderà Palmira, soprattutto se pensiamo che la guerra in Siria è ancora in atto e non possiamo sapere quanto ancora durerà e quando, di conseguenza, effettivamente questo progetto potrà avere inizio. È però un’azione concreta oltre che simbolica che intende ridare una speranza a una popolazione allo stremo.
Stanziati 500mila dollari per formare i rifugiati siriani che si occuperanno della ricostruzione di Palmira
Palmira si può ricostruire
Sempre in merito a Palmira è di ieri la dichiarazione dell’archeologo Paolo Matthiae, fra i maggiori esperti al mondo e scopritore di Ebla, secondo il quale le autorità siriane hanno iniziato a compiere ”un attentissimo rilevamento dei crolli” e dalle prime analisi è emerso che le esplosioni dell’Isis ”non hanno polverizzato” tutte le antiche vestigia e sono rimaste molte pietre che potranno essere riutilizzate. Il vasto sito archeologico di Palmira potrà dunque essere ricostruito quasi nella sua totalità (si parla di un 98 per cento) con restauri tradizionali. “Il sito archeologico di Palmira è un un campo di rovine di grandissima estensione e solo il 20-30 per cento è danneggiato gravemente, purtroppo si tratta però di eccellenze, come il tempio di Bel, mentre l’Arcata Trionfale si rimetterà su”, ha aggiunto l’archeologo, intervenuto alla presentazione della mostra I volti di Palmira ad Aquileia, allestita dal 2 luglio al 3 ottobre negli spazi del Museo archeologico nazionale della città friulana. Per fare gli iniziali accertamenti è stata chiamata una ditta francese ma anche l’Istituto superiore per la conservazione ed il restauro italiano ha già dato prova di importante collaborazione.
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