Sudan, i due generali al governo entrano in guerra. Almeno 97 morti

L’esercito regolare e le milizie Fsr del Sudan si affrontano da sabato. Bombardamenti sulla capitale Khartum.

Violenti combattimenti sono esplosi nella giornata di sabato 15 aprile a Khartum, in Sudan. A scontrarsi sono stati gruppi militari e paramilitari, che hanno continuato a combattere anche domenica: il primo bilancio provvisorio è stato di 56 morti tra i civili, ai quali si aggiungevano almeno 600 feriti, secondo le cifre riportato dal Comitato centrale dei medici sudanesi, organizzazione indipendente. Quindi nuove stime hanno fatto salire il totale delle vittime a 97.

Uccisi tre membri del Programma alimentare mondiale in Sudan

Tra queste anche tre membri del Programma alimentare mondiale, come confermato dall’emissario delle Nazioni Unite nel Sudan, Volker Perthes. Per questo l’agenzia Onu ha annunciato di aver sospeso le proprie attività in loco, mentre il segretario generale António Guterres ha chiesto che i responsabili vengano trovati e processati.

Si tratta di una lotta intestina, che vede protagonisti dei due generali che dirigono il paese africano dal colpo di stato del 2021: Abdel Fattah al-Burhane, capo dell’esercito regolare, e Mohamed Hamdane Daglo, soprannominato “Hemedti”, alla testa delle Forze di sostegno rapido (Fsr), corpo paramilitare delle violente milizie Janjawid, che combatterono i ribelli del Darfour. Da settimane, i due si erano attaccati pubblicamente. Un’escalation verbale che si è trasformata in uno scontro armato nella mattinata di sabato.

La guerra tra i generali Abdel Fattah al-Burhane e Mohamed Hamdane Daglo

Un autentico principio di guerra civile, con l’impiego di fucili, artiglieria e aerei da guerra: una battaglia che ha coinvolto soprattutto la capitale ma anche altre città della nazione africana, nella quale vivono 45 milioni di persone. Anche domenica i bombardamenti hanno segnato la giornata a Khartum, mentre sul Sudan è stato chiuso lo spazio aereo.

Militari nelle strade del Sudan, il 16 aprile 2023
Militari nelle strade del Sudan, il 16 aprile 2023 © Afp/Getty Images

Dopo due giorni di combattimenti è tuttavia ancora difficile capire l’evoluzione, anche in termini militari: impossibile anche per i giornalisti presenti sul posto capire quali dei due schieramenti prevalga e quali siano le porzioni di territorio controllate. Le Fsr, ad esempio, hanno annunciato di aver preso l’aeroporto della capitale, ma la notizia è stata smentita dall’esercito. Allo stesso modo, i combattenti di Hemedti hanno dichiarato di aver conquistato il palazzo presidenziale, prima dell’ennesima smentita del comando di al-Burhane.

Le Nazioni Unite chiedono un cessate il fuoco immediato

La comunità internazionale, intanto, dopo aver assistito impotente al colpo di stato del 2021, non sembra essere in grado di riportare la calma in Sudan. Dalla Cina all’Europa si sono moltiplicati gli appelli per un cessate il fuoco. Guterres stesso ha chiesto “la fine immediata delle violenze” e ha esortato il presidente egiziano al-Sisi ad agire. La Lega araba si è riunita infatti d’urgenza al Cairo, su richiesta dello stesso Egitto e dell’Arabia Saudita, entrambe nazioni con grandi interessi nella nazione africana.

Nel frattempo, contro Hemedti è stato emanato un mandato di cattura da parte dell’esercito regolare, che ha pubblicato anche su internet le sue fotografie chiamandolo “criminale in fuga”. Quest’ultimo, parlando all’emittente al-Jazeera, ha risposto che non arretrerà finché non avrà ottenuto il controllo dell’insieme delle basi militari sudanesi.

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