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Suiseki letteralmente “sui”: acqua e “seki”: pietra, E’ importante capire il valore della pietra prescelta, oltre che nelle sue qualità
Fare suiseki significa collezionare e ammirare pietre naturali che
per le loro forme e/o colori vengono utilizzate in paesaggi in
miniatura e che rappresentano, quindi, una parte stessa di
paesaggio naturale: una montagna, una grotta, uno scoglio, un
dirupo, una roccia erosa da una cascata.
Il primo passo è quello della ricerca del materiale:
può trattarsi di pietre presenti nei torrenti, lungo i
sentieri montani, lungo le coste. Secondo quanto afferma il
Presidente della Nihon Suiseki Association, Arishige
Matsuura, la ricerca stessa è già un modo per
“stare
nella Natura ed imparare ad amarla“.
Il valore della pietra prescelta, oltre che nelle sue
qualità intrinseche, sta nell’idea che l’aspetto presente
è frutto di migliaia d’anni di erosioni e trasformazioni:
una pietra, cioè, per quanto possa apparire fredda e
immobile, è per sempre parte del ciclo vitale
dell’Universo, così come una pianta o un fiore.
Secondo i collezionisti, tre sono le
qualità estetiche richieste per un suiseki:
potenzialità evocative, equilibrio e colore
attenuato. Gli ultimi due punti sono strettamente connessi tra
loro: il colore non deve essere, infatti, particolarmente vivace e
brillante e si preferiscono pietre dai colori scuri a quelle dai
colori chiari.
Mentre le forme (un suiseki va osservato da tutti i suoi lati)
devono essere asimmetriche, irregolari e contrastanti al punto
giusto per poter creare, cioè, un senso di armonia e di
equilibrio d’insieme.
Un suiseki si presenta sotto forma di una singola pietra posta in
un apposito vassoio o su un piedistallo. Se fa parte di un paesaggio in
miniatura accompagnato da un bonsai (bon vassoio e sai
pianta) prende il nome di bonkei (bon vassoio e kei paesaggio).
Susanna Marino
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