Terremoto tra Siria e Turchia, per l’Onu le vittime potrebbero essere ventimila

Scenari apocalittici dopo il terremoto che ha colpito Siria e Turchia, spostando l’Anatolia di 5 metri: l’Onu teme 20mila vittime. Si continua a scavare, volontari da tutto il mondo

  • In Turchia si continuerà a scavare ancora per 72 ore per trovare superstiti tra le macerie.
  • Il bilancio delle vittime, secondo l’Onu, potrebbe superare le 20mila unità.
  • Aiuti internazionali in arrivo da tutte le parti del mondo.

A poco più di 24 ore dall’Apocalisse, è salito ad almeno 9.500 il numero delle vittime, delle persone rimaste colpite, schiacciate, sorprese nel sonno dal terremoto di magnitudo 7,8 che ha colpito la scorsa notte, alle 2.30 locali, l’Anatolia e la Siria, con epicentro a pochi chilometri dalla popolosa città di Gaziantep e quella di Kharamanmaras. La Turchia conta circa tremila morti, secondo l’Autorità per la gestione delle emergenze (Afad) e 15800 i feriti; in Siria i morti sono 1451, stando ai dati forniti dal governo di Damasco e da fonti delle squadre di soccorso.

Un palazzo distrutto dal terremoto in Turchia, nella città di n Kahramanmaras
Un palazzo distrutto dal terremoto in Turchia, nella città di Kahramanmaras © Anadolu via GettyImages

Ma il bilancio appare solo parziale, perché si continua a scavare, con uomini e mezzi provenienti da tutto il mondo, anche dall’Italia da cui sono giunti 50 uomini della Protezione civile, e si scaverà 72 ore ancora, il tempo limite in cui i soccorritori sperano di poter trovare ancora persone vive sotto le macerie: dopo 28 ore, a Gazientep, una donna e tre bambini sono stati ritrovati ancora in vita. Ma il bilancio appare ancora parziale anche perché dopo l’enorme scossa, altre non meno preoccupanti se ne sono verificate nelle ore successive, una di 7.7 ieri mattina, una di 5.6 la notte scorsa. Secondo l’Organizzazione mondiale per la Sanità, alla fine la conta delle vittime potrebbe toccare quota ventimila. Un’apocalisse.

L’Anatolia si è spostata di 5 metri

Del resto è così i sopravvissuti raccontano quello che hanno vissuto sulla propria pelle. Sul Guardian, per esempio, un siriano di Idlib, Mohamand Kazmooz, racconta la sua fuga con la famiglia, al buio: “Abbiamo visto crollare un edificio con tutti i suoi abitanti, che in precedenza era stato oggetto di bombardamenti durante la guerra civile, da parte delle forze russe e del governo siriano”. Le temperatura, in Siria e in Anatolia, sono molto basse, ma gli sfollati sono decine di migliaia e anche chi potrebbe ha paura di rientrare nelle proprie case, visto che lo sciame sismico non è ancora esaurito.

Fortissime anche le perdite dal punto di vista storico e architettonico: il castello di Gazientep, vecchio di 2.200 anni, non c’è più, la storica città di Aleppo è devastata una volta di più. Grattacieli, cattedrali, nulla ha resistito: sono circa 6.700 gli edifici crollati, lungo una faglia lunga 150 chilometri dell’Anatolia orientale che si è letteralmente aperta inghiottendo ogni cosa, e spostando l’intera Anatolia di 5 metri, secondo il presidente dell’Ingv Carlo Doglioni.

Gli aiuti da tutto il mondo

Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha parlato del “terremoto più grave dal 1939” riferendosi al terremoto di Erzincan, che provocò la morte di circa 33mila persone, ma gli esperti fanno paragoni persino più drammatici: cento volte la potenza del terremoto di Amatrice, 13 volte la potenza di una bomba atomica, e così via. La Turchia ha accettato le offerte di aiuto, e la solidarietà provenienti da 45 tra Paesi e organismi sovranazionale, e in mezzo alla macerie, insieme ai 16mila volontari turchi, scavano insieme anche nemici storici: gli Stati Uniti di Biden e la Russia di Putin, turchi, curdi e siriani (questa è la zona del cosiddetto Kurdistan turco, dove già gli sfollati sono normalmente in grandi quantità). Perfino l’Ucraina di Volodymyr Zelensky ha offerto il proprio aiuto inviato una squadra del genio civile. Per un giorno, la tragedia della guerra passa in secondo piano, rispetto alla tragedia della terra.

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