
Secondo le Nazioni Unite, soltanto nella giornata di mercoledì 3 marzo sono state uccise 38 persone tra i manifestanti pro-democrazia.
Abbandonati dagli Stati Uniti, i curdi presenti in Siria sono stati attaccati dalla Turchia: “Raid intensi: due civili uccisi”. Appello delle Nazioni Unite.
Nel pomeriggio di mercoledì 9 ottobre la Turchia ha lanciato un’offensiva militare nel nord della Siria. L’obiettivo delle truppe di Recep Tayyip Erdogan è di occupare la zona, attualmente controllata dalle truppe curde delle Unità di protezione del popolo (Ypg). Da sempre, infatti, il governo di Ankara ha affermato di essere contrario ad ogni ipotesi di territorio autonomo controllato dalle autorità curde, considerate come organizzazioni terroristiche.
Finora, tuttavia, l’apporto militare determinante dell’Ypg nella guerra contro l’Isis in Siria, ha convinto gli Stati Uniti a considerarli un alleato sul campo. Lunedì 7 ottobre, tuttavia, dopo una telefonata intercorsa tra il presidente turco e il suo omologo americano, Donald Trump, quest’ultimo ha annunciato il ritiro delle truppe. Una volta concluse le operazioni militari in Siria, dunque, Washington ha di fatto scaricato i curdi, pur condannando la decisione di Ankara di attaccare.
The Turkish Armed Forces, together with the Syrian National Army, just launched #OperationPeaceSpring against PKK/YPG and Daesh terrorists in northern Syria. Our mission is to prevent the creation of a terror corridor across our southern border, and to bring peace to the area.
— Recep Tayyip Erdoğan (@RTErdogan) October 9, 2019
Così, poco dopo le 15 di mercoledì, il presidente Erdogan ha annunciato l’avvio delle operazioni militari. “Le forze armate turche e l’esercito nazionale siriano (ribelli sostenuti da Ankara, ndr) hanno avviato la missione “Fonte di pace” nella Siria settentrionale”. Meno di un’ora dopo, secondo quanto riportato dalla stampa internazionale, una forte esplosione è stata udita nella regione frontaliera di Ras al-Ain.
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Un corrispondente dell’agenzia Afp ha parlato di colonne di fumo, mentre l’organizzazione non governativa Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo e l’agenzia Npa hanno riferito di “migliaia di persone in fuga”. Un portavoce delle forze curde, Mustafa Bali, ha riferito quindi che “aerei da guerra turchi hanno cominciato a bombardare zone abitate da civili, seminando il panico tra la gente”.
#Breaking Our reporter: Thousands of local civilians have fled the city of #Tal_Abyad towards the southern areas to Ein Issa and to western areas to Kobani, for the fears of their lives under the indiscriminate Turkish artillery shelling pic.twitter.com/0cOcLXkh7g — NORTH PRESS AGENCY (@NPA_SY) October 9, 2019
Poco dopo, l’Unione europea si è espressa attraverso il presidente uscente della Commissione, Jean-Claude Junker, che ha chiesto alla Turchia di “cessare l’operazione in corso. Essa non darà risultati. E se il piano di Ankara fosse la creazione di una zona-cuscinetto, non aspettatevi alcun sostegno da parte europea”.
Chiedo, con forza, alla #Turchia di interrompere immediatamente ogni azione militare in #Siria.
La popolazione civile, in prevalenza #curda, ha già sofferto duramente. Basta sofferenze!
Si fermi questo intervento, non sarà mai la soluzione ai problemi che abbiamo!— David Sassoli (@DavidSassoli) October 9, 2019
La Germania, inoltre, non si è limitata a condannare la decisione di Erdogan, poiché essa non soltanto “rischia di destabilizzare ulteriormente la regione”, ma potrebbe anche “far risorgere lo Stato Islamico”.
Allo stesso modo, il presidente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l’ambasciatore sudafricano Jerry Matthews Matjila ha lanciato un appello ad Ankara affinché “risparmi i civili”. Una voce, quella dell’Onu, che non sembra essere stata ascoltata. I raid aerei, secondo fonti curde e arabe, sarebbero stati “intensi” e avrebbero già ucciso almeno due civili.
Secondo le Nazioni Unite, soltanto nella giornata di mercoledì 3 marzo sono state uccise 38 persone tra i manifestanti pro-democrazia.
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