
Ha dato il via ai concerti ad alta quota ben 28 anni fa distinguendosi sin dall’inizio per il rispetto delle terre alte. Sancito anche da un manifesto.
Dagli autori di Big! Colapesce e Dimartino a Sanremo arriva Vado a trovare mio padre, il nuovo podcast prodotto da LifeGate Radio che racconta il viaggio di Maurizio Carucci, leader degli Ex-Otago, alla ricerca delle proprie radici.
“Vado a trovare mio padre. Anche se è mancato nove anni fa per un terribile cancro…”. Un atto fisico, tangibile che il protagonista del nuovo audio-documentario prodotto da LifeGate Radio, Maurizio Carucci, agricoltore, cantautore e leader della band genovese Ex-Otago, decide di compiere per cercare di riconciliarsi con suo padre, anche se non c’è più. Un ri-avvicinarsi lento e necessario, un viaggio in bicicletta attraverso mezza Italia, dall’Appennino piemontese al mare della Puglia, per riscoprire i luoghi dove è nato e vissuto il padre e provare a stabilire un legame ancora più profondo con lui, che non si fermi davanti all’assenza fisica dell’altro.
Avevo un conto aperto con mio padre, sentivo che gli dovevo qualcosa e questo viaggio penso che sia un buon modo per rincontrarlo, riavvicinarlo un po’.
Questa è la storia raccontata da Vado a trovare mio padre, l’audio-documentario scritto, diretto e prodotto da Marco Rip e Giacomo De Poli per LifeGate Radio, con il supporto di Metatron e distribuito su Spotify, Apple Podcasts e Spreaker. Un viaggio lungo 1.300 chilometri che Maurizio Carucci ha affrontato in compagnia dell’amico e cuoco Massimo Martina, anche lui legato, per uno strano segno del destino, a quegli stessi luoghi: dalla Val Borbera, dove entrambi hanno deciso di stabilire la propria attività, alla Puglia, dove sono nati i loro rispettivi padri, fra Taranto e Copertino.
In Val Borbera si trova il Cammino dei ribelli: un cammino alla scoperta della natura selvaggia e dei piccolissimi villaggi di una terra bastarda, selvatica e severa, spopolata e bellissima tra Piemonte, Liguria, Emilia e Lombardia, che miscela culture e tradizioni differenti.
Maurizio un po’ ribelle lo è, visto che nel 2011, nonostante un’affermata carriera nella musica insieme alla sua band Ex-Otago, decide di lasciare Genova insieme alla compagna Martina Panarese, recuperare un vecchio fienile isolato proprio in quei luoghi, fra Albera Ligure e Figino, e dare vita a Cascina Barbàn che, più che un’azienda agricola, è un collettivo, un progetto contadino. Una storia molto simile a quella dell’amico Massimo Martina, compagno in questo viaggio di Maurizio, che proprio lì vicino, a Borghetto Borbera, decide di acquistare un rudere, rimetterlo a posto e aprire il suo ristorante, Il fiorile.
Il viaggio di Maurizio e Massimo inizia proprio da questi luoghi, in un periodo in cui l’Italia è divisa tra zone gialle, arancioni e rosse a causa dell’emergenza legata alla pandemia da Coronavirus e in cui le condizioni meteo non agevolano il viaggio (siamo a inizio primavera 2021). Nonostante Maurizio e Massimo si definiscano due camminatori, per rispettare i tempi della natura che pretende che Maurizio sia presto di ritorno per curare le proprie vigne, scelgono di usare la bicicletta, anche se non hanno nessuna esperienza, e ancor meno allenamento, sulle due ruote.
Da camminatore quale mi ritenevo, mi sono reso conto di essere un viaggiatore (…) Ciò che mi interessa non è il mezzo, ma il viaggio nel senso autentico del termine. L’importante è che sia lento e non inquinante.
Un po’ come succede per tutti i viaggi, però, a rendere speciale anche questo viaggio sono la motivazione che li spinge a partire, il percorso che li porterà alla meta e l’esperienza che, in questo caso più che mai, tende alla ricerca di sé stessi. Così, avvicinatisi inizialmente con un po’ di diffidenza al mezzo di locomozione prescelto, presto Maurizio e Massimo si lasciano completamente andare alle due ruote e si riscoprono viaggiatori a trecentosessanta gradi: il mezzo non è più importante, lo è il viaggio in sé, a patto che sia lento e non inquinante.
Su strade spesso poco adatte a questa modalità lenta e “umana” di viaggiare, si spostano attraverso l’Italia in un viaggio importante, faticoso, necessario, ma anche catartico, alla ricerca delle proprie radici. E noi ne diventiamo testimoni attraverso i suoni, i rumori e le loro voci che raccontano in prima persona i luoghi, le sensazioni, i pensieri, le storie e le memorie, trattenute o celebrate. Un vero e proprio diario sonoro di viaggio in cui sono impresse interessanti riflessioni su natura e paesaggio, sul cibo, sul senso più intimo del viaggiare, sull’amicizia e sui rapporti interpersonali.
Ho imparato a conoscere alcuni aspetti di Maurizio a cui prima non prestavo attenzione: la fragilità, la differenza che c’è fra di noi (…) Il fatto di scoprire insieme dove si va e dove si arriva, l’adrenalina condivisa, lo stare insieme che a volte è comodo a volte è scomodo. Tutte queste cose danno la percezione di un’amicizia che si espande.
Senza svelare di più sul viaggio, che è possibile ripercorrere interamente ascoltando le quattro puntate dell’audio-documentario su Spotify, Apple Podcasts e Spreaker, possiamo però anticipare che, ancora una volta, l’audio si conferma un codice di racconto potentissimo, che lega in modo molto intimo chi ascolta ai protagonisti, ai luoghi e ai momenti: “Registrazioni di pensieri e sentimenti autentici, veraci e molto sentiti, quasi a far entrare qualcuno nella propria sfera quando si è più vulnerabili”, come ci ha raccontato Maurizio stesso, o come ha sottolineato Massimo: “Con questa esperienza ho scoperto un mezzo per poter raccontare un’esperienza in modo molto autentico: ciò che scaturisce da un racconto tramite presa diretta è qualcosa che difficilmente può riproporsi attraverso i ricordi a posteriore. Giacomo e Marco mi hanno incitato a farlo e io ne ho subito colto l’importanza”.
Ed è proprio l’autenticità che ha mosso Maurizio a raccontare il proprio viaggio: la volontà e il tentativo di inserire la vita reale, con tutte le sue sfaccettature, anche quelle più fragili e meno gloriose, all’interno dell’arte e di un racconto artistico, come può essere un podcast o un disco. Disco che, nel caso di Maurizio, è prossimo all’uscita ed è anch’esso influenzato dalla sua passione per il field recording, ossia la pratica di registrare i suoni naturali e i rumori ambientali.
“Tutto il mio disco solista è pieno di suoni. Ho lo stesso registratore che usa Marco Rip e, nell’ultimo anno, sono andato in giro a registrare suoni, ambienti, mare, montagna, città… molti messaggi vocali, che utilizzerò e sto utilizzando. Ho confidenza con questo tipo di linguaggio, lo adoro. Questo audio-documentario è il risultato di un incontro casuale, ma estremamente fruttifero: una bella coincidenza”, ci ha raccontato Maurizio, sottolineando anche come il registrare materiale sonoro durante il viaggio, oltre ad averlo aiutato a vivere l’esperienza in maniera più profonda, ha favorito ulteriormente la contaminazione sonora e artistica del suo nuovo lavoro.
Nuove prospettive che solo un viaggio, fatto da soli o in compagnia, è in grado di fornire. Secondo Maurizio, infatti: “Il momento e il luogo del viaggio sono sempre utili per chi costruisce qualcosa, che sia materiale, che sia immateriale, perché sono momenti e luoghi che non incontri nel quotidiano e ti danno la possibilità di guardare quello che stai facendo da una prospettiva nuova” e Massimo conferma: “Il viaggio insegna, come se fosse una grande scuola. I legami diventano più intimi, tutto diventa più nitido. All’inizio pensi che sia una cosa sciocca, alla fine pensi che queste cose sono così importanti e ti chiedi perché e come mai non si fanno più spesso”. A questo punto non resta che metterci all’ascolto e partire.
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