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Cresce l’impatto economico del cicloturismo, con una spesa nei luoghi di vacanza di 4 miliardi di euro e un costante aumento dei flussi internazionali.
Con circa 31 milioni di presenze stimate entro la fine dell’anno, il cicloturismo sta contribuendo al recupero dell’intero comparto turistico verso i livelli pre-pandemia. Il dato emerge dal terzo Rapporto nazionale sul cicloturismo in Italia, realizzato da Isnart e promosso con Legambiente: un lavoro che evidenzia un trend parziale ma incoraggiante perché indica una ripresa anche di questo particolare segmento del turismo, in cui non è secondario il contributo offerto dai flussi internazionali.
Più in generale si osserva una costante crescita della domanda di vacanza attiva, dove l’uso della bici ricopre un ruolo primario; una tendenza su cui la pandemia ha agito da acceleratore, stimolando la ricerca di destinazioni meno note e di forme di turismo più sostenibili e a maggior contatto con la natura. Non a caso, il 2022 sta segnando un progresso (circa 8,5 milioni di presenze) dei cosiddetti cicloturisti “puri”, per i quali la bicicletta è una delle principali motivazioni di scelta della destinazione.
Come spiega il presidente di Isnart, Roberto Di Vincenzo, “il cicloturismo è un fenomeno che va analizzato e compreso in una logica di complementarità. Infatti, persino il cicloturista puro non trascorre tutta la vacanza su due ruote ma si dedica a numerose attività per vivere il territorio a 360 gradi. Un turista che predilige il contatto con la natura, amante dell’enogastronomia e dell’artigianato locale, molto attento a quell’insieme di valori legati alla sostenibilità economica, sociale e ambientale che rappresentano un patrimonio del turismo italiano su cui è vincente puntare e investire”.
A proposito di investimenti, anche l’impatto economico del fenomeno cicloturistico è rilevante: la spesa nei luoghi di vacanza generata dai cicloturisti è stimata per l’anno in corso in quasi 4 miliardi. Per l’industria della ricettività turistica, rileva Isnart, si tratta di una tipologia di clienti molto ricercata. È istruita (l’84 per cento ha almeno il diploma), occupata (il 77 per cento) e con una buona situazione economica. Per il viaggio, un cicloturista “puro” italiano spende in media 95 euro, mentre uno straniero arriva a spenderne 215. Per l’alloggio, invece, l’italiano spende in media 48 euro al giorno contro i 59 di chi proviene dall’estero; a ciò si aggiungono le spese accessorie: 70€ gli italiani e 68 gli stranieri. “Il nostro paese – spiega il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti – è pienamente all’interno di quella rivoluzione gentile generata dalla crescita della bike economy. L’Italia ha tutte le caratteristiche per fare tesoro di questo fenomeno, intercettare al meglio la tendenza in atto e tradurla in occasione di buona crescita soprattutto per le aree interne, luoghi che più di altri si prestano a offrire proposte di vacanze slow e di qualità”.
Il cicloturismo, oltretutto, è un fenomeno trasversale che accomuna tutte le fasce di età. La maggior parte dei cicloturisti “puri” appartiene alla generazione dei millennial (il 41 per cento) e alla generazione X (il 30 per cento): oltre i due terzi si collocano quindi nella fascia di età che va dai 26 ai 57 anni. Percentuali inferiori si registrano tra i giovanissimi (il 10 per cento appartiene alla generazione Z) e, ovviamente, tra i più anziani. Il cicloturismo vive una stagione particolarmente felice non solo grazie all’andamento della domanda, ma anche grazie alla capacità dei territori di evolversi proponendo un’offerta dedicata. Caso emblematico è quello della Costa dei Trabocchi, in Abruzzo, dove secondo un’analisi condotta da Isnart durante l’ultima stagione estiva, ben il 90 per cento degli esercenti ha segnalato la presenza di cicloturisti all’interno delle proprie strutture.
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