Si parte, l’8 maggio è la Giornata mondiale degli uccelli migratori

Si celebra l’importanza degli uccelli migratori, le cui infinite traversate sono messe a rischio dall’impatto antropico.

Ultimo aggiornamento: 7 maggio 2021

Si dice che “partire è un po’ morire”, non per loro. Per loro viaggiare significa perpetuare un rito primordiale, significa spiccare il volo, talvolta verso l’ignoto, per loro partire significa vivere. Parliamo degli uccelli migratori, ovvero quei volatili che periodicamente compiono migrazioni in cerca di cibo, clima migliore o delle condizioni ideali per riprodursi. La migrazione è un fenomeno piuttosto diffuso in natura, migrano i grandi mammiferi, migrano i pesci, migrano gli invertebrati e, naturalmente, migrano gli esseri umani, il cui istinto migratorio ha contribuito in maniera determinante a fare della nostra specie ciò che è oggi. Nessuna creatura, però, migra con l’impareggiabile grazia eterea degli uccelli che, obbedendo a un richiamo ancestrale, intraprendono viaggi epici, lunghi perfino migliaia di chilometri.

Centinaia di migliaia di uccelli migratori volano sul lago Poyang, Cina
Un nuovo pericolo per la sopravvivenza degli uccelli migratori è rappresentato dai cambiamenti climatici. Il mutamento delle condizioni ambientali può infatti cogliere le specie impreparate ad affrontare le primavere anticipate o i fenomeni meterologici estremi © VCG/VCG via Getty Images

Un omaggio ai viaggiatori dei cieli

Il secondo sabato di maggio e di ottobre si celebrano queste carovane piumate che solcano con impeccabile orientamento i nostri cieli. La Giornata mondiale degli uccelli migratori è stata istituita nel 2006 dall’Unep, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, ed ha lo scopo di sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica sull’importanza della salvaguardia degli uccelli migratori e dei loro habitat naturali. Per poter approfondire la conoscenza del popolo dei cieli, in occasione della giornata a loro dedicata, le oasi Wwf organizzano attività e visite guidate nelle proprie oasi, rifugio di migliaia di uccelli migratori.

Nel 2018, in occasione della Cop 12 di Manila, le organizzazioni Ambiente per le Americhe (Efta), la Convenzione sulle specie migratorie (Cms) e l’Accordo sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori eurasiatici africani (Aewa), hanno stretto una partnership nel tentativo di accrescere la conoscenza degli uccelli migratori e di evidenziare l’urgente necessità di conservarli. Da allora la campagna congiunta ha adottato il nome unico di World migratory bird day e i principali eventi per celebrare la giornata saranno organizzati due volte l’anno, il secondo sabato di maggio e di ottobre.

L’edizione del 2021

Il tema di quest’anno è “Canta, vola, spiega le tue ali – come un uccello!”. Si tratta di una metafora – tutti noi dobbiamo lanciare un appello per la salvaguardia degli uccelli migratori –, ma anche di un invito a riconnettersi con la natura, ascoltando il canto degli uccelli oppure osservandoli nel loro habitat, ovunque ci si trovi.

Gli uccelli migratori connettono il pianeta

Lo slogan scelto per l’edizione del 2020 era Birds connect our world e ci ricordava che gli uccelli vivono in quasi qualsiasi tipo di ambiente, è possibile osservarli in campagna come in città, in montagna come al mare, e che “si collegano a tutti questi habitat e connettono noi e i luoghi in cui viviamo alle persone e luoghi in tutto il mondo”, ha dichiarato Amy Fraenkel, segretario esecutivo della Cms. Il tema sottolineava inoltre l’importanza di conservare e ripristinare la connettività ecologica e l’integrità degli ecosistemi, essenziali per la sopravvivenza e il benessere degli uccelli migratori.

Italia, meta ambita ma pericolosa per gli uccelli migratori

Il nostro Paese è un punto privilegiato per l’osservazione dell’avifauna migratrice che utilizza l’Italia come ponte naturale fra Africa e Europa. Sono circa due miliardi gli uccelli migratori che attraversano l’Italia, di ogni forma e dimensione, dalla maestosa cicogna bianca alle agili rondini che, dall’Africa, attraversano migliaia di chilometri di deserto prima e di mare poi, per fare ritorno ai luoghi natii. La sosta in Italia può però rivelarsi fatale per gli uccelli, sono infatti milioni gli uccelli che vengono uccisi illegalmente mentre solcano i nostri cieli, rendendo il nostro Paese l’area più pericolosa del Mediterraneo per i migratori piumati. La distruzione, il degrado dell’habitat, come, per esempio, le zone umide di pianura e costiere, e la presenza di infrastrutture come le linee elettriche o gli impianti eolici, sono ulteriori minacce per gli animali già stremati dal viaggio.

Gli uccelli migratori sono una risorsa

Se, per tutelarli, non bastasse l’innegabile valore ecologico e la bellezza di questi animali, gli uccelli migratori rappresentano anche una risorsa economica. L’ecoturismo legato all’osservazione degli animali selvatici è infatti in crescita costante e il birdwatching rappresenta una grande attrattiva turistica.

Stormo di gru che si nutre nel periodo della migrazione
Le gru viaggiano in stormi di decine, talvolta centinaia di individui e il loro passaggio è spesso segnalato dal loro tipico richiamo © David Silverman/Getty Images

Incredibili storie vere di migrazione

Le migrazioni vengono intraprese da numerose specie di uccelli molto diverse tra loro, da quelle più grandi come le gru e le cicogne ad altre che pesano solo pochi grammi. Ognuna di loro adotta strategie peculiari, alcune delle quali davvero sorprendenti. Il rondone comune (Apus apus) è in grado di restare in volo ininterrottamente per tutta la fase di svernamento, in volo dorme e muta perfino le penne. La parula capinera (Stenophaga striata) minuscolo passeriforme con un peso medio di circa 12 grammi, intraprende ogni anno un incredibile viaggio durante l’autunno, sorvolando un tratto di oceano Atlantico di oltre duemila chilometri senza mai atterrare. La sterna artica (Sterna paradisaea) è invece protagonista della più lunga migrazione mai registrata. Questo elegante uccello marino dal caratteristico becco rosso corallo, sorvola infatti l’Atlantico percorrendo circa 96mila chilometri dalla Gran Bretagna al Polo Sud e ritorno. A noi non resta che alzare gli occhi al cielo e guardare ammirati, e un po’ invidiosi, questi viaggiatori dell’aria, incapaci di fermarsi troppo a lungo nello stesso posto, con l’istinto mai sopito di spiccare il volo e partire, come i loro avi hanno fatto prima di loro e come i loro discendenti continueranno a fare, se saremo in grado di difenderli.

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