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Marco Rubio è il candidato dell’establishment repubblicano. Moderato nei toni, il suo programma è un mix di liberismo e giri di vite sugli immigrati.
Senatore della Florida, 44 anni, figlio di rifugiati cubani, Marco Rubio è negli Stati Uniti dal 1956. Ovvero da quando – due anni e mezzo prima della rivoluzione di Fidel Castro – la sua famiglia lascia l’isola caraibica per stabilirsi a Miami. Sposato, è padre di quattro figli. È stato considerato a lungo l’enfant prodige dei repubblicani: governatore della Florida dal 1999 al 2007, nel 2006 è nominato speaker della Camera dei rappresentanti, a soli 35 anni.
Se Donald Trump seduce parte degli americani per il suo parlare franco e senza freni, Marco Rubio è l’opposto. Misurato, educato, il suo tono e i suoi modi sono apprezzati dall’elettorato conservatore moderato. Soprattutto, il candidato “latino” incarna in qualche modo l’american dream: la possibilità di farcela, lavorando duro, anche se si parte da condizioni sociali umili. Un discorso che fa eco a quello di Ronald Reagan negli anni Ottanta, e che tocca alcune corde particolarmente sensibili dei cittadini statunitensi.
Per questo Rubio è considerato l’unico candidato che potrebbe davvero battere i democratici alle presidenziali. Anche perché è in grado di raccogliere consensi nel campo avverso così come tra i più oltranzisti del Tea Party. E probabilmente farà incetta di voti tra coloro che avrebbero votato Jeb Bush, fratello di George W., che ha annunciato il proprio ritiro.
Il suo programma potrebbe essere definito “tradizionalista”. In economia, infatti, confida di fatto nei “vecchi dogmi” del liberismo: calo delle imposte e austerità. Punta a tagliare in particolare le spese legate alla Social Security, alla Medicare e all’Affordable Care Act (meglio conosciuto col nome di “Obamacare”, il sistema sanitario voluto dal presidente Barack Obama). In altre parole, per Marco Rubio lo stato deve diminuire la propria presenza e allentare le maglie della protezione sociale. Da parte loro, al contempo, i cittadini devono rimboccarsi le maniche: il candidato repubblicano punta infatti ad innalzare l’età pensionabile oltre i 65 anni.
Benché figlio di migranti, la sua linea in tema di immigrazione è tra le più intransigenti: ha dichiarato di voler introdurre rigidi controlli alle frontiere e mettere fine alle leggi di amnistia che riguardano gli immigrati di lunga durata. Quanto all’Isis e alla Siria, a novembre il candidato ha presentato il suo “piano per sconfiggere i terroristi”, che include truppe di terra e l’instaurazione di una no-fly zone. Più in generale, ha parlato degli attacchi di Parigi come di un “monito divino” necessario per “ricordarci che quella in cui siamo è una guerra di civiltà contro l’islam radicale”.
“Tradizionale”, dal punto di vista repubblicano, è anche il suo no al piano di Obama per limitare la diffusione delle armi nella popolazione. È inoltre favorevole al Ttip, il progetto di trattato di libero scambio tra Usa e Ue, così come a quello, analogo, tra i paesi del Pacifico. Mentre in materia di diritti civili ha spiegato di avere un piano per rendere illegali i matrimoni omosessuali in tutti gli Stati Uniti, “perché la nostra Costituzione non conferisce al governo il potere di regolare il matrimonio”.
In tema di ecologia, poi, la posizione di Marco Rubio si discosta solo in parte da quella negazionista di Donald Trump, che ha affermato di non credere ai cambiamenti climatici: “Non credo – ha spiegato il candidato di origini cubane – che sia il caso di distruggere la nostra economia al fine di proteggere l’ambiente”. Inoltre, il piano per l’energia proposto appare alquanto fumoso: “Le politiche che puntano ad incrementare l’accesso a petrolio, gas e carbone – si legge sul sito internet della sua campagna – possono a loro volta favorire lo sviluppo di eolico, solare, nucleare e idroelettrico”. Per non scontentare nessuno.
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