Smog. Perché è un segnale dei cambiamenti climatici

L’emergenza smog di quest’anno è legata anche ai mutamenti del clima oggi in atto. Ecco perché abbiamo bisogno di scelte forti e lungimiranti.

È sulle prime pagine di tutti i notiziari. L’emergenza smog è il tema con il quale chiuderemo il 2015. Città come Milano e Roma cercano soluzioni radicali per ridurre le emissioni di particolato e particelle inquinanti, mentre il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha indetto una riunione di coordinamento con i sindaci delle città e i rappresentanti delle regioni per trovare una possibile soluzione comune. E mentre il dibattito si sposta sulla politica e si “gioca” con i numeri, l’aria intorno a noi continua ad essere avvelenata.

 

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Le mascherine usate in città per proteggersi dallo smog. © Tao Zhang/NurPhoto/Corbis

 

Questo evento eccezionale, che include l’assenza di precipitazioni e di venti, contornato da temperature oltre le medie stagionali, è figlio anche di uno degli anni più caldi mai registrati a livello globale.

 

Il 2015 è l’anno più caldo

Si chiuderà così il 2015, con le immagini delle vette alpine senza neve e dei 20 gradi centigradi di New York e l’inizio di inverno mite registrato sulla nostra penisola. L’anno che sta per terminare ha registrato infatti un aumento globale di 1,14 gradi (a Parigi l’accordo vorrebbe un aumento che va da 1,5 a 2 gradi per i prossimi decenni), facendo segnare un nuovo record di aumento delle temperature dai livelli preindustriali. E le previsioni per il 2016 non sono diverse: il prossimo sarà un anno bollente, in termini di temperature medie.

 

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Immagine scattata a New York lo scorso gennaio. © Richard Levine/Demotix/Corbis

 

Il fenomeno El Nino

C’è un altro evento estremo, che si verifica regolarmente ogni 7-8 anni e che quest’anno ha raggiunto un’intensità pari a quella del 1998. El Nino non è altro che un’anomalia della temperatura superficiale del Pacifico equatoriale, anomalia in grado di influenzare tutto il clima globale, Europa mediterranea compresa. “Ci aspettiamo che il 2016 sarà l’anno più caldo di sempre a causa dei cambiamenti climatici, ma per un 25 per cento anche a causa de El Nino”, ha detto al quotidiano Guardian, Adam Scaife che guida il Met Office, il servizio meteorologico britannico. El Nino non è legato ai cambiamenti climatici, ma saranno quest’ultimi ad amplificarne gli effetti.

 

Lo smog che avvelena l’aria

In assenza di precipitazioni nascono le emergenze. C’è chi punta il dito sui trasporti, chi sulla combustione del legno, chi sul riscaldamento degli edifici. Ma sono i dati, quelli ufficiali, a fornire una reale fotografia delle responsabilità dei vari settori sulla produzione delle concentrazioni di particolato e inquinanti nell’atmosfera. A tal proposito viene in aiuto l’Air quality in Europe 2015, pubblicato a fine novembre di quest’anno. Secondo il rapporto la maggiore fonte di particolato (pm10 e pm2,5) nell’Unione europea è il riscaldamento domestico e commerciale, con percentuali del 43 per cento per il pm10 e del 58 per cento per il pm2,5. La seconda maggiore fonte è il settore industriale che contribuisce per il 22 per cento per il pm10, mentre per il 16 per cento di pm2,5. I trasporti, sempre nella media europea, sono responsabili rispettivamente del 13 e 15 per cento. È evidente che le percentuali cambiano nei grandi centri urbani e nelle aree densamente popolate e industrializzate, ma sono comunque questi i settori su cui intervenire.

 

Si combatte con scelte coraggiose

È ormai giunto il momento di prendere decisioni forti, non solo da parte delle istituzioni. È necessario puntare ad una seria politica di riqualificazione energetica degli edifici esistenti, per tagliare drasticamente quei consumi che fanno impennare puntualmente i livelli di inquinanti praticamente ogni anno. A questo va aggiunta una scelta precisa sulle fonti di produzione di energia, che deve puntare, per quanto possibile, alle emissioni zero: molti Paesi, seppur più piccoli del nostro, ci stanno lavorando da anni e i risultati ci sono.

 

Infine una programmazione lungimirante sulla mobilità, in particolare in centri urbani e nelle prime periferie: potenziare il trasporto pubblico, renderlo economico, puntuale, certo. Aumentare tutte le forme di condivisione di auto, bici, moto. Implementare l’uso della bici, in particolare per le medie distanze, realizzando percorsi dedicati e agevolati. Credere nella mobilità elettrica e ibrida. Da ultimo c’è necessità di un cambio culturale, che deve partire da ognuno di noi.

 

“Il diritto alla salute – commenta Donatella Bianchi, direttrice di Wwf Italia – viene prima di ogni altro interesse economico e garantirlo è un dovere del mondo politico e istituzionale. Per combattere l’inquinamento atmosferico, come è avvenuto per i cambiamenti climatici, servono decisioni drastiche e strategie mirate basate su criteri scientifici e nuovi modelli  di mobilità e di organizzazione urbana”. È arrivato il momento di decidere da che parte stare.

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