Porcikomodi, il paradiso dove gli animali da reddito vivono felici

Il santuario di Magnago, a due passi da Milano, offre una nuova vita agli animali salvati dai macelli o sequestrati e consente ai visitatori di sperimentare in prima persona l’empatia.

Per i cosiddetti “animali da reddito”, ovvero quelli che vengono allevati per uno scopo utilitaristico, come per ottenere carne, latte, lana o pelle, l’esistenza è segnata fin dalla nascita: il loro destino è quello di essere sfruttati fino alla morte, per poi essere rimpiazzati. Eppure c’è anche un’altra via, quella di vivere serenamente, a contatto con la natura, soddisfacendo i propri bisogni specie-specifici. Dove? Nel santuario Porcikomodi di Magnago.

Capra che bruca da un albero
Oltre che salvare concretamente delle vite, ovvero quelle degli ospiti delle strutture, l’obiettivo di santuari e rifugi consiste nel mostrare ai visitatori come sono realmente gli animali che normalmente vengono considerati cibo © Giulia Brenna

Una nuova visione

Questo rifugio per animali sorge a poca distanza da Milano e offre riparo e una vita lieta ad animali salvati da macelli o sequestrati, che in questo piccolo angolo di paradiso non devono più soddisfare alcuna richiesta umana e sono liberi di gestire la propria vita. Siamo andati a vedere con i nostri occhi questo luogo bizzarro e magico dove gli uomini, che per secoli hanno sfruttato gli animali, qui lavorano per loro. Ci guida alla scoperta del santuario Sara D’Angelo, presidente di Vitadacani onlus, associazione che ha dato vita al progetto Porcikomodi. “Il santuario è casa degli animali – ci avverte Sara – quando entriamo siamo in casa loro e lo facciamo in punta di piedi. Gli animali che vogliono avvicinarsi e interagire con noi lo fanno, chi non vuole è libero di stare alla larga”.

Come è nato Porcikomodi?
Il progetto Porcikomodi è nato all’interno di Vitadacani nel 2000, con l’obiettivo di abbattere quel muro del silenzio che rende possibile lo sfruttamento degli altri animali. Abbiamo deciso di creare il santuario per non dedicarci esclusivamente ai cani, ci occupiamo infatti della gestione di due canili, il parco canile di Arese e il parco canile che sorge al limite del nostro santuario. All’inizio questa struttura ospitava solo cani “normali”, poi è nato il Progetto Cerbero, dedicato a quegli animali con difficoltà comportamentali ai quali ci dedichiamo effettuando un lavoro di recupero con una veterinaria e una comportamentalista.

Quali sono gli ospiti del santuario?
Il santuario occupa un’area di circa 40mila metri quadrati di proprietà dell’associazione e ospita un centinaio tra ovini e caprini, 25 maiali “classici” da allevamento, cinque maiali vietnamiti, due cinghiali che provengono da un sequestro e sei bovini. Abbiamo anche tre asinelle, Rosalia, Giulietta e Ciuffo Bianco.

Da dove vengono gli animali?
La nostra filosofia è chiara: gli animali non si acquistano. La maggior parte proviene da sequestri, Porcikomodi, e in generale Vitadacani, è un’associazione convenzionata con il comune di Milano per il sequestro degli animali vaganti di grandi dimensioni. Altri animali invece sono stati liberati da macelli e allevamenti da attivisti e fatti trovare fuori il nostro cancello. Non chiediamo loro la provenienza, possono essere stati riscattati, a seguito di una negoziazione o una trattativa, regalati, ceduti, sottratti a chi li sfruttava e a qualunque titolo liberati dalla sofferenza, dalla schiavitù e dal dominio. Lasciamo che gli animali vivano secondo la propria natura, nessuno è imprintato a parte casi eccezionali, come un agnello arrivato piccolissimo che abbiamo svezzato.

Come vi sostenete?
Organizziamo visite al santuario, le visite sono gratuite ma i visitatori possono lasciare un’offerta. Una volta al mese, nel periodo estivo organizziamo dei pic-nic di raccolta fondi per finanziarci, nel resto dell’anno organizziamo mensilmente delle cene. Solitamente partecipano molte persone alle quali presentiamo il nostro progetto. Abbiamo anche lanciato l’iniziativa Una balla per un amico, con 50 euro è possibile donare una balla di fieno per i nostri animali. Siamo riusciti a creare, con tanti piccoli santuari sorti in Italia negli ultimi anni, una rete, chiamata appunto la Rete dei santuari. Come in ogni settore, anche quello del sociale, se crei una rete sei più forte. Per poter detenere animali ci siamo dovuti registrare come allevamento, proprio quello che cerchiamo di contrastare, ora stiamo cercando di ottenere quantomeno il riconoscimento giuridico di santuario.

Qual è l’impatto sui visitatori?
Il santuario permette ai visitatori di instaurare un rapporto con gli animali e di provare l’empatia. Ogni animale è ambasciatore della propria specie, ci racconta in silenzio eloquente, meglio che con mille parole, come dovrebbe essere la sua vita e quasi mai è. Animali che la maggior parte delle persone, nate e cresciute in città, non ha mai avuto occasione di vedere. I maiali, ad esempio, sono animali speciali, sono intelligentissimi e molto curiosi, le capre sono gran giocherellone, le pecore, pur provenienti da greggi diversi, hanno un innato senso di comunità.

Accogliete tutti gli animali che arrivano?
Purtroppo abbiamo dei limiti di spazio, c’è quindi una lista di attesa molto lunga. Quando arriva un nuovo animale non viene semplicemente buttato nella mischia, lo inseriamo gradualmente affinché si integri nella maniera corretta.

Gli animali brucano e giocano nel prato comune
Gli animali ospiti del santuario coesistono in armonia. Durante il pomeriggio viene aperto il cancello che consente l’accesso al grande prato che viene condiviso da tutti gli animali. Capre e pecore stanno bene insieme, sono invece separati i bovini perché con la loro mole rischierebbero di schiacciare inavvertitamente altri animali, come i maiali vietnamiti © Giulia Brenna

Osservare decine di animali di specie diverse giocare, correre, brucare o semplicemente riposarsi, in questa piccola, utopica realtà, infonde un dolce senso di straniamento e ci ricorda quello che queste creature effettivamente sono e che troppo spesso dimentichiamo, individui unici al mondo, come me e come te.

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