Sabbie contese: il fragile equilibrio tra turismo e conservazione ambientale

Nel 2025 sono oltre 3.800 le tartarughe marine nate nelle spiagge del Salento. La tutela delle spiagge dove nidificano è contesa dai gestori dei lidi.

A fine ottobre, chi vive di turismo tira le somme della stagione estiva appena conclusa. Anche quest’anno i dati sul turismo estivo in Puglia hanno mostrato una crescita costante. Di quei mesi restano ora soltanto le cartoline di spiagge perfette e incontaminate. Ogni giorno, prima che si riempiano di turisti in cerca del posto migliore, la sabbia di quelle spiagge viene accuratamente livellata dai trattori, sia sui lidi pubblici sia su quelli privati. Il loro rumore lascia poi spazio al silenzio dell’alba, per poco: già alle prime luci del mattino i bagnanti iniziano a popolare la costa, spesso ignari del fragile ecosistema che si cela sotto i loro asciugamani e ombrelloni. Su quelle stesse sabbie, infatti, nidificano sempre più Caretta caretta, le tartarughe marine a rischio di estinzione. Per loro, la spiaggia non è una cartolina estiva, ma un habitat vitale, ancora troppo poco protetto.

La fine di ottobre coincide con la conclusione delle schiuse: l’estate 2025 ha registrato un record: 77 nidi monitorati e oltre 3.800 tartarughine nate solo nel Salento. Le principali aree di nidificazione nella regione sono state la marina di Ugento, con 44 nidi censiti in circa sei chilometri di costa, e la marina di Salve, con 27 nidi lungo 5 chilometri, secondo i dati del Centro recupero tartarughe marine di Calimera. Nel breve tratto della marina di Salve si concentra anche la più rinomata attività turistica della zona, come il lido delle Cinque Vele, uno dei più cari d’Italia. Questi stabilimenti sono protagonisti di un modello di turismo che convive, non senza attriti, con la Caretta caretta, valutata come una specie a basso rischio, ma dipendente dalle attività di conservazione, il che significa che la sua popolazione verrebbe fortemente impattata nel caso le attività di conservazione diminuissero.

“Lo sfruttamento intensivo delle spiagge e gli enormi profitti generati dai lidi rendono questo equilibrio tra uso turistico e conservazione dell’habitat piuttosto difficile da realizzare, se non addirittura utopistico”, spiega Marianna Marangi, microbiologa e ricercatrice presso l’Università di Foggia,” che studia l’impatto dell’attività umana sugli animali marini.

I rischi maggiori per la nidificazione e la schiusa delle uova riguardano proprio le operazioni di pulizia e livellamento meccanico effettuate con i trattori, che operano sia sui lidi privati sia sulle spiagge libere, secondo Marangi. Nel tentativo di rendere la sabbia perfettamente liscia e uniforme, una scenografia ideale per i turisti, queste macchine generano, infatti, una pressione significativa sull’ecosistema, già aggravata dall’occupazione capillare di ogni centimetro di spiaggia con lettini e ombrelloni. “L’occupazione della spiaggia da parte dei privati riduce uno spazio vitale per le tartarughe”, spiega Salvatore Urso, naturalista e cofondatore di Caretta Calabria conservation, che dal 2005 monitora e protegge i nidi. “Non c’è ancora sufficiente sensibilità verso la convivenza con questa specie”.

Nidificazione tartarughe marine
Nidi di tartarughe protetti nelle spiagge libere © Ugo Mellone

Nidificazione

La delicata fase della nidificazione coincide con il picco della stagione turistica estiva in Salento, e le tartarughe si trovano spesso a dover fare spazio tra lettini e ombrelloni per deporre le uova.

Per affrontare queste criticità, Legambiente, insieme a enti come Associazione nazionale comuni italiani (Anci), ha promosso il protocollo Amici delle tartarughe marine, che prevede, almeno sulla carta, alcune misure minime per garantire la protezione e la conservazione della specie compatibilmente alle attività turistiche.

Fra queste ci sono:

  • favorire la pulizia manuale delle spiagge
  • evitare il passaggio di mezzi meccanici
  • limitare l’illuminazione e il rumore notturni
  • proteggere le dune e ridurre l’ingombro di lettini e attrezzature per permettere la segnalazione e la tutela dei nidi

Tuttavia, a fine stagione, sembrerebbe che degli otto lidi che hanno aderito all’iniziativa, solo una parte minoritaria abbia davvero applicato le clausole di conservazione sottoscritte secondo le informazioni raccolte da Legambiente Salve.

“Al Lido delle Maldive ho chiesto almeno di chiudere le prime due file, per consentire alle tartarughe di risalire. Alle Cinque vele, invece, una tartaruga che voleva deporre ha urtato lettini e ombrelloni ed è tornata indietro in mare. Ma in quella parte di litorale, nelle ultime stagioni, la spiaggia ha una profondità limitata, e questo crea una difficoltà oggettiva», racconta Nicola Passaseo, del circolo Legambiente di Salve, nel basso Salento. Dallo stabilimento Le Maldive del Salento fanno sapere di aver spento le luci e rispettato gli impegni previsti dal protocollo, “escluso lo spostamento dei lettini in agosto perché impraticabile”, ha dichiarato Vito Vergine, proprietario del lido. Il lido Le cinque vele, gestito da Alessandro Stivala, contattato da LifeGate in merito alle criticità segnalate da Legambiente, non ha invece fornito risposta.

Schiusa

È la mezzanotte di Ferragosto, nei pressi del Lido Venere, uno dei lidi più rinomati della marina di Salve.

La spiaggia libera adiacente ospita due nidi di Caretta caretta, uno dei quali è prossimo alla schiusa. Alla destra del nido brillano i fari dello stabilimento, rigorosamente accesi per tutta la notte, mentre sulla sinistra, le luci e i botti di alcuni fuochi d’artificio celebrano la festa di metà estate.

Tartaruga marina
Monitoraggio delle tartarughe appena dopo la schiusa © Ugo Mellone

Dopo aver formato un piccolo cono nella sabbia, cinque tartarughine emergono e si dirigono senza esitazione verso il mare, fermandosi di tanto in tanto per orientarsi grazie al suono delle onde e all’odore della salsedine. I volontari di Legambiente e del Centro recupero tartarughe marine (Crtm) di Calimera le accompagnano con una luce rossa non impattante. Ma una volta entrate in acqua, per loro non è semplice prendere il largo: la luce riflessa in mare dai fari del lido viene spesso confusa con quella della luna, e questo le disorienta verso sinistra. Solo dopo diversi tentativi con la luce rossa, i volontari riescono a ristabilire la loro traiettoria naturale.

“Noi facciamo del nostro meglio”, racconta Silfrido Zaccaria, proprietario del Lido Venere, parlando delle misure di sostenibilità adottate e dell’adesione dello stabilimento al protocollo. “Stiamo attenti la mattina, quando puliamo la spiaggia. Dovremmo cambiare le luci, acquistare un tipo nuovo, luci apposite…”. Tuttavia, aggiunge che, essendo una struttura balneare, alcune delle misure previste dal protocollo risultano difficilmente applicabili in maniera assoluta.

Non sono solo le luci artificiali e le file di ombrelloni e lettini vicino alla riva a rappresentare una minaccia: anche il passaggio notturno dei trattori per la pulizia della spiaggia può compromettere i nidi sui lidi sia pubblici che privati. Questi mezzi rischiano di schiacciare o spostare le uova e di cancellare le tracce di deposizione, fondamentali per individuare e censire i nidi. I volontari di Legambiente raccontano di numerose occasioni in cui, al momento del monitoraggio, il trattore era già passato, rendendo impossibile riconoscere le tracce lasciate dalle femmine. Una situazione confermata anche da Sandra Hochscheid, biologa marina presso la Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli: “Il nido si trova a circa trenta centimetri sotto la superficie, quindi può essere facilmente distrutto da queste attività. Ma noi non lo sapremmo mai, perché esternamente non resta alcuna traccia”.

Sulle spiagge libere, il servizio di pulizia è affidato dai Comuni a ditte appaltatrici, che spesso si aggiudicano i bandi proponendo soluzioni economiche e privilegiando la pulizia meccanizzata, perché più semplice da eseguire e meno costosa. Nel Comune di Salve, la ditta appaltatrice è in questo caso quella di Monteduro Francesco, che ha utilizzato un mezzo del marchio BeachTech, tra i più grandi e in grado di scavare fino a una profondità di circa trenta centimetri: una misura che coincide proprio con la profondità dei nidi. Né il Comune di Salve né la ditta hanno fornito spiegazioni a LifeGate riguardo a questa criticità.

La maggior parte del lavoro di sensibilizzazione e monitoraggio resta quindi affidata ai singoli volontari, un approccio difficile da sostenere nel lungo periodo, soprattutto considerando l’aumento costante del numero di tartarughe che depongono in Salento. “La protezione non è sistematica: siamo affidati ad atti di eroismo”, racconta Paolo Lugli, imprenditore locale e volontario, che ogni notte monitora i nidi delle tartarughe.

Possibili soluzioni

Alcuni gestori, tuttavia, hanno scelto una strada diversa. È il caso di Damiano Reale, del Vivosa Apulia Resort di Marina di Ugento, che ogni mattina, insieme al suo staff, controlla la presenza di uova ed evita l’uso di trattori o luci forti durante la notte. Quando viene individuato un nido, questo viene recintato e sorvegliato 24 ore su 24 quando la schiusa si avvicina.

È importante far capire a turisti, politici e ricercatori che un equilibrio intelligente tra uso commerciale della spiaggia e valorizzazione della sua storia o dei suoi eventi naturali è assolutamente possibile.

Damiano Reale

Tuttavia, Ugento registra uno dei più alti numeri di nidificazioni in Puglia, ma questo dato non si traduce in una reale sistematizzazione delle pratiche di tutela da parte degli enti preposti. Nonostante l’adesione al protocollo, l’amministrazione dell’Ufficio Ambiente, interpellata da LifeGate, non si è espressa riguardo alla presa di responsabilità sulle misure previste, limitandosi a dichiarare che la loro attività di conservazione consiste nel lavoro dei volontari e nella sensibilizzazione. “La loro presenza quotidiana e la loro competenza tecnica sono la prima e più efficace garanzia di protezione e individuazione dei nidi. Pertanto non si ritiene di modificare le misure, che sono già adeguate, ma si prevede di intensificare i briefing operativi con gli operatori del settore”, ha dichiarato l’architetto Matteo Cavalera, responsabile del settore urbanistica e ambiente.

Nidi spiagge
Ogni nido viene numerato e registrato per numero di uova © Vittoria Torsello

Un approccio simile si riscontra anche da parte della Regione Puglia, che, dopo aver preso atto delle criticità della stagione, nell’ambito del procedimento di formazione dell’ordinanza balneare ha dichiarato che sarà loro cura implementare ulteriormente il coinvolgimento di enti e associazioni preposte alla tutela del patrimonio ambientale e faunistico. Già in precedenza, Costanza Moreo, direttrice del Demanio e del patrimonio costiero della Regione Puglia, aveva sottolineato come la Regione si sia “impegnata a tutelare la nidificazione delle tartarughe Caretta caretta” con un’ordinanza che “vieta lo svolgimento di attività che possano mettere in pericolo la nidificazione e la schiusa delle uova di specie protette”,  imponendo che la pulizia delle spiagge avvenga in modo da non disturbare i nidi.

Tuttavia, per esperti come Piero Carlino, direttore del Centro di recupero tartarughe marine di Calimera, queste misure non sono sufficienti: non vengono applicate con rigore e spesso riguardano solo i nidi già individuati, lasciando quelli nascosti o non ancora segnalati privi di protezione e soggetti al passaggio dei trattori.

La protezione non può essere lasciata alla decisione del singolo. Deve essere strutturale, per mettere davvero chi lavora nelle condizioni di tutelare i nidi.

Piero Carlino

 

Questo articolo è stato realizzato con il sostegno dall’Earth Journalism Network di Internews.

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