Nel 2026 avremo un nuovo referendum e stavolta bisognerà andare a votare

La riforma costituzionale della giustizia, con la separazione della carriera di giudice da quella di pm, passerà al giudizio del popolo. Senza quorum.

  • La riforma costituzionale sulla giustizia è stata  approvata definitivamente ma non ha la maggioranza dei due terzi del Parlamento: il referendum è già sicuro.
  • La riforma introduce la separazione delle carriere tra giudici e procuratori, e il sorteggio di parte del Consiglio superiore della magistratura.
  • Per la maggioranza questo aumenta la trasparenza, per i critici invece si lega la giustizia alla politica e si cancella il merito.

Il prossimo referendum per cui saremo chiamati a votare sarà nella primavera del 2026, forse a marzo, e riguarderà la giustizia. Ma sopratutto, a differenza dei più recenti (tra cui quelli su cittadinanza e lavoro del giugno 2025, falliti per mancanza di quorum) sarà un referendum confermativo, non abrogativo. Cosa cambia? Un elemento non trascurabile: andare a votare questa volta sarà fondamentale, perché non servirà un’affluenza del 50 per cento per rendere valido il risultato.

Pronti a un referendum senza quorum

Al centro del referendum sarà la riforma costituzionale della giustizia, che introduce la separazione delle carriere, giudicante o inquirente per i giudici. La riforma è stata appena approvata definitivamente dal Parlamento, ma già nella penultima votazione alla Camera la separazione delle carriere era passata con meno dei due terzi dei voti, necessari quando si parla di riforme costituzionali, e dunque potrà essere sottoposte a referendum se entro tre mesi ne faranno richiesta un quinto dei membri di una Camera, oppure 50mila elettori o ancora 5 consigli regionali. Cosa che sicuramente avverrà, tanto che oggi in Senato anche i partiti di maggioranza hanno annunciato che raccoglieranno le firme necessarie, convinti che i cittadini legittimeranno la scelta politica. Quindi meglio prepararsi per tempo.

Cosa prevede la separazione delle carriere nelle giustizia

In estrema sintesi, la grande novità introdotta dalla riforma è appunto la separazione delle carriere: i magistrati saranno divisi in due categorie distinte, giudicanti (i giudici) e requirenti (i pubblici ministeri). Questo secondo la maggioranza eviterebbe possibili conflitti di interesse (anche se di fatto già oggi sono pochi i passaggi da un ruolo all’altro). Le opposizioni (e molte associazioni di magistrati) temono invece che creare due percorsi separati possa indebolire l’indipendenza dei pm: on la riforma, secondo i critici, si rischia di avvicinarli troppo all’esecutivo, perché perderebbero il legame con i giudici e sarebbero più esposti a pressioni politiche

Al posto dell’attuale Consiglio superiore della magistratura di conseguenza ce ne saranno due, uno per i giudici e uno per i pm. Ma l’altra nota critica è che i Consigli saranno formati in parte da magistrati estratti a sorte, e non più nominati dalle correnti della magistratura e in parte da professori universitari o avvocati esperti: per la maggioranza questo stratagemma toglierebbe potere politico alle varie correnti, ma i critici rispondono che il sorteggio annulli ogni tipo di scelta meritocratica. Inoltre il Parlamento preparerebbe le liste, mantenendo comunque un potere di condizionamento politico. Nasce poi l’Alta Corte disciplinare, un nuovo organo indipendente che giudicherà i magistrati nei procedimenti disciplinari, al posto della sezione disciplinare del Csm, e che secondo i critici potrebbe diventare un nuovo terreno di caccia per le influenze politiche. Quale soluzione è la migliore, tra l’attuale e quella che verrebbe? L’ultima parola spetterà ai cittadini, e questa volta non andare a votare non sarà una scelta.

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