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Quali sono le malattie pericolose in gravidanza, come possono essere prevenute, diagnosticate e quali conseguenze determinano?
La gravidanza è un’esperienza di norma del tutto fisiologica nella vita di una donna, da vivere il più possibile con serenità e senza una eccessiva medicalizzazione. Alcune patologie, però, rappresentano un pericolo molto serio per il feto o per la stessa gestante, per cui richiedono un minimo di attenzione in termini di diagnostica e prevenzione.
Ma quali sono le malattie pericolose in gravidanza? E soprattutto, come è possibile prevenirle o riconoscerle precocemente?
Nota anche come gestosi, rappresenta uno dei rischi sanitari più gravi per le donne in gravidanza. Se non diagnosticata e risolta tempestivamente può evolvere in eclampsia, una condizione ad alto rischio che può determinare emorragia cerebrale e morte materna. La diagnosi si basa soprattutto sulla coesistenza di sintomi come ipertensione, gonfiore e proteinuria (ovvero presenza di proteine nelle urine), che rappresentano un chiaro campanello d’allarme soprattutto dopo la ventesima settimana di gestazione. La preeclampsia può essere trattata temporaneamente con una terapia farmacologica, ma l’unico intervento realmente risolutivo è rappresentato dal parto, che può essere preceduto, se particolarmente anticipato, da trattamenti a base di corticosteroidi per accelerare la maturazione polmonare del feto.
La toxoplasmosi è una malattia infettiva di solito asintomatica nell’uomo, ma che se contratta durante la gestazione e trasmessa al feto, può causare aborto o malformazioni anche molto gravi. Se la si prende una volta si conquista l’immunità permanente, e basta un semplice prelievo sanguigno per capire se la futura mamma ha già sviluppato gli anticorpi, per cui non rischia di contrarre la toxoplasmosi in gravidanza. In caso contrario, occorre ripetere regolarmente le analisi, per escludere che ci sia stato un contagio. La prevenzione prevede che si eviti ogni possibile contatto con le cisti del protozoo Toxoplasma gondii, che causa la malattia: non mangiare carne cruda o poco cotta, lavare bene la verdura destinata al consumo crudo, usare guanti per le attività di giardinaggio e la pulizia della lettiera dei gatti.
Si tratta di un virus piuttosto comune, che può essere trasmesso attraverso baci, contatti sessuali o con le mucose nasali o oculari. Spesso non si manifesta attraverso sintomi evidenti, ma rappresenta una delle malattie pericolose in gravidanza se la donna contrae il citomegalovirus per la prima volta proprio mentre è in stato interessante. In questo caso, la probabilità di trasmissione al feto si attesta infatti sul 30- 40 per cento e può determinare conseguenze anche molto serie: danni al sistema nervoso centrale, malformazioni, ritardo mentale, sordità congenita, cecità. Le eventuali reinfezioni, invece, non rappresentano un grave rischio per il nascituro, per cui la presenza di anticorpi preesistenti (le cosiddette IGG) nel sangue materno può rassicurare la futura mamma. Non esiste un vaccino, per cui la prevenzione consiste in sostanza nell’evitare contatti troppo ravvicinati con i bambini, che sono i soggetti più a rischio, e nel lavarsi spesso le mani.
La rosolia è una malattia esantematica molto pericolosa in gravidanza, che si diffonde attraverso le goccioline respiratorie diffuse nell’aria dal malato. Se contratta dalla madre e trasmessa al feto può causare aborto o danni fetali molto gravi, come ridotto sviluppo, sordità, malformazioni cardiache, cecità. La probabilità di trasmettere il virus al feto varia in base all’epoca gestazionale, così come la gravità del danno fetale che si rischia. Il pericolo per il bambino, in particolare, si riduce con il progredire della gravidanza. Per prevenire la rosolia in gravidanza è possibile vaccinarsi almeno sei mesi prima di cominciare a cercare il concepimento, ed è opportuno effettuare, all’inizio della gestazione, un’analisi per ricercare gli anticorpi nel sangue materno (le reinfezioni sono comunque possibili, ma rappresentano un’eventualità molto rara). Qualora la gestante dovesse contrarre la rosolia durante i nove mesi, il bambino dovrà essere monitorato attentamente dopo la nascita, anche se al momento del parto non dovesse manifestare alcun sintomo.
La varicella è una malattia particolarmente contagiosa, dal momento che il virus si trasmette facilmente attraverso le vie respiratorie ed è talvolta sufficiente solo la presenza nello stesso ambiente per essere contagiati. Si manifesta con vescicole pruriginose su tutto il corpo e, se contratta durante la gravidanza, può essere trasmessa al feto con una probabilità che si aggira circa al 20 per cento. È pericolosa soprattutto nel primo trimestre di gravidanza, quando può causare aborto spontaneo o la cosiddetta varicella congenita, caratterizzata da lesioni cutanee, atrofia muscolare, o anche encefaliti e ritardo mentale. La varicella è molto insidiosa anche se contratta nelle ultime settimane di gravidanza. Se il parto avviene più o meno in concomitanza con la manifestazione dei sintomi, infatti, il bambino si trova facilmente esposto all’infezione, ma l’organismo materno non ha avuto il tempo di trasmettergli gli anticorpi necessari per combatterla. In questo caso, le conseguenze per il neonato possono essere anche gravissime (addirittura letali). Se il parto avviene quando la varicella è già in fase di remissione dei sintomi, di solito il bambino viene tutelato dagli anticorpi della madre, con un decorso generalmente favorevole. La prevenzione della varicella in gravidanza si basa sulla somministrazione del vaccino almeno 6 mesi prima dell’inizio della gravidanza. Anche in questo caso è opportuno ricercare gli anticorpi nel sangue materno all’inizio della gestazione, perché il virus lascia di norma una immunità permanente.
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