Alle Cinque Terre nasce il parco letterario Eugenio Montale

“Ascoltami, i poeti laureati/ si muovono soltanto fra le piante/ dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti./ Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi/ fossi ….”. In qualunque abituale frequentatore della poesia di Montale sarà affiorata all’istante l’immediata associazione mentale tra questo celebre incipit e il giallo dei limoni, cui la

“Ascoltami, i poeti laureati/ si muovono soltanto fra le piante/ dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti./ Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi/ fossi ….”. In qualunque abituale frequentatore della poesia di Montale sarà affiorata all’istante l’immediata associazione mentale tra questo celebre incipit e il giallo dei limoni, cui la prima lirica di Ossi di seppia è notoriamente dedicata. Anguille, orti, pozzanghere, alberi di limoni, rivi strozzati che gorgogliano, muraglie con in cima cocci aguzzi di bottiglia sono soltanto alcuni degli innumerevoli elementi naturalistici e paesaggistici confluiti nell’immortale opera poetica di un premio Nobel che resta tuttora uno degli autori italiani più studiati nelle università dell’intero pianeta.

 

Particolarmente opportuna ed indovinata appare dunque la scelta di commemorare il 40esimo anniversario dal conferimento del Nobel con l’istituzione del parco letterario Eugenio Montale e delle Cinque Terre, iniziativa intrapresa lo scorso dicembre per concorde volontà del comune di Monterosso, della Società Dante Alighieri – i parchi letterari e del parco nazionale delle Cinque Terre, e annunciata ufficialmente la scorsa settimana a Roma, a suggello del legame intimo tra una produzione letteraria ed un’area paesaggistica entrambe uniche al mondo.

 

 

 

Qui, a ridosso dei borghi di Vernazza, Corniglia, Manarola, Riomaggiore e, appunto, Monterosso, dove ha sede la celebre “casa delle due palme” o “pagoda giallognola”, come lo stesso Montale era solito designare la villa (attualmente posseduta da altri proprietari) in cui trascorreva le proprie vacanze estive, sorgono quei tipici terrazzamenti liguri a picco sul mare, i cosiddetti “cian”, che grazie all’ingegno degli abitanti locali sono in grado di accogliere uliveti, vigne e orti, in un territorio la cui asprezza suggestiva e delicata è valsa nel 1997 la proclamazione di “patrimonio dell’umanità” da parte dell’Unesco.

 

E dopo il conferimento da parte del Mibac di una menzione speciale del Premio europeo del paesaggio 2015, oltre all’inclusione nella Carta europea del turismo sostenibile del Parlamento europeo, il Parco Nazionale delle Cinque Terre decide di sperimentare, proprio sulla scia di Montale, una nuova modalità di valorizzazione, proponendo, da febbraio ad ottobre 2016, un apposito calendario di percorsi naturalistico-letterari previsti per ogni primo sabato del mese e seguiti da ulteriori escursioni domenicali attraverso i panorami liguri.

 

Un simile omaggio inevitabilmente emoziona gli estimatori più appassionati dei versi di Montale: una poesia così vertiginosamente profonda, solida, feconda di significati plurimi da riuscire a stento ad essere identificata in un luogo o in un paesaggio specifico, intrisa com’è non solo di concretezza geografica ma soprattutto di universalità, poiché quella stessa natura scabra e possente, tagliente e ineludibile, grazie al genio del poeta ligure addita silenziosa, ad ogni essere umano di qualunque latitudine, il non-senso immanente delle cose, dagli ossi di seppia fino alla voce del mare indissolubilmente legata a quella di colui che la ascolta: “Tu m’hai detto primo/ che  il piccino fermento/ del mio cuore non era che un momento/ del tuo; che mi era in fondo/ la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso/ e insieme fisso:/ e svuotarmi così d’ogni lordura/ come tu fai che sbatti sulle sponde/ tra sugheri alghe asterie/ le inutili macerie del tuo abisso”.

 

Ossi di seppia sulla spiaggia di Monterosso (foto Giannella)
Ossi di seppia sulla spiaggia di Monterosso (foto Giannella)

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