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L’artista italiano Andreco ha realizzato un murales alto 6 metri e lungo 100 per far capire i rischi dell’innalzamento delle acque nella città di Venezia. Basato sulle ultime ricerche scientifiche.
Si trova lungo le rive del Canal Grande, in Fondamenta Santa Lucia a Venezia, il murales dipinto da Andreco, artista visivo che dal 2015 lavora all’iniziativa Climate, un progetto itinerante ispirato alle ricerche su cause ed effetti dei cambiamenti climatici. Parallelamente al dottorato in ingegneria per l’ambiente e il territorio, che l’ha portato a collaborare con l’Università di Bologna e la Columbia University di New York, dal 2000 Andreco porta avanti anche la sua passione per l’arte, coniugando i temi scientifici più attuali alla ricerca artistica. Nasce così Climate 04 Sea Level Rise, il primo murales (dipinto con vernici naturali) della storia di Venezia, affacciato sul Canal Grande.
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Fin dalla Cop21 lavori al progetto Climate, passando per Parigi, Bari, Bologna e ora Venezia. Di cosa si tratta?
Ho sempre realizzato progetti artistici influenzati dalla ricerca scientifica. Nel 2015 sono stato selezionato per portare la mia arte a Parigi, alla Cop21, e lì è nato Climate. Ho così pensato ad un progetto che fin dall’inizio tenesse in considerazione fattori sia scientifici che artistici. In pratica si tratta di realizzare un’opera che tratti degli impatti dei cambiamenti climatici sulla città che ospita l’installazione, basandosi su studi scientifici. Si suddividono in un intervento pittorico, un’installazione dedicata alle piante e una conferenza dedicata al tema.
Venezia è uno dei simboli, suo malgrado, del cambiamento del clima e lo sarà nei prossimi anni. Per questo hai scelto questa città?
È la città più legata al tema dell’innalzamento del livello dei mari. Per questo l’ho scelta. Ho così iniziato a leggere i vari studi scientifici legati a questo tema, sia a livello internazionale che nazionale. Questo mi ha portato a conoscere i ricercatori del Cnr Ismar– Georg Umgiesser, Alvise Benetazzo e Debora Bellafiore, e a lavorare a stretto contatto con loro. Debora sta studiando gli effetti dell’acqua e dell’innalzamento del livello dei mari sulle piante di laguna, Alvise invece lavora sull’effetto delle onde estreme, che in Adriatico possono arrivare anche a 8 metri.
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Da lì nasce il murales?
Ho raccolto tutti i dati, anche quelli dell’Ipcc (Ipcc), del Delta Commitee o Wgbu, e del climatologo Stefan Rahmstorf, arrivando così a poter raffigurare sul muro tutti i valori medi previsti dai vari studi. Alla base il valore di riferimento è quello del 2017, fino ad arrivare alle previsioni al 2100. Per 100 metri queste linee orizzontali rappresentano l’innalzamento del livello dei mari secondo i vari studi. È importante sottolineare che si tratta di valori medi, non quelli più catastrofici. Già questi numeri sono visivamente impattanti (il livello dei mari aumenterebbe fino 2 metri, ndr.). Nella parte sopra i 2 metri ho invece raffigurato le forme che possono prendere le onde estreme, inserendo la formula che serve per calcolare l’altezza massima delle onde. Con un livello dei mari più alto, anche le onde saranno più impattanti.
Tu sei un ingegnere ambientale e anche un’artista. Come si coniugano le due anime? L’arte in questo caso può diventare uno strumento efficace per comunicare un messaggio scientifico?
Dopo molti anni che facevo sia l’uno che l’altro, ho capito l’importanza che l’arte può avere nel comunicare. Non è un’operazione di comunicazione alternativa, ma un’opera d’arte che prende ispirazione da dati scientifici. Io dipingo fin dagli anni Novanta e ora le due competenze si sono unite. Sono l’unico che ha un dottorato in ingegneria. Da un lato è positivo, dall’altro devo però mantenere un certo rigore scientifico in quello che comunico, proprio perché le mie opere si basano su basi scientifiche.
La scienza che diventa pubblica. Un modo anche questo per comunicare dati certi in tempi di fake news?
I ricercatori si sono dimostrati molto entusiasti, perché non capita spesso di vedere la propria ricerca rappresentata in un muro di 100 metri. In quello spazio è riportato il loro studio scientifico, ed è alla portata di tutti. Però è anche un messaggio per chi lo guarda: il muro certo spaventa perché dimostra che Venezia può essere sommersa, ma dall’altro canto mostra anche le tendenze che si avranno con la riduzione delle emissioni. Inoltre davanti al murales ho realizzato una struttura in ferro dipinta d’oro con alla base un giardino di piante autoctone costiere. Le stesse piante che proteggono Venezia e che fanno da cuscinetto e rendono possibile l’esistenza della laguna. La scultura diventa così un riflettore per fare emergere l’importanza delle piante di laguna.
Come ha risposto il pubblico, in particolare i veneziani?
L’opera non è certo passata inosservata. Anzi ha acceso la curiosità in chi guarda, perché fa pensare e riflettere. Poi ognuno dà una sua interpretazione. I veneziani sono consapevoli del problema, ma magari non ci pensano, perché cercano di rimuoverlo. Venezia oggi ha i riflettori puntati, ed è una città guardata da tutto il mondo. Per questo è importante parlare di grandi temi, come lo sono i cambiamenti climatici.
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