Erano scomparse nel secolo scorso. Un progetto governativo ha importato dai Paesi Bassi due esemplari di tigri dell’Amur che vivranno in libertà in un parco nazionale.
Caccia all’allodola. Fermiamo questa strage silenziosa
L’allodola rischia di scomparire. In Europa sono già diminuite del 50 per cento. È tempo di escluderla dalle specie che si possono cacciare.
È l’ultimo dei piccoli passeriformi ancora cacciati in Italia. Già messo a dura prova dall’agricoltura intensiva, sempre più inquinata, che ne compromette l’habitat, l’allodola rischia oggi il colpo di grazia a causa della caccia pesantissima di cui è ancora vittima, in Italia e in pochi altri paesi europei. 40 grammi di bellezza, armonia, melodia per quel suo cantare all’alba. Ma questa grazia viene accolta in inverno dalle fucilate dei cacciatori che ne abbattono un numero impressionante: 1,8 milioni di esemplari.
L’allodola rischia di scomparire
L’Italia e l’Europa non possono più permetterselo. Dobbiamo agire tutti insieme per far vietare la caccia all’allodola. Escluderla dalla lista delle specie cacciabili. È questa la nuova grande campagna della Lipu, che parte in questi giorni e che, per vincere, ha bisogno di tutti voi.
Il 73 per cento degli abbattimenti totali in Europa (pari a 2,5 milioni) avviene quindi in Italia. A questa triste percentuale vanno aggiunti i tanti abbattimenti illegali, furbescamente (e illecitamente) non annotati sui tesserini venatori.
I dati ufficiali parlano di un declino che appare inarrestabile: in Italia, le popolazioni nidificanti nel periodo 2000-2014 hanno fatto registrare una riduzione del 45 per cento (dati Mito2000), con un forte calo in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, le regioni che ospitano o ospitavano le popolazioni più importanti.
Caccia indiscriminata, natura compromessa
Le cause della crisi per questo uccello si associano anche al fatto che l’allodola nidifica a terra, nei prati da sfalcio che, sempre meno estesi, si trasformano molto spesso in vere e proprie “trappole ecologiche” (l’erba viene tagliata da veloci falciatrici proprio quando le uova o i piccoli sono nel nido, distruggendolo). In autunno e in inverno l’allodola si sposta, sosta e migra dal nord utilizzando per la ricerca di cibo i campi di stoppie e i prati da sfalcio, resi però poveri di erba spontanea (e quindi di semi e rifugi) dal massiccio uso di diserbanti. Oggi, quindi, l’Italia offre sempre meno ambienti agricoli idonei, nei quali ospitare e far riprodurre la specie.
A queste difficoltà, si aggiunge la pressione venatoria, anche all’estero. Centinaia di migliaia di allodole abbattute da nord a sud, per non parlare delle vere e proprie mattanze compiute all’estero e ad esempio in Romania. Per questo occorre intervenire, con politiche generali di conservazione ma anche, e subito, preservando la specie dall’ulteriore, gravissima sofferenza rappresentata dalla caccia.
Escludere subito l’allodola dalle specie cacciabili è un’azione ormai indispensabile, per la quale la Lipu chiede, tra l’altro, l’intervento del Governo, attraverso un decreto che la cancelli dall’elenco delle specie cacciabili dell’articolo 18 della legge 157/92. Sarà una campagna difficile, questa della Lipu per salvare l’allodola. E tuttavia dobbiamo provarci, agire, per proteggere questo splendido migratore, il suo canto, la sua bellezza. Per dare ancora una speranza alla nostra piccola messaggera dell’alba.
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