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La liberalizzazione moderata è saltata: la cannabis potrà essere utilizzata solo contro il dolore cronico. Ma la produzione italiana è scarsa, e ora si corre ai ripari per far fronte alla domanda.
Tutto è cominciato con una proposta di legge dall’approccio moderato, ma comunque interessante che avrebbe aperto per la prima volta la porta a una liberalizzazione, seppur parziale, della cannabis. Il parlamento italiano, invece, nel gioco dei compromessi al ribasso e degli annacquamenti, ha partorito una legge del tutto diversa che permette l’uso della cannabis esclusivamente a scopo terapeutico. Anche se uno studio della fondazione Gimbe mostra come ci siano ancora poche evidenze dell’utilità della cannabis per il sollievo dal dolore cronico, per via dei pochi studi effettuati. Adesso, nel decreto fiscale di fine anno, si torna a parlare anche di marijuana, con qualche correttivo a una legge che aveva deluso quasi tutti.
#Cannabis, @GIMBE: “Poche certezze su uso terapeutico per dolore cronico” pic.twitter.com/eLCktVvoB6
— GIMBE (@GIMBE) 21 novembre 2017
Ad oggi, grazie alla proposta di legge approvata recentemente dalla Camera dei deputati, il medico può prescrivere medicinali di origine vegetale a base di cannabis per la terapia del dolore e altri impieghi medici. La ricetta deve essere monouso, quindi dovrà essere indicata la durata del trattamento, che non potrà superare i tre mesi, e i farmaci a base di cannabis prescritti dal medico saranno a carico del servizio sanitario nazionale, tramite uno stanziamento di 1,7 milioni di euro.
Tutto il processo di coltivazione, preparazione e distribuzione alle farmacie rimane affidato allo Stato, e precisamente allo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, anche se in caso di necessità può essere autorizzata l’importazione (dai Paesi Bassi, unico paese europeo esportatore). Le regioni hanno invece il compito di monitorare le prescrizioni, fornendo annualmente all’Istituto superiore di sanità i dati aggregati per patologia, età e sesso dei pazienti sotto terapia di cannabis: a loro anche il compito di comunicare all’Organismo statale per la cannabis il fabbisogno necessario per l’anno successivo.
#DecretoFiscale Su cannabis terapeutica approvati emendamenti di maggioranza e delle opposizioni https://t.co/rYq9j4cW9g — Silvio Lai (@silviolai) 15 novembre 2017
Una legge giudicata inutile da chi aveva portato avanti la battaglia originaria, quella che prevedeva una mini-liberalizzazione. Nella proposta di legge originaria si consentiva un limite massimo di acquisto di cinque grammi di marijuana per uso personale, la possibilità di coltivazione della cannabis in forma individuale per un massimo di cinque piantine a persona ma si affidava esclusivamente allo Stato la gestione della vendita legale. Secondo l’associazione Luca Coscioni presieduta da Marco Perduca, per esempio, “vista la sostanziale inutilità del testo, se si ritiene davvero di voler promuovere la cannabis terapeutica in Italia, occorre investire in ricerca scientifica e trial clinici, partendo da studi e sperimentazioni sulla cannabis prodotta dallo stabilimento farmaceutico militare di Firenze e, per andare incontro alle esigenze dei malati, occorre che il governo conceda la licenza anche ad altri soggetti produttori per aumentare significativamente la produzione”.
Produzione che, al momento, non basterebbe per tutti i pazienti: lo stabilimento di Firenze arriverà a produrre 150 chilogrammi di cannabis entro due anni, l’Olanda non esporterà più di 200 chilogrammi, e la somma di 350 chili annui è unanimemente giudicata troppo bassa per rispondere alla domanda di farmaci. Dopo l’approvazione in prima lettura se ne è resa conto anche la politica, che adesso inserisce delle modifiche: la più importante è che “per garantire la disponibilità in Italia della sostanza ad uso terapeutico già prodotta a Firenze dallo stabilimento chimico-farmaceutico militare”, ha spiegato in Senato il relatore del decreto fiscale, Silvio Lai, verranno autorizzati altri enti e imprese a trasformazione e coltivare ulteriori quote di cannabis ad uso medico, ovviamente secondo le procedure già previste dallo stabilimento militare di Firenze, e rispettando le buone pratiche agricole prescritte dalla Fao. Sono poi stati approvati poi altri due emendamenti che dispongono l’aggiornamento periodico del personale medico, sanitario e socio-sanitario sulle potenzialità terapeutiche della cannabis per uso medico, in particolare sul trattamento del dolore.
Inoltre, è stato stabilito lo sviluppo di nuove preparazioni a base di cannabis per la distribuzione nelle farmacie, dietro ricetta medica non ripetibile. Il tutto sempre a carico del servizio sanitario, quindi senza spese aggiuntive per il paziente. Un primo passo verso l’ultimo passaggio al Senato, anche se difficilmente per ora si andrà oltre all’uso terapeutico.
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