Le carceri italiane sono sempre più un buco nero nella democrazia

Il nuovo rapporto di Antigone denuncia sovraffollamento, suicidi e torture nelle carceri italiane. Mentre scoppia il caso torture al Beccaria.

  • Il tasso di affollamento medio nelle carceri italiane è del 125,6 per cento. Dall’inizio dell’anno già 30 suicidi tra i detenuti.
  • Il numero di detenuti nelle carceri minorili è aumentato del 30 per cento in un anno per la repressione del governo Meloni.
  • Una nuova indagine per tortura scuote le carceri italiane, questa volta le minorili. 13 agenti del Beccaria arrestati.

Carceri sempre più affollate, sempre più chiuse e dove avvengono sempre più suicidi. Luoghi vecchi e dimenticati, dove regna la disperazione e dove troppo spesso violenze e torture sono commesse da chi dovrebbe tutelare le persone che si trovano chiuse lì dentro.

La fotografia scattata da Antigone, associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale, nel suo nuovo rapporto sulle carceri non solo è tragica, ma anche in costante peggioramento. Segno che se luoghi critici come il carcere sono il parametro con cui misurare la qualità di una democrazia, l’Italia in questo senso se la passa parecchio male. E le notizie che arrivano dal carcere minorile Cesare Beccaria di Milano, con 21 agenti sotto indagine per presunte torture ai danni dei detenuti, non fanno altro che confermarlo.

rapporto donne detenute antigone
Attività fisica all’aperto nel carcere di Bollate © Giovanni Mereghetti/UCG/Getty Images

Carceri vecchie e sovraffollate

Nel corso del 2023 l’Osservatorio di Antigone ha visitato 99 istituti penitenziari, circa la metà del totale delle prigioni presenti in Italia. E i risultati di queste visite sono raccolti nel rapporto “Nodo alla gola”, il ventesimo dell’associazione sulle condizioni di detenzione in Italia.

Quando si parla di carceri italiane non manca mai la parola sovraffollamento. Non è un caso che nel 2013 il paese sia stato condannato dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo (Cedu) perché non garantiva lo spazio minimo previsto per legge di 3mq per detenuto. Da quel momento sono arrivate tante altre sentenze simili che hanno costretto l’Italia a correre ai ripari, in mezzo c’è stato anche il Covid-19 e la necessità del distanziamento sociale che hanno contribuito ad alleggerire la pressione sulle carceri. Ma oggi, di nuovo, le carceri sono in condizioni di sovraffollamento estremo.

Come sottolinea Antigone, al 31 marzo 2024 erano 61.049 le persone detenute, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti. A questi posti poi ne vanno tolti altre migliaia dovuti alla ristrutturazione di interi reparti in varie carceri del paese. Il risultato è che oggi il tasso di affollamento medio nazionale è del 125,6 per cento e ci sono istituti come quelli di Brescia e Lodi dove il dato supera il 200 per cento – vuol dire che ci sono due detenuti per ogni posto disponibile, spesso costretti a dormire su brandine pieghevoli e altre soluzioni di fortuna, in spazi molto ristretti.

A rendere ancora più difficile l’esistenza in carcere c’è che questo sovraffollamento avviene spesso in contesti vecchi e degradati. Alcune strutture come quella di Reggio-Emilia sono addirittura dell’Ottocento e in molti degli istituti visitati da Antigone mancano i servizi di base. Nel 28,3 per cento non sono garantiti i 3mq per detenuto, nel 19,2 per cento manca il riscaldamento, nel 47,5 per cento manca l’acqua calda e nel 6,1 per cento il wc non è in una stanza separata dai letti.

La pena di morte sottile

Le pessime condizioni strutturali delle carceri incidono in modo pesante sulla vita dei detenuti. Questi ultimi vengono spesso da situazioni di grave marginalità e disagio, nella maggior parte dei casi si tratta di persone fragili. E il carcere così com’è oggi in Italia crea una spirale di sofferenza che può condurre fino alla morte.

Nel 2024 nelle carceri italiane ci sono stati 30 suicidi. Nel 2022, quando poi a fine anno furono 85 (il numero più alto mai registrato finora), se ne erano registrati 20 nello stesso arco temporale. Questo significa che quest’anno si potrebbe toccare un nuovo, triste record.  Nell’anno osservato da Antigone nel nuovo rapporto gli atti di autolesionismo tra i detenuti sono stati 18,1 ogni 100 persone, i tentati suicidi 2,4. Altri numeri rendono ancora più chiaro il disagio psicologico che regna nelle carceri: Antigone ha rilevato 12,3 diagnosi psichiatriche gravi ogni 100 detenuti presenti. Il 19,7 per cento dei detenuti assume stabilizzanti dell’umore, antipsicotici o antidepressivi. Il 40 per cento sedativi o ipnotici.

I detenuti del carcere di Modena morti nelle rivolte di marzo 2020
I detenuti del carcere di Modena morti nelle rivolte di marzo 2020 © Osservatorio Diritti

Ma in carcere non si muore solo per suicidio. Le persone con patologie presenti in carcere sono tantissime e proprio la situazione delle carceri non fa altro che aggravare queste malattie. Se in carcere ci si suicida 20 volte più che nel mondo di fuori, sempre negli istituti italiani si muore cinque volte più che da liberi. Un elemento su tutti rende bene l’idea del perché: l’Italia è il paese europeo con la popolazione detenuta più anziana e l’ultimo rapporto di Antigone sottolinea che i prigionieri over 60 sono aumentati ancora e oggi contano per il 10 per cento del totale. In carcere si invecchia 10 anni prima che nel mondo di fuori e dunque si muore anche più facilmente. Una pena di morte sottile, nonostante l’Italia abbia abolito questa pratica con la Costituzione repubblicana.

Le torture al Beccaria

Nel rapporto di Antigone c’è spazio anche per la detenzione minorile. L’associazione sottolinea che alla fine di febbraio 2024 erano 532 i giovani reclusi nei 17 Istituti Penali per Minorenni d’Italia. Un numero in netto aumento – circa il 30 per cento –  rispetto alle rilevazioni precedenti, a causa della repressione messa in atto dal governo Meloni con misure come il decreto Caivano che hanno ampliato le possibilità di ricorso al carcere in fase cautelare per i minorenni.

In Italia si continua a puntare sulle carceri minorili nonostante da anni si ripetano le denunce sulla situazione difficile al loro interno, tra problemi strutturali, trattamentali e un disagio generale che rende percorsi rieducativi di questo tipo di scarso successo. E caso vuole che proprio mentre il 22 aprile usciva il rapporto di Antigone, un’indagine scuoteva il più popolato carcere minorile italiano, l’istituto Cesare Beccaria di Milano

13 agenti di polizia penitenziaria sono stati arrestati e altri otto sono stati sospesi, per un totale di 21 misure cautelari dopo l’indagine della Procura di Milano che ha portato ad accuse di tortura, lesioni, maltrattamenti, falso e, in un caso, tentata violenza sessuale. La giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano, Stefania Donadeo, nella sua ordinanza ha scritto che nel carcere milanese ci sarebbe un “sistema consolidato di violenze reiterate, vessazioni, punizioni corporali, umiliazioni e pestaggi di gruppo” nei confronti dei detenuti, anche minorenni (negli istituti penali per minorenni ci sono detenuti fino ai 25 anni di età, nel caso abbiano commesso il reato da minorenni).

Un sistema allo sbaraglio

“Da tempo denunciamo tensioni e malfunzionamenti nell’ambito delle carceri minorili”, ha sottolineato Susanna Marietti, coordinatrice nazionale e responsabile dell’osservatorio minori di Antigone durante la presentazione del rapporto “Nodo alla gola”. “La presa in carico dei ragazzi è sempre più disciplinare e farmacologizzata, con un utilizzo smodato di psicofarmaci, soprattutto per i minori stranieri non accompagnati che vengono spostati come fossero pacchi da un IPM a un altro a seconda delle esigenze, con una modalità che contribuisce a creare e aumentare le tensioni”.

La squadra di calcio del Carcere di Padova © CTRL Magazine
La squadra di calcio del Carcere di Padova © CTRL Magazine

Un senso di marcio che non riguarda solo gli istituti per minorenni, ma il sistema carcere tutto. E che rende sempre più un miraggio quella funzione rieducativa della pena affermata nella Costituzione italiana. Non è un caso che due detenuti su tre, quando escono da quel carcere che li ha incattiviti invece che rieducati, commettano nuovi crimini. Un numero che crolla quando si danno opportunità reali a queste persone, attraverso il lavoro per esempio. Eppure la repressione continua a farla da padrone sulla concessione, anche con la predisposizione di nuove fattispecie di reato per la popolazione carceraria. Come quello di “rivolta in carcere”, che in realtà copre ogni forma di protesta, anche quella pacifica.

“Il carcere deve essere un luogo dove ci si emancipa dal crimine e dove siano offerte concrete opportunità di recupero sociale. Il carcere non deve annichilire il senso critico o essere un luogo dove le persone private della libertà siano costrette a vivere nella paura e a camminare con la testa bassa”, sottolinea Antigone. In Italia non è così e la situazione nelle carceri è sempre più una spia del cattivo stato di salute della nostra democrazia.

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