
Almeno 400 morti di cui 100 bambini e oltre seimila sfollati per la valanga di fango che ha colpito la capitale: aiuti umanitari in corso.
Il lider maximo aveva 90 anni, sarà cremato. L’annuncio dato in televisione dal fratello Raul: l’ultimo saluto è stato “Hasta la victoria siempre”
“Con profondo dolore, appaio in tv per informare il nostro popolo, gli amici della nostra America e del mondo che oggi, 25 novembre 2016, alle 22:29, è morto il comandante in capo della rivoluzione cubana, Fidel Castro Ruz. Nel rispetto della volontà espressa dal compagno Fidel, i suoi resti saranno cremati nelle prime ore della mattina di sabato 26, la commissione organizzatrice darò al nostro popolo informazioni dettagliate circa l’organizzazione dell’omaggio postumo che si tributerà al fondatore della Rivoluzione cubana. Hasta la victoria siempre!”.
Visibilmente commosso, con queste parole, pronunciate in diretta televisiva, il presidente di Cuba e fratello di Fidel, Raul Castro ha annunciato nella notte italiana una notizia che chiude forse una delle storie più lunghe e mitizzate della politica contemporanea: Castro, all’età di 90 anni, non c’è più.
Dal 2007 Raul aveva assunto le cariche di presidente del Consiglio di Stato e comandante in capo al posto del fratello, ormai impossibilitato da problemi di salute seri, tanto che più volte negli anni passati si erano erroneamente diffuse voci sulla sua morte: si era così chiuso, allora, un periodo lungo ben 48 anni di governo di Fidel, che ha avuto un impatto fortissimo su Cuba, trasformando l’isola in un vero unicum storico.
Nato da una famiglia benestante di origini spagnole, Fidel aderisce alla lega antimperialista durante gli studi universitari di giurisprudenza, ma il suo esordio nella carriera politica viene bloccato dal golpe di Fulgencio Batista, nel 1952: l’alternativa a quel punto per lui è la lotta armata, e il famoso fallito assalto alla Moncada, che gli costerà la condanna a 15 anni di carcere (di cui solo uno effettivamente scontato) e lo renderà famoso per la frase ormai storica: “Condannatemi, non importa, la storia mi assolverà“.
E la storia darà ragione con gli interessi a Fidel, che tornato a Cuba in clandestinità dopo qualche anno di esilio e a capo del Movimento 26 di luglio formato da un nugolo di guerriglieri tra cui Ernesto Guevara e Camillo Cienfuegos riuscirà nel 1959 a indurre l’esercito cubano alla resa e Batista alla fuga: è l’inizio della Rivoluzione.
Le divergenze di opinione con Cienfuegos (che voleva il ritorno alla costituzione democratica e alle elezioni) e la ritrosia di Guevara a ruoli di governo misero ben presto Castro nella posizione di lider unico, e le riforme in senso comunista e gli accordi con l’Unione Sovietica portarono ben presto all’isolamento con l’America e l’Occidente: il fallito attacco statunitense della Baia dei Porci del 1961 e l’embargo economico segnarono la fine delle relazioni con gli States e il quasi totale isolazionismo forzato di Cuba.
In politica interna, l’azione di Castro si caratterizzò per la forte nazionalizzazione delle industrie, in massicce confische e collettivizzazioni dei terreni, pianificazione dell’economia in stile sovietico, purghe per i dissidenti al regime, ma anche per una forte spinta all’alfabetizzazione, alla ricerca scientifica (specie in campo farmaceutico) alla creazione di una sanità pubblica all’avanguardia: attualmente, tassi di alfabetizzazione e di mortalità infantile e di aspettativa di vita vedono Cuba accanto ai paesi più sviluppati del mondo, mentre non altrettanto vale per livelli di democrazia, rispetto dei diritti umani e libertà dei media.
Solo con il passaggio del potere nelle mani del fratello Raul Cuba ha iniziato qualche passo in avanti nel senso delle privatizzazione e anche nella normalizzazione dei rapporti con gli Stati Uniti, sebbene l’avvento di Donald Trump alla Casa bianca era stato visto come un potenziale ostacolo alla fine dell’embargo.
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