
Secondo il primo studio a indagare le cause del crollo della Marmolada, costato la vita 11 persone, l’evento è dovuto in gran parte alle alte temperature.
Secondo la Fao, se non agiremo in tempo fino a 123 milioni di persone in più rispetto ad oggi precipiteranno in condizioni di povertà estrema entro il 2030.
“Se davvero puntiamo ad eliminare la fame e la povertà entro il 2030, lottando al contempo contro i cambiamenti climatici, dobbiamo impegnarci in una profonda trasformazione dei sistemi alimentari e agricoli. A livello planetario”. L’appello è contenuto nell’ultimo Rapporto sulla situazione mondiale dell’alimentazione e dell’agricoltura, pubblicato dalla Fao il 17 ottobre.
Il settore agricolo – considerato nella sua accezione più ampia, che comprende silvicoltura, pesca e zootecnia – rischia infatti di patire in modo particolarmente forte gli sconvolgimenti legati alla crescita delle temperature medie globali, come il moltiplicarsi delle ondate di siccità e di altri fenomeni meteorologici estremi, la crescita del livello dei mari, l’acidificazione degli oceani e la perdita di biodiversità.
Per questo, la Fao ha ammonito: “Entro il 2030 tra 35 e 122 milioni di persone in più rispetto ad oggi potrebbero vivere in condizioni di povertà estrema”, in particolare nell’Africa subsahariana e nel sud-est asiatico. “Il cambiamento climatico ci riporta alle insicurezze di quando eravamo cacciatori e raccoglitori. Non possiamo più essere sicuri di raccogliere quello che abbiamo seminato”, ha spiegato il direttore generale dell’agenzia Onu, José Graziano da Silva, in occasione della presentazione del rapporto. L’insicurezza, inoltre, si trasforma in volatilità dei prezzi alimentari, “e questa è una cosa che paghiamo tutti, non solo chi è colpito dalla siccità”, ha aggiunto.
Occorre agire subito, dunque, ma non si tratterà di un lavoro facile, sottolinea il rapporto, “a causa del gran numero di soggetti coinvolti, della molteplicità dei sistemi di trasformazione dei prodotti alimentari, e delle differenze negli ecosistemi”. “Ma i benefici dell’adattamento superano di gran lunga i costi dell’inazione”, ha ricordato Graziano da Silva.
La Fao suggerisce pertanto l’introduzione di pratiche “intelligenti dal punto di vista climatico”, come ad esempio un uso efficiente dell’azoto e di varietà di colture più resistenti al caldo, una lavorazione minima del terreno e una gestione integrata della fertilità del suolo. Ciò consentirebbe di aumentare la produttività e i redditi degli agricoltori.
Ma occorrono – prosegue l’agenzia Onu – anche metodi per diminuire la quantità di emissioni nocive per l’ambiente provenienti dal settore agricolo. Così come politiche di conservazione dell’acqua rispetto, ad esempio, a quelle che prevedono l’allagamento delle risaie. Bisogna poi adottare piani di aiuto per i piccoli agricoltori, al fine di consentire loro di adattarsi ai rischi dei cambiamenti climatici. E smettere di concedere sussidi a produzioni che promuovono pratiche agricole non sostenibili.
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