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Come l’isola di Robinson Crusoe è diventata un modello mondiale di conservazione della natura
L’isola cilena, grazie alle iniziative per proteggere la fauna autoctona, il programma di pesca sostenibile e la lotta alla plastica, è diventata un esempio di gestione sostenibile.
A circa settecento chilometri al largo della costa pacifica del Cile, in mezzo all’oceano, si trovano le isole Juan Fernández, un piccolo e selvaggio arcipelago, composto da tre isole principali: l’isola di Robinson Crusoe, l’isola Alejandro Selkirk e l’isola Santa Clara. L’arcipelago, grazie al suo isolamento geografico, ospita un’elevata percentuale di specie animali e vegetali rare ed endemiche, come l’otaria orsina delle Juan Fernández (Arctocephalus philippii), unico mammifero nativo delle isole, quasi estinta a causa della caccia ma ora in grande ripresa. L’isola di Robinson Crusoe, resa nota dal più famoso naufrago della letteratura, protagonista del romanzo La vita e le strane sorprendenti avventure di Robinson Crusoe, di Daniel Defoe, è diventata nel tempo un modello di conservazione della natura, ecco come ha fatto.
Una rete di aree protette
L’arcipelago, diventato parco nazionale nel 1935 e nominato biosfera mondiale dell’Unesco nel 1977, fa parte di una delle più grandi aree protette del Pacifico, il parco marino Juan Fernández, che copre un’area di oltre 260mila chilometri quadrati abitata da un incredibile numero di specie marine che non vivono in nessun altro luogo al mondo. L’area protetta si collega inoltre a una rete di riserve marine per un totale di circa 1,3 milioni di chilometri quadrati, il che significa che circa il 44 per cento delle acque cilene gode di una certa protezione contro la pesca industriale e l’estrazione mineraria. “Fino a dieci anni fa il Cile era uno dei più grandi sfruttatori oceanici del mondo – ha affermato Alex Munoz, direttore per l’America Latina del progetto Pristine Seas, lanciato da National Geographic per proteggere gli ultimi luoghi selvaggi dell’oceano – ma ora ha cambiato rotta e sta diventando uno dei leader nella conservazione degli oceani”.
In difesa della fauna autoctona
La biodiversità delle isole cilene, oltre che dai rifiuti plastici che arrivano dall’oceano, è particolarmente minacciata, come avviene in quasi tutti gli ecosistemi insulari, dalle specie introdotte dall’uomo. Sull’isola di Robinson Crusoe gatti, ratti e coati costituiscono un serio pericolo per la sopravvivenza di specie autoctone, come il colibrì Sephanoides fernandensis, che vive solo nell’arcipelago, e la berta Puffinus creatopus, uccello migratore che nidifica solo in quest’area e in un’isola vicina alla terraferma. Per proteggere questo patrimonio naturalistico il ministero dell’Ambiente ha varato un piano per proteggere i nidi delle berte e per preservare gli alberi di luma in cui nidificano i colibrì, sradicando cespugli di mora non nativi che soffocano gli alberi.
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Pesca sostenibile
L’obiettivo principale dell’arcipelago è quello di gestire in maniera sostenibile la pesca, la principale fonte di reddito delle isole. Per farlo da decenni sono state introdotte misure concrete ed efficaci. Le aragoste, ad esempio, le prede più ambite per il loro elevato valore commerciale, possono essere pescate solo tra il 1° ottobre e il 15 maggio, e gli esemplari di età inferiore ai 12 anni e le femmine con le uova vengono rigettati in mare, garantendo un futuro alla specie e alle nuove generazioni di pescatori. Grazie alla conoscenza dei cicli biologici delle specie pescate e alla consapevolezza di dipendere dalle risorse naturali i pescatori delle isole hanno dato vita al primo sistema di pesca realmente sostenibile in Sudamerica. “La grande risorsa delle isole Juan Fernández è che la popolazione locale partecipa attivamente alla conservazione della natura”, ha affermato il ministro dell’Ambiente cileno Marcelo Mena.
Addio alla plastica
L’attuale sfida dell’arcipelago cileno, e in particolare dell’isola di Robinson Crusoe, l’unica abitata da esseri umani, è quella di sconfiggere la plastica, sia quella che arriva sulle navi da rifornimento dalla terraferma ogni due settimane, che quella che dall’oceano si riversa sulle isole. Per sconfiggere questo subdolo nemico le autorità locali e il ministero dell’Ambiente, hanno recentemente firmato un accordo che prevede l’eradicazione della plastica dall’arcipelago entro il 2020.
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