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La prossima conferenza mondiale sul clima, la Cop 24, sarà ospitato da Katowice, in Polonia. Per gli ambientalisti, sarà un summit “in trasferta”.
Sarà la città di Katowice, in Polonia, ad accogliere la Cop 24, la prossima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, che si terrà dal 3 al 14 dicembre 2018. Per tutti coloro che hanno a cuore l’ecologia, si tratterà in qualche modo di una “trasferta”: il governo di Varsavia ha dimostrato infatti, in più di un’occasione, di non considerare l’ambiente come una priorità. Inoltre, per il secondo anno consecutivo, ad ospitare il summit sarà una nazione che punta ancora, fortemente, sullo sfruttamento del carbone per la produzione di energia, nonostante si tratti della fonte fossile più dannosa per l’equilibrio climatico mondiale.
Una miniera di carbone in Polonia in una foto del 1978 ©Keystone/Getty ImagesL’appuntamento, tra l’altro, sarà cruciale. Nel corso del 2018, infatti, si svolgerà quello che è stato definito alla Cop 23 di Bonn, in Germania, il “Dialogo di Talanoa”. Il cui obiettivo è di rivedere le cosiddette Ndc (Nationally determined contribution), ovvero le promesse avanzate dai governi di tutto il mondo in materia di riduzione delle emissioni di CO2. È proprio da tale lavoro che dipenderà buona parte della riuscita della comunità internazionale nella sfida della lotta ai cambiamenti climatici. Gli impegni assunti finora, infatti, coprono soltanto un terzo di ciò che è necessario per mantenere la crescita della temperatura media globale ad un massimo di due gradi centigradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali.
Un minatore esce da una miniera di carbone a Katowice, in Polonia. La città ospiterà la Cop 24 ©Sean Gallup/Getty ImagesAncor più della Cop23, che ci si aspettava potesse essere un momento di transizione, la Cop 24 di Katowice sarà dunque fondamentale. La Polonia è però nella top ten mondiale delle riserve di carbone, grazie al quale genera l’80 per cento dell’energia che consuma: è probabile perciò che il governo di Varsavia farà di tutto per difenderlo. Secondo quanto riferito da Aleksander Sniegocki, del centro di ricerca WiseEuropa, al quotidiano Ouest France, la produzione di carbone da parte della nazione europea è ancora molto alta: 70 milioni di tonnellate all’anno nel 2016 (benché in deciso calo rispetto a quella del 1989: all’epoca si raggiunsero le 180 tonnellate).
Grazie anche alle importazioni, tuttavia, la Polonia resta il più importante consumatore della fonte fossile in Europa: essa garantisce, ancora oggi, il riscaldamento di quattro case su cinque a livello nazionale. E a fornire la stragrande maggioranza della materia prima di origine domestica è il voivodato della Slesia, il cui capoluogo è proprio Katowice. Inoltre, benché il settore minerario appaia in difficoltà dal punto di vista finanziario (ha ricevuto 60 miliardi di sovvenzioni pubbliche negli ultimi 25 anni), il partito di destra Diritto e Giustizia, al governo dal 2015, non ha mai neppure ipotizzato di smettere di estrarre carbone.
Il primo ministro della Polonia, Beata Szydlo ©Carl Court/Getty ImagesDa parte sua, Patricia Espinosa – segretaria esecutiva della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) – ha affermato diplomaticamente di essere “felice di poter lavorare con il ministro dell’Ambiente della Polonia, Jan Szysko, e con la sua squadra”. La dirigente sa tuttavia perfettamente che un fallimento alla Cop 24 non è contemplabile: a Katowice si dovrà infatti mettere anche un punto ai negoziati sulle modalità di applicazione concreta dell’Accordo di Parigi, raggiunto due anni fa al termine della Cop 21.
Il mondo dovrà scegliere – tra le altre cose – un “Rule Book”, ovvero un sistema di regole condivise, per rendere operativi gli impegni assunti nella capitale francese. Dovrà poi definire le azioni da intraprendere prima del 2020, quando l’Accordo del 2015 diventerà effettivamente operativo. E dovrà tentare di definire una volta per tutte la questione, spinosissima e irrisolta, dei finanziamenti necessari per la lotta ai cambiamenti climatici e per l’adattamento agli stessi da parte delle nazioni più vulnerabili. Alla fine della Cop 24, insomma, sapremo abbastanza chiaramente quale direzione il mondo avrà deciso di prendere.
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