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Rispettare l’Accordo di Parigi e favorire gli investimenti per il clima. Secondo centinaia di investitori, queste devono diventare le priorità dei governi.
“In qualità di investitori istituzionali con milioni di beneficiari in tutto il mondo, ribadiamo il nostro pieno supporto all’Accordo di Parigi e chiediamo con forza a tutti i governi di mettere in campo le azioni necessarie per raggiungere i suoi obiettivi, con la massima urgenza”. Inizia così un comunicato firmato da 631 investitori che complessivamente hanno in gestione asset pari a 37mila miliardi di dollari.
Il testo in realtà non è nuovo, sottolinea la testata Novethic. È stato scritto da una coalizione chiamata The Investor Agenda, che l’ha lanciato per la prima volta al G7 di giugno 2018, per poi riproporlo alla Cop 24 di dicembre 2018, al G20 di giugno 2019 e al Climate action summit dell’Onu di settembre 2019. Di appuntamento in appuntamento, la lista dei firmatari diventa sempre più lunga.
Thanks to the 631 institutional investors managing more than $37 trillion in assets for encouraging governments to step up #ClimateAmbition to tackle the global #ClimateEmergency and achieve the goals of the #ParisAgreement > https://t.co/RyYCj0WlIf #COP25 #TheInvestorAgenda pic.twitter.com/GwWIQAy9dp
— Patricia Espinosa C. (@PEspinosaC) December 9, 2019
Con toni che in certi passaggi risultano piuttosto duri, gli investitori si rivolgono ai leader riuniti a Madrid per la Cop 25, la conferenza mondiale sul clima. “Il passaggio globale verso le energie pulite è in corso, ma i governi devono ancora fare ancora molto per accelerare la transizione low-carbon e per migliorare la resilienza della nostra economia, della nostra società e del nostro sistema finanziario di fronte al rischio climatico”.
I firmatari sottolineano di essersi già impegnati per includere il fattore-clima nelle proprie strategie e per far sentire la propria voce alle aziende più inquinanti. Per raggiungere risultati reali, però, è imprescindibile rispettare l’Accordo di Parigi. Un proposito che appare ancora molto lontano. Le Nazioni Unite hanno fatto sapere che, anche se venissero soddisfatte le cosiddette Ndc (Nationally determined contributions, cioè le promesse dei singoli Stati), le temperature medie globali aumenterebbero di 3,2 gradi entro il 2100. Ben più rispetto al limite di 2 gradi deciso alla Cop 21 di Parigi, che anzi invitava a non sforare la soglia degli 1,5 gradi.
631 investors with millions of beneficiaries and $37 trillion in assets under management highlight the clear business case for climate action in the Global Investor Statement to Governments on Climate Change. #TheInvestorAgenda #COP25 https://t.co/GRoO4HQQkv pic.twitter.com/tPSvS2SChG
— Ceres (@CeresNews) December 9, 2019
La prima richiesta ai grandi della Terra, quindi, è quella di aggiornare adeguatamente le Ndc entro il 2020, formulare strategie per ridurre le emissioni a lungo termine, allineare all’Accordo di Parigi tutte le proprie politiche sul clima e supportare la transizione verso un’economia a basse emissioni. Per un cambiamento così epocale, però, l’intervento dei capitali privati risulta fondamentale. Da qui le altre due istanze: accelerare gli investimenti privati verso l’economia pulita e migliorare il processo di rendicontazione delle opportunità e dei rischi finanziari legati al clima. In quest’ambito, il faro da seguire è quello della Task Force on Climate Related Financial Disclosures (Tcfd), che ha pubblicato le sue linee guida nell’estate del 2017 dopo un lungo lavoro di elaborazione.
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