Coppa d’Africa 2024, dalle ambizioni della Costa d’Avorio alla questione climatica

La Costa d’Avorio spera di rilanciarsi attraverso la Coppa d’Africa, ma anche in questo caso a farsi “sentire” è stata la crisi climatica.

  • La Costa d’Avorio ospita la Coppa d’Africa dopo anni di guerre civili.
  • Il paese spera di rilanciare la propria economia attraverso questa manifestazione.
  • La Coppa d’Africa viene sponsorizzata da Total Energies, una delle più grandi aziende petrolifere del mondo.
  • Total Energies è accusata di usare la Coppa d’Africa per fare sportwashing.

La Coppa d’Africa 2024, anche nota come Coppa delle nazioni africane di calcio, viene raccontata da parte dei mezzi d’informazione e dalla stampa europei principalmente per il peso e per gli effetti che l’assenza dei giocatori africani potrebbe avere sulle squadre di club e sul loro rendimento in manifestazioni come la Champions League. Questo perché la Coppa d’Africa si gioca tra gennaio e febbraio, quindi quando la stagione del calcio europei è nel suo pieno, a differenza di quanto succede con Copa America o Europei, che si giocano durante l’estate.

Tuttavia, all’interno di una manifestazione con un potenziale di pubblico pari a 1,3 miliardi di persone, sono contenute molte storie e molte dinamiche che permettono di fare una fotografia, seppur molto parziale, del contesto in cui si trova il continente africano.

Su tutte quella del paese che ospita la Coppa d’Africa, la Costa d’Avorio, che fino al 2011 viveva l’incubo di una sanguinosa guerra civile e che oggi spera di rilanciare la propria economia e la propria posizione internazionale anche tramite questa competizione.

E poi c’è il paradosso legato alla questione climatica: la coppa infatti si doveva giocare la scorsa estate, ma le pesanti piogge che colpiscono la Costa d’Avorio in quel periodo ha spinto gli organizzatori a cambiare data, spostandola dal 13 gennaio all’11 febbraio 2024. Impossibile non collegare questa incertezza meteorologica con i cambiamenti climatici, che rendono le piogge estive sempre più potenti e imprevedibili; eppure, lo sponsor che campeggia al fianco del logo della federazione africana è Total Energies, uno dei colossi mondiali dell’estrazione di combustili fossili, dai quali ha generato profitti per oltre 21 miliardi di dollari soltanto nel 2023.

La storia della Coppa d’Africa

Ma facciamo un passo indietro. La Coppa d’Africa è la principale competizione calcistica del continente africano. La prima edizione si è giocata nel 1957, ospitata dal Sudan e vinta dall’Egitto, il paese che vanta il maggior numero di successi (7). Vi partecipano 24 nazionali e a differenza di Europei e Mondiali non si gioca ogni quattro anni, ma ha una cadenza biennale, fatta eccezione per l’edizione del 1968, giocata 3 anni dopo quella precedente.

Questo slittamento ha fatto sì che storicamente nell’anno in cui si gioca la Coppa d’Africa si giochi poi, qualche mese più tardi,  anche il Mondiale. Quindi, sia per cercare di migliorare il rendimento delle nazionali africane nella Coppa del Mondo, liberandole da due grosse manifestazioni nello stesso anno, e sia per dare maggior risalto alla competizione, la CAF (la federazione continentale africana) nel 2010 ha deciso di spostare la coppa dagli anni pari a quelli dispari: questo ha fatto sì che nel 2012 e nel 2013 si giocassero due edizioni in due anni consecutivi.

Anche le sedi delle varie edizioni sono spesso cambiate rispetto alle previsioni iniziali, sia a causa di conflitti che per problemi economici o sanitari. L’edizione del 2013, ad esempio, doveva tenersi in Libia, ma lo scoppio della guerra civile ha spinto il paese a rinunciare al torneo e lasciare l’organizzazione al Sudafrica. Lo stesso è successo nel 2015 al Marocco che, come conseguenza dell’epidemia di ebola che stava colpendo il paese in quel periodo, ha rinunciato al torneo che si è poi tenuto in Guinea Equatoriale. Anche il Camerun aveva inizialmente ricevuto l’assegnazione del torneo per il 2019, ma non è riuscita a costruire le strutture adeguate in tempo e quindi è stata sostituita in favore dell’Egitto.

Questa edizione, poi, sarebbe dovuta essere la prima a giocarsi durante il periodo estivo del 2023, proprio per evitare la sovrapposizione della Coppa d’Africa con altre competizioni per nazionali o con la stagione regolare del calcio europeo. L’impossibilità però di avere certezze sulla portata delle piogge che colpiscono la Costa d’Avorio durante l’estate ha spinto gli organizzatori a cambiare idea, decidendo di giocarla tra gennaio e febbraio 2024. Per questo nel nome ufficiale della competizione appare ancora l’anno 2023.

La Costa d’Avorio: dalla guerra civile alle speranze legate alla Coppa d’Africa

“Sarà la più grande Coppa d’Africa di sempre”, “la Costa d’Avorio è terra di calcio”, “sarà l’occasione per creare nuove opportunità economiche e amplificare l’influenza del nostro paese nel continente africano”.

Queste sono solo alcune delle frasi che il presidente della Costa d’Avorio, Alassina Ouattara, che governa il paese dal 2010, ha pronunciato nel corso di questi mesi per far crescere l’entusiasmo attorno alla Coppa d’Africa. Il torneo, a 40 anni di distanza dall’ultima volta (1984), torna a giocarsi nel paese dell’Africa occidentale, uno stato dove per interi decenni pensare di organizzare un evento sportivo di rilevanza internazionale era impossibile.

E questo perché dal 2002 al 2007 e poi nuovamente dal 2010 al 2011 la Costa d’Avorio è stata afflitta da due pesanti guerre civili che hanno affossato la popolazione e l’economia del paese. Da quando Ouattara è riuscito a prendere stabilmente il potere politico, la situazione economica è migliorata, con una crescita media dell’8 per cento, anche se il paese occupa ancora la posizione numero 138 su 190 dei paesi più ricchi del mondo secondo la classifica del Fondo monetario internazionale. Questo vuol dire che la Costa d’Avorio è un paese ancora molto povero, ed è per questo che il presidente ha deciso di puntare con decisione su questa Coppa d’Africa per rilanciarlo dal punto di vista delle relazioni internazionali.

Il Paese è riuscito a ottenere un finanziamento da 3,5 miliardi di dollari lo scorso aprile dal Fondo Monetario Internazionale, e di questi ne ha spesi più di 1,5 per preparare il paese alla Coppa d’Africa. 750 milioni sono stati spesi soltanto in infrastrutture: in particolare per costruire quattro nuovi stadi e per rinnovarne profondamente altri due. Sono stati anche costruiti da zero 24 nuovi centri d’allenamento, oltre a numerosi lavori su aeroporti, hotel e strade nelle 5 città che ospiteranno le partite (Abidjan, Bouake, Korhogo, San Pedro e Yamoussoukro).

La speranza della Costa d’Avorio è che il flusso di interesse continentale e l’arrivo di molte persone da ogni angolo dell’Africa possa essere un incentivo importante dal punto di vista economico per permettere al paese di migliorare la propria condizione.

Le ambizioni non sono solo di stampo economico e sociale, ma anche – ovviamente – sportive. Con i nuovi stadi e le nuove infrastrutture costruite per la Coppa d’Africa, la Costa d’Avorio vuole diventare uno dei paesi principali per il calcio africano. A dirlo è stato direttamente il presidente della Federazione calcistica ivoriana, Idriss Diallo: “Vogliamo far diventare il nostro paese uno degli hub di riferimento per il calcio africano in termini di strutture e possibilità”.

Il paese da giorni è in festa, la popolazione, che ama molto il calcio, spera realmente che questo torneo possa dare nuova linfa. La partita d’esordio è andata bene, con una vittoria per 2-0 contro la Guinea Bissau, davanti a uno stadio da 60mila posti – anche se il numero ufficiali degli spettatori si è aggirato attorno a 36mila. “Abbiamo aspettato questo momento per tanto tempo”, ha detto Sekho Fofana, uno dei giocatori più rappresentativi della Costa d’Avorio.

Lo sportwashing di Total Energies

Allargando il discorso, questa Coppa d’Africa si porta al suo interno un altro tema molto significativo per il futuro di tutto il continente africano. Anche questa edizione, come le precedenti, viene sponsorizzata dalla compagnia petrolifera francese Total Energies, che nel 2016 ha firmato un contratto di otto anni per dare il proprio nome alla competizione. Ufficialmente si chiama “Total Energies CAF African Cup 2023”.

Questo è uno degli effetti collaterali del riscaldamento globale che sta cambiando – e lo faranno sempre di più – la vita degli africani e non solo. Eppure questo non ha spinto nessuno a mettere in discussione la sponsorizzazione con un’azienda che fattura miliardi ogni anno estraendo gas e petrolio e che contribuisce quindi al peggioramento della condizione climatica globale.

Total Energies è la quinta più grande azienda petrolifera del mondo e la diciassettesima per emissioni di gas serra in atmosfera, dal 1965 a oggi. L’azienda francese ha da tempo grosse mire economiche in Africa, come dimostra il progetto East Africa crude oil pipeline, un oleodotto che trasporta petrolio dall’Uganda alla Tanzania per 1.443 chilometri la cui costruzione ha distrutto l’habitat naturale di molte comunità locali e animali, come denunciano diverse associazioni contrarie al progetto.

Total Energies, che in Francia ha ricevuto accuse di essere “assassino del clima” da parte di 4 diverse organizzazione ambientaliste, punta molto sullo sport per ripulire la sua immagine – ovvero fare quello che viene definito sportwashing –  e così distrarre le attenzione delle proprie nebulosi attività petrolifere.

E da questo punto di vista la Coppa d’Africa rappresenta un’occasione perfetta: sia perché la Federazione africana ha bisogno di soldi, dopo che si è trovata costretta a stracciare un accordo televisivo da un miliardo di dollari con la società Lagarde Sports a causa di una serie di irregolarità contrattuali; sia perché apparire come il brand che supporta il calcio africano può permettere all’azienda di aprirsi nuovi canali commerciali e aumentare la propria influenza nel continente.

Come spesso accade, dentro una competizione calcistica ci sono pieghe e fattori che devono essere raccontati e analizzati ben oltre il semplice concetto sportivo.

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