Giustizia climatica, la Corte europea dei diritti dell’uomo domani si pronuncia su tre cause

La Corte europea dei diritti dell’uomo si esprime il 9 aprile su tre cause per spingere i governi ad agire per la giustizia climatica.

Comunque andrà, martedì 9 aprile 2024 sarà una giornata da ricordare per la giustizia climatica. Perché la Grande camera della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), a Strasburgo, durante un’udienza pubblica emetterà tre sentenze per altrettante cause che sono diverse tra loro per caratteristiche e provenienza, ma puntano tutte allo stesso obiettivo: obbligare i governi ad agire in modo più incisivo contro la crisi climatica.

Le tre cause sulla giustizia climatica alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu)

Le Anziane per il clima contro la Svizzera

Sono oltre 2.300 le donne di età superiore ai 64 anni che si sono riunite nell’associazione Anziane per il clima. E che, assistite dall’organizzazione non governativa Greenpeace, hanno fatto causa dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) allo stato in cui vivono, la Svizzera. Chiedendole di correggere la propria politica climatica, “visto che gli obiettivi e le misure climatiche attuali non sono sufficienti a limitare il surriscaldamento della terra a un valore innocuo”.

Perché un’iniziativa del genere nasce proprio dalle donne anziane? Perché numerosi studi scientifici dimostrano come il rischio di mortalità e di problemi sanitari per questo specifico segmento di popolazione aumenti considerevolmente durante le ondate di caldo, rese sempre più frequenti e intense dalla crisi climatica. Questi rischi e danni, sostiene l’azione legale, sarebbero sufficienti per coinvolgere gli obblighi positivi dello Stato di proteggere il loro diritto alla vita e al benessere, come garantito dagli articoli 2 e 8 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo.

anziane per il clima
Una donna anziana a una manifestazione per il clima © Ana Fernandez/SOPA Images/LightRocket via Getty Images

Il comune di Grande-Synthe contro la Francia

Il secondo caso prende il via a Grande-Synthe, un comune con circa 20mila abitanti nella regione dell’Alta Francia. L’ex-sindaco Damien Carême, oggi europarlamentare, contesta allo stato francese di non aver adottato tutte le misure idonee per mantenersi entro i livelli massimi di gas serra che lui stesso ha fissato.

Questa inerzia costituirebbe una violazione di due articoli della Convenzione sui diritti dell’uomo. L’articolo 2 (diritto alla vita), sostiene l’azione legale, obbligherebbe infatti gli stati a fare tutto il possibile per tutelare la vita delle persone sotto la loro giurisdizione, anche salvaguardandole dai disastri ambientali. Nel caso dell’articolo 8 (rispetto della propria vita privata e familiare), la violazione riguarderebbe Carême in prima persona. Perché, sostiene il ricorrente, la sua stessa casa rischia di essere danneggiata dalle inondazioni che in futuro colpiranno la zona. Cosa che rende impossibile fare progetti per il futuro.

Sei giovani portoghesi contro 32 paesi europei

Infine c’è la più grande azione legale sul clima mai intrapresa finora. Da un lato, sei giovani portoghesi nati tra il 1999 e il 2012; dall’altro lato, ben 32 paesi europei, accusati di aver adottato politiche climatiche largamente inadeguate.

Oltre agli articoli 2 e 8 della Convenzione europea, questa azione legale chiama in causa anche l’articolo 14 sul divieto di discriminazione. In particolare, i ragazzi e le ragazze citano le ondate di calore, gli incendi boschivi e i fumi tossici emanati da questi ultimi. Affermando che questi fenomeni, esacerbati dal riscaldamento globale, li obblighino a modificare le proprie abitudini di vita (per esempio trascorrendo più tempo al chiuso). E, in ultima analisi, minaccino il loro benessere fisico e mentale. Il fatto che i ricorrenti siano giovani non è casuale, perché le nuove generazioni sono destinate a subire le conseguenze peggiori dei cambiamenti climatici, pur non avendo fatto quasi nulla per innescarli.

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