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Clima, 6 giovani portoghesi portano in tribunale 32 paesi europei per inazione
Il 27 settembre, 32 stati dovranno rispondere alla Corte di Strasburgo delle loro azioni sul clima. La sentenza potrebbe rappresentare una svolta legale.
Sei giovani portoghesi stanno per comparire davanti alla Corte europea per i diritti dell’uomo (Cedu) nel tentativo di costringere 32 paesi europei ad accelerare i propri impegni climatici e ridurre le proprie emissioni di CO2, in linea con quanto previsto dall’Accordo di Parigi. L’udienza si terrà il 27 settembre: si tratta della più ampia azione legale sul clima mai intrapresa fino a oggi.
I sei protagonisti hanno tra gli 11 e i 24 anni e sostengono di essere stati spinti ad agire dopo aver assistito agli incendi che hanno devastato la regione di Leiria, nella provincia portoghese di Beira, nel 2017: in quell’occasione, le fiamme hanno causato la morte di 66 persone, distruggendo più di 20mila ettari di foresta.
Sul clima, gli stati europei violano i diritti umani
Nell’estate 2023, la più calda di sempre, gli incendi hanno devastato Portogallo, Grecia, Spagna, Croazia e Italia. I giovani che hanno presentato la causa evidenzieranno ai giudici della Corte di Strasburgo che le politiche degli stati europei per affrontare il riscaldamento globale sono inadeguate, ma soprattutto che violano i diritti umani.
Se i giudici dovessero esprimersi a favore della richiesta giunta dai giovani portoghesi sull’inazione climatica dei governi europei, si tratterebbe di un traguardo storico non solo per i richiedenti ma anche per la giurisprudenza internazionale. Infatti, la sentenza della Corte costituirebbe un precedente che avrà un impatto diretto su tutti i paesi del Consiglio d’Europa.
È il primo caso in assoluto legato al clima presentato alla Cedu ed è il più grande dei tre processi sui cambiamenti climatici attualmente in corso.
“Non possiamo restare a guardare”
“Mai prima d’ora così tanti paesi insieme hanno dovuto difendersi davanti a un tribunale, in nessuna parte del mondo”, ha dichiarato Gearóid Ó Cuinn del Global legal action network (Glan), associazione di avvocati che sostiene i ragazzi. André dos Santos Oliveira, il portavoce di questa campagna, ha 15 anni e alla conferenza stampa di presentazione ha dichiarato: “I governi europei stanno fallendo e non ci stanno proteggendo. Tutta l’Europa sta vivendo tremendi impatti climatici: in Portogallo quest’estate abbiamo sperimentato ondate di caldo sempre peggiori. Che stanno limitando la nostra capacità di poter decidere della nostra vita in maniera libera”.
All’udienza del 27 settembre, gli avvocati di Glan dovranno portare delle prove a sostegno del fatto che le attuali politiche adottate dai 32 paesi denunciati stanno violando i diritti dei soggetti rappresentati: in particolare, sostengono gli avvocati, il mancato intervento sul clima da parte dei governi sta violando il diritto di salute dei giovani, rendendo difficile lo studio e negando loro la possibilità di condurre normali attività all’aperto.
“A luglio le temperature a Leiria hanno superato i 40 gradi”, ha sottolineato Catarina Mota, 23 anni, un’altra delle partecipanti alla causa. “È così difficile comprendere che questo è solo l’inizio della fine? I nostri esperti dicono che a 3 gradi ci saranno ondate di caldo ancora più estreme, che dureranno un mese o più. I governi di tutto il mondo hanno il potere di fermare tutto ciò ma invece hanno scelto di non fare la loro parte. Non possiamo restare a guardare”.
Per i paesi non può essere stabilita una relazione
Intanto, secondo gli avvocati di Glan, i paesi coinvolti (tutti i 27 stati membri dell’Unione europea, più Norvegia, Russia – che però non fa più parte della Cedu in seguito all’invasione dell’Ucraina – Svizzera, Regno Unito e Turchia) hanno già inviato i loro pareri alla Corte. In sostanza, i governi di questi paesi respingono ogni accusa e negano che i cambiamenti climatici costituiscano una minaccia per il benessere umano.
Tra questi c’è anche la Grecia, che nel 2023 ha subìto i peggiori incendi della sua storia, e ha scritto nero su bianco che “gli effetti dei cambiamenti climatici finora registrati non sembrano colpire direttamente la vita o la salute umana”. E che “non può essere stabilita una relazione di causa-effetto assoluta tra i cambiamenti climatici e problemi sulla salute umana: c’è grande incertezza sul bilancio finale della mortalità: se sia positivo o negativo”.
Similmente, il governo irlandese ha respinto l’argomentazione, sostenendo che non si può stabilire un rischio imminente o immediato per le vite di questi ragazzi. In ultimo, il governo portoghese ha dichiarato che la richiesta consiste solo in “paure future, costituenti solo mere ipotesi o probabilità generali”. A stabilire se le cose stanno effettivamente così, ci penserà ora la Corte di Strasburgo.
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