Le Anziane per il clima hanno vinto la causa contro la Svizzera presso la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu).
La Svizzera è ritenuta colpevole di non avere fatto abbastanza contro il riscaldamento globale, minacciando così i loro diritti umani.
La sentenza rappresenta un precedente che si applica a tutti i paesi europei.
Niente da fare, invece, per le altre due cause per inazione climatica: entrambe sono state dichiarate inammissibili dalla Cedu.
Le Anziane per il clima hanno ragione. La Svizzera non ha agito in modo abbastanza incisivo contro il riscaldamento globale e questo configura una violazione dei loro diritti umani. In particolare dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sul rispetto della vita privata e familiare. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu), con una storica sentenza emanata il 9 aprile, in cui ravvisa anche una violazione dell’articolo 6 sull’accesso alla giustizia.
Cosa dice la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo
A presentare il ricorso erano state quattro donne e un’associazione svizzera, Anziane per il clima appunto, composta da circa 2.300 over 65. La scelta di rappresentare proprio questa fascia di età è supportata da vari studi scientifici sui pericoli che le ondate di caldo comportano per la salute delle donne anziane.
Mentre le quattro ricorrenti individuali non hanno i requisiti per lo status di vittime ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, l’associazioneha diritto di rivalersi contro il proprio paese, per conto di tutti quei cittadini che ritengono che il clima possa minacciare i loro diritti umani.
In particolare, sostiene la Corte, l’articolo 8 della Convenzione contempla il diritto a essere tutelati dalle conseguenze negative che icambiamenti climaticicomportano per la vita, la salute, il benessere e la qualità della vita. La Svizzera è venuta meno a questo dovere di proteggere i suoi cittadini. In particolare, è stata carente sia nel quantificare le proprie emissioni di gas serra, sia nel rispettare i suoi stessi obiettivi di riduzione delle emissioni, sia nell’adottare e leggi e misure volte a mitigare i cambiamenti climatici.
— Greenpeace International (@Greenpeace) April 9, 2024
La vittoria delle Anziane per il clima è un precedente di portata storica
“La sentenza di oggi contro la Svizzera crea un precedente storico che si applica a tutti i paesi europei”, spiega Gerry Liston, avvocato del Global legal action network, la ong che si occupa del caso. Questa decisione, infatti, comporta per tutti gli stati europei l’obbligo di fissare obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra basati sulla scienza e allineati con l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali. “Si tratta di un’enorme vittoria per tutte le generazioni”, conclude.
Una vittoria che non era da dare per scontata. E che apre nuovi promettenti capitoli. “Se la Corte non avesse riconosciuto il mandato della Convenzione agli Stati di proteggere attivamente i cittadini dalle ripercussioni dei cambiamenti climatici, avrebbe potuto porre una barriera sostanziale alle future controversie, rappresentando un passo indietro in termini di evoluzione del diritto climatico”, aggiunge Catherine Higham del Grantham research institute on climate and the environment.
“Quanto accaduto oggi non si ferma a Strasburgo”, garantisce Louise Fournier, la consulente legale di Greenpeace International che ha supportato il team legale delle anziane per il clima. “Le storie delle KlimaSeniorinnen sono anche all’attenzione della Corte internazionale di giustizia, dove all’inizio del prossimo anno si terranno delle udienze sugli obblighi di giustizia climatica di tutti i governi”.
Niente da fare per le altre due cause per la giustizia climatica
Niente da fare, invece, per le altre due cause relative alla giustizia climatica sulle quali la Corte europea dei diritti dell’uomo si è espressa sempre il 9 aprile. Inammissibile il ricorso presentato da Damien Carême – ex-sindaco del comune di Grande-Synthe – per contestare allo stato francese di non avere abbattuto le emissioni di gas serra, esponendolo così a potenziali disastri climatici e compromettendo così il suo diritto alla vita e al rispetto della vita privata. Non avendo più una casa a Grande-Synthe e non abitando nemmeno più in Francia dopo essere stato eletto al Parlamento europeo, infatti, il ricorrente non gode dello status di vittima ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Inammissibile anche la più grande azione legale per il clima mai intrapresa finora, avviatada sei giovani portoghesi contro 32 stati europei. I ricorrenti sostenevano che le politiche per affrontare il riscaldamento globale fossero inadeguate, a tal punto da violare i loro diritti umani. La Corte, però, non considera soddisfatto il criterio di giurisdizione extraterritoriale sugli altri stati. E non può nemmeno esprimersi limitatamente al Portogallo, perché i giovani non si erano rivolti a un tribunale nazionale prima, pur avendo la possibilità di farlo. E il presupposto indispensabile per ricorrere alla Cedu è quello di avere già esaurito, “nello stato in questione, tutti i ricorsi suscettibili di porre rimedio alla situazione denunciata”.
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