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Ci sono 2.666 azioni legali per il clima in corso nel mondo, rivolte soprattutto ai governi, ma anche alle aziende. Un numero in crescita.
Come spingere i governi ad adottare piani di riduzione delle emissioni più coraggiosi? Come smascherare le aziende quando fanno greenwashing, o costringerle a pagare i danni quando hanno un impatto gigantesco in termini di emissioni? Sempre più spesso, per raggiungere simili risultati si tenta la strada delle azioni legali per il clima. Solo nel 2023, ne sono state avviate 233 in tutto il mondo. È quanto emerge dal nuovo report pubblicato dal Grantham research institute in collaborazione con il Sabin center for climate change law.
Attualmente, il database censisce 2.666 azioni legali per il clima depositate presso i tribunali di tutto il mondo. L’assoluta maggioranza, circa il 70 per cento, è stata avviata dopo l’adozione dell’Accordo di Parigi sul clima. 233 risalgono al 2023: un numero che aumenta ma più lentamente rispetto agli anni scorsi, a suggerire come i promotori abbiano preferito evitare di disperdere le energie.
Sempre il 2023 è l’anno delle prime cause climatiche intentate a Panama e in Portogallo. Per ora, più della metà delle azioni legali in essere riguarda gli Stati Uniti: ne sono state documentate 1.745 in tutto, di cui 129 depositate solo nel 2023. Seguono, ma molto a distanza, Regno Unito (139 cause di cui 24 avviate nel 2023), Brasile (82 cause di cui 10 nel 2023) e Germania (60 cause di cui 7 nel 2023).
Soltanto una sparuta minoranza delle azioni legali per il clima – circa il 5 per cento del totale – è stata portata dinnanzi a una corte internazionale. Ma queste iniziative, pur essendo numericamente poche, potrebbero avere conseguenze a cascata su molte altre. È il caso dello storico ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che le Anziane per il clima hanno vinto contro la Svizzera nell’aprile 2024 (dunque fuori dal perimetro indagato dal report).
Sempre nel 2023, nel 70 per cento dei casi sono stati individui e organizzazioni non governative ad avviare le azioni legali per il clima. Queste ultime sono indirizzate prevalentemente ai governi e solo in misura minore, nel 25 per cento dei casi, alle aziende.
A partire dal 2015, però, le aziende sono state coinvolte sempre di più. L’accusa che è stata loro rivolta più spesso è quella di climate washing, cioè di impegni per il clima che non corrispondono a iniziative reali: le cause di questo tipo sono state 140 dal 2015 in poi, di cui 47 depositate solo nel 2023. Tra quelle che si sono concluse, più di sette su dieci hanno dato ragione ai ricorrenti.
Tra i filoni più promettenti c’è anche quello ribattezzato “chi inquina paga”, che raccoglie cioè le azioni legali per il clima che provano a costringere le aziende a risarcire i danni alla collettività che hanno provocato emettendo enormi quantità di gas serra in atmosfera. Dal 2015 in poi ne sono state depositate 34, di cui cinque nel 2023. Tra di esse c’è anche la causa che il governo della California ha intentato contro cinque colossi petroliferi e l’American petroleum institute, accusandoli di aver mentito per decenni sui pericoli legati ai combustibili fossili.
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