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Dance Well, danzare con il Parkinson circondati dall’arte
Classi di danza in luoghi di grande rilievo artistico, pensate per i “Parkinson dancer” ma aperte a tutti. “Siamo danzatori in un museo, non pazienti in uno studio di fisioterapia”.
Si chiama Dance Well, ricerca e movimento per il Parkinson, è nata a Bassano del Grappa e l’abbiamo provata anche noi. Ci ritroviamo in una sala della splendida Accademia Carrara di Bergamo, la sinfonia di Mozart fa vibrare l’aria, gli sguardi penetranti dei soggetti del Caravaggio e di Giovan Battista Moroni ci seguono dalle pareti. Siamo un gruppo di persone di generazioni diverse che si incontra per la prima volta, pronto a danzare a piedi nudi in un museo, senza sapere bene come.
La spirale virtuosa dell’arte, accessibile a tutti e che induce benessere
“Lasciamoci ispirare dalle figure che in questi quadri stanno con naturalezza sulle nuvole”. Ci guida Giovanna Garzotto, danzatrice, coreografa e insegnante Dance Well. “Muoviamoci nello stesso modo, come se il nostro corpo fosse fatto di aria. Con gentilezza, perché ognuno di noi è l’esperto del proprio corpo e non c’è niente di giusto né di sbagliato”.
La danza inizia, nel rispetto delle norme di distanziamento non c’è contatto, ma ci si incontra con gli occhi, si ascolta con il gusto e si sente con la pelle. Non conta la precisione del movimento, conta il muoversi insieme, mentre ognuno di noi, parkinsoniano e non, abbraccia il proprio limite. Durante l’ora di lezione sentiamo il corpo, la mente e le emozioni allinearsi come pianeti, in un universo carico di bellezza e di storia.
La danza per uscire, muoversi e ritrovare la voglia di vivere
“Non mi ero mai avvicinato a nessun tipo di danza fino ad ora, nemmeno al ballo liscio”, racconta Amerigo Pugliese, ex manager di un grande gruppo industriale italiano, residente a Schio e affetto dal morbo di Parkinson. “Da tre anni ormai frequento le classi due volte alla settimana nel bellissimo Teatro Civico di Schio da poco ristrutturato e posso solo dire che i benefici sono davvero notevoli. Oltre a fare del prezioso esercizio fisico, questa opportunità ci aiuta a vivere in modo normale e, soprattutto, a vincere la tendenza a chiuderci in casa e a nasconderci. Purtroppo non esiste ancora una cura per il morbo di Parkinson. Questo significa che bisogna solo accettarlo, in modo quanto più possibile sereno, nonostante le enormi difficoltà”.
Danzatori in un museo e non malati in uno studio medico
Quando si vive un’esperienza piacevole in un contesto di rara bellezza, la malattia sfuma in secondo piano e cambia la percezione del sé: “Non siamo in un ospedale o in una palestra, l’atmosfera è completamente diversa, anche se sul piano fisico gli esercizi sono molto simili alla fisioterapia”, prosegue Pugliese. “Ad esempio, quando interpretiamo l’arcobaleno nel balletto di Giselle dobbiamo alzare il braccio; ma quanto lo si alza non conta, ma anche solo compiere il gesto per un parkinsoniano è importantissimo. Grazie alle classi miste poi, quello che vediamo in noi stessi e negli altri non è solo la malattia”.
Il potere della danza per esprimere le emozioni
Lavorare con il corpo significa anche far emergere le emozioni senza condizionamenti; stati d’animo profondi, inconsapevoli o inespressi. “Dance Well è una forma di espressione di stati emotivi, come la colpa, la dipendenza, l’abbandono, così opprimenti e violenti da non poter essere esternati verbalmente, ma vengono portati a galla attraverso il movimento ed è un atto liberatorio”, continua Pugliese. “A volte poi, il parkinsoniano avverte il bisogno di prendere coscienza di un’emozione che è alla base dei suoi blocchi ma di cui non è perfettamente a conoscenza”.
Stimoli diversi per creare nuove connessioni neuronali
Da diversi anni ormai anche le ricerche neurologiche hanno confermato che ballare fa bene e attiva parti del cervello altrimenti difficili da stimolare, con effetti a volte sorprendenti.
“A Palazzo Strozzi ho vissuto un’emozione unica”, ricorda ancora Pugliese. “Nel gruppo c’era un uomo che da quattro anni ormai si muoveva solo con le stampelle. Era la sua prima esperienza di Dance Well. Ad un certo punto, mentre danzava, ha abbandonato i sostegni e in modo spontaneo ha iniziato a muoversi con equilibrio e coordinazione. È stato commuovente; anche la moglie che lo accompagnava era incredula. Alla fine della lezione ha chiamato il neurologo per raccontargli l’accaduto e la risposta è stata che, dato che il Parkinson è una malattia che colpisce i neurotrasmettitori, probabilmente la danza aveva riattivato delle connessioni che erano state compromesse”.
Cosa significa diventare insegnante di Dance Well
“Io insegno questa pratica perché professionalmente è una bomba”, i spiega l’insegnante Giovanna Garzotto. “Ti apre la mente, ti obbliga a cercare strade sempre nuove perché ogni classe è diversa dall’altra e le variabili durante il percorso sono davvero tante. Condurre un gruppo Dance Well significa ogni volta fare proposte fruibili e piacevoli per ogni danzatore del gruppo. Mettiamo in atto strategie focalizzate su alcuni sintomi specifici del Parkinson che in verità già si applicano in qualsiasi classe di danza per principianti; il luogo artistico poi è determinante”.
Un progetto artistico in continua espansione, da Bassano del Grappa a Tokyo
Dance Well è un pratica artistica dalle caratteristiche uniche nata nel 2013 nel Centro per la scena contemporanea (Csc) di Bassano del Grappa ed esportata poi in diverse città, sia in Italia che all’estero. È arrivata per la prima volta a Bergamo, grazie a Orlando, il festival di rilevante spessore artistico e culturale che per qualche giorno, ha fatto rifiorire la città dopo il buio pesto del lockdown.
Dovremmo tutti uscire a danzare, perché ne abbiamo bisogno, ora più che mai
“Da Bassano, questo progetto ha messo radici anche a Torino, Schio, Firenze grazie all’interessamento di Palazzo Strozzi e altre città italiane, ma è arrivata anche in Giappone e speriamo di portarla presto stabilmente a Bergamo”, commenta Giovanna Garzotto. “Esistono poi nel mondo diverse pratiche di danza rivolte ai malati di Parkinson con cui siamo costantemente in dialogo”.
Una pratica artistica inclusiva e coraggiosa
“Dance Well non è un metodo in senso stretto perché ogni insegnante ha il proprio stile“, precisa Garzotto. “Vengono però applicati criteri che sono fondanti, come il luogo, la gratuità, il gruppo misto e un team a sostegno del progetto. Negli anni abbiamo anche coinvolto gli studenti delle scuole superiori e anche la comunità dei richiedenti asilo, due di loro sono anche diventati insegnanti. Da alcuni anni poi, il Festival Operaestate di Bassano ha scelto di commissionare un lavoro per i danzatori Dance Well; l’impegno è significativo, con settimane di prove e diverse repliche da sostenere, ma sono stati i danzatori stessi a dimostrarci in più occasioni di voler andare in scena e di assolutamente pronti per farlo. Quello che credo è che dovremmo tutti uscire a danzare, perché ne abbiamo bisogno, ora più che mai.
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