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Un accordo che vieta la pesca commerciale nel mar Glaciale artico per i prossimi sedici anni è stato raggiunto dall’Unione europea, dagli Stati Uniti e da altre sette nazioni. In questo periodo verranno effettuate delle ricerche scientifiche nella zona.
La pesca commerciale nel mar Glaciale artico è stata vietata per i prossimi sedici anni. In questo modo sarà possibile svolgere ricerche più approfondite sull’ecosistema locale e sulle specie che vi abitano, per capire da cosa sono minacciate e quali potrebbero essere allevate in modo sostenibile. È l’accordo che hanno raggiunto Unione europea, Stati Uniti, Canada, Cina, Islanda, Giappone, Corea del Sud, Norvegia, Russia e le isole danesi di Groenlandia e isole Faroe dopo un incontro tenutosi a Washington (Stati Uniti) dal 28 al 30 novembre 2017.
L’accordo verrà firmato dai singoli paesi dopo essere stato revisionato e tradotto nelle diverse lingue e intende proteggere un’area di 2,8 milioni di chilometri quadrati che corrisponde più o meno all’estensione del mar Mediterraneo. Questa zone non è mai stata interessata dalla pesca commerciale a causa della sua inaccessibilità, ma il riscaldamento globale e il conseguente scioglimento dei ghiacci stanno creando le condizioni perché la situazione possa cambiare. La superficie d’acqua disponibile, infatti, aumenta sempre di più e d’estate lo strato di ghiaccio è più sottile, il che consente una maggiore penetrazione dei raggi solari. Questo porta a una maggiore proliferazione di plancton, l’insieme degli organismi acquatici che è alla base della catena alimentare marina.
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Le acque del mar Glaciale artico sono internazionali, perciò senza un accordo che stabilisca delle limitazioni la pesca sarebbe del tutto sregolata. “Le delegazioni hanno compreso l’utilità di aspettare finché non ci saranno sufficienti dati scientifici a disposizione, e un piano di gestione della zona”, ha dichiarato David Balton, presidente dei negoziati.
Anche l’associazione ambientalista Ocean conservancy ha accolto la notizia con piacere, sottolineando l’unicità di un provvedimento in cui la scienza è stata messa al primo posto. L’accordo resterà in vigore per sedici anni e sarà poi rinnovato ogni cinque, a meno che una nazione non si ritiri e finché i dati raccolti non saranno sufficienti.
Il ministro della Pesca e degli Oceani canadese, Dominic LeBlanc, ha assicurato che nelle negoziazioni sono stati incluse anche organizzazioni indigene, tra cui il Consiglio circumpolare degli inuit, e che il testo finale riconosce il loro valore nel processo decisionale e la necessità del loro coinvolgimento nella realizzazione del progetto.
Sicuramente dietro all’impegno delle nazioni che firmeranno l’accordo si nascondono anche scopi commerciali, ma questo non toglie che si tratti di un passo importante in favore della protezione dell’Artico e delle sue specie, e di un occasione per studiarle in modo più approfondito in modo da provvedere alla loro conservazione.
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