Edvard Munch: l’esistenza ferita

L’opera artistica di Munch pu

Edvard Munch (1863 – 1944), amico di Ibsen, Strindberg,
Mallarmé, influenzato dall’Impressionismo e poi
profondamente colpito da Van Gogh e Gauguin, può essere
considerato l’anticipatore dell’Espressionismo: la grande corrente
artistica germinata nei primi decenni del XX secolo, che tanta
risonanza ebbe nell’arte figurativa europea.

La sua produzione artistica si inserisce con straordinaria forza in
quell’ Europa, tra fine Ottocento e primo Novecento, caratterizzata
da profonde accelerazioni tecnologiche ma anche dall’emergere della
società di massa: disagio esistenziale, esistenza anonima e
impersonale, crisi della razionalità, scoperta
dell’inconscio con tutta la sua carica creativa, ma anche
rivelatrice della malattia moderna: l’angoscia.

La pittura di Munch vuole scavare nel “sottoscala” dell’uomo, nel
profondo, per rappresentare il male di vivere: l’impotenza di
fronte all’angoscia, alla morte, alla desolazione esistenziale.

Valgano, per tutti, come esempi – oltre, naturalmente, al celebre
Urlo o Grido -:1) Ansietà (1894), con i suoi colori
violenti, il nero dei vestiti, gli sguardi spettrali, gravidi di
angoscia di fronte alle ferite dell’esistenza.
2) La tempesta(1893), dove sconvolgimento atmosferico, travaglio
interiore, esplosione dell’anima si coniugano drammaticamente nella
disperazione.

Ancora una volta il portarsi le mani alle orecchie – vedi anche Il
grido e La madre morta e la bambina – viene a testimoniare quanto
l’urlo che sale disperato da dentro sia più lancinante e
sconvolgente di tutto ciò che proviene dall’esterno.

Fabio Gabrielli

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