Si chiamava Saly, aveva cinque anni. Nello scatto vincitore del World press photo 2024, il concorso di fotogiornalismo più importante al mondo, non si vede un centimetro del suo corpo senza vita. E non si vede nemmeno il volto della zia, Ines Abu Maamar, che lo stringe forte a sé. Mohammad Salem, fotografo dell’agenzia Reuters,
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Una montagna di rifiuti alta 60 metri è crollata nel cuore della notte seppellendo le 70 baracche che si trovavano alle sue pendici e i minatori che ci dormivano dentro, nello stato di Kachin, nel nord della Birmania. La frana della miniera di giada, avvenuta il 21 novembre, ha causato almeno 113 morti. Sebbene ancora
Una montagna di rifiuti alta 60 metri è crollata nel cuore della notte seppellendo le 70 baracche che si trovavano alle sue pendici e i minatori che ci dormivano dentro, nello stato di Kachin, nel nord della Birmania. La frana della miniera di giada, avvenuta il 21 novembre, ha causato almeno 113 morti. Sebbene ancora 100 persone siano state date per disperse, il 25 novembre la polizia ha annunciato il termine delle operazioni di salvataggio e di ricerca dei corpi.
La maggior parte delle vittime della strage sono raccoglitori itineranti di giada e i loro familiari che abitavano in baracche precarie e trascorrevano ore e ore a rovistare sulle pile di scarti dell’attività mineraria alla ricerca di frammenti della pietra preziosa. Zaw Zaw Aung, un minatore di 29 anni, ha raccontato al quotidiano birmano Irrawaddy di aver passato giorni a cercare i propri genitori sotto le macerie, ma di aver trovato nient’altro che pezzi della propria casa. Come lui, molti altri familiari delle vittime hanno ricevuto un risarcimento di 600mila Kyats (450 euro) dal governo di Kachin. Secondo quanto riportato dall’Irrawaddy, questa somma irrisoria è una spia del fatto che solo una minima parte del profitto multimiliardario dell’industria estrattiva va a finire nelle tasche dello stato di Kachin. Inoltre, le due aziende minerarie che hanno creato le montagne crollate non hanno offerto risarcimenti ai familiari delle vittime.
La frana della miniera di giada è stata la più devastante negli ultimi dieci anni di storia della Birmania, a sottolineare le precarie condizioni lavorative dei minatori di Kachin. Già in passato decine di raccoglitori di giada sono morti o sono rimasti mutilati in circostanze simili.
Per il settore minerario del paese è ora un periodo buio. Secondo un rapporto documentato dal fotografo birmano Minzayar e pubblicato dalla Global Witness che promuove la trasparenza nell’industria estrattiva, nel 2014 il commercio di giada valeva 31 milioni di dollari, pari al 48 per cento del prodotto interno lordo del paese. Dopo aver scavato tra le poche informazioni disponibili riguardanti questi affari riservati, l’organizzazione anticorruzione ha rivelato che gran parte del ricavato va ai comandanti militari e ai loro alleati. Invece, la gente di Kachin, che è in conflitto con il governo birmano e l’esercito indipendentista dello stato, è sconvolta dal fatto che “i loro mezzi di sostentamento stanno scomparendo e il loro paesaggio viene distrutto dalla crescente corsa al bene più prezioso che hanno”, la giada.
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