Francia, il clima minaccia una stazione sciistica a oltre duemila metri

La stazione sciistica dell’Alpe du Grand Serre, in Francia, è riuscita a non chiudere quest’anno solo grazie a una raccolta fondi.

La stazione sciistica dell’Alpe du Grand Serre, in Francia, da decenni è una delle più frequentate dai 450mila abitanti dei 49 comuni che compongono la “métropole” di Grenoble, ai piedi delle Alpi occidentali. Situata sul comune di La Morte, si trova alle porte dei massicci montuosi dell’Oisans, le cui vette sfiorano i quattromila metri.

L’Alpe du Grand Serre, un comprensorio che ha vissuto stagioni d’oro

Proprio la vicinanza di una città di medio-grandi dimensioni ha permesso al comprensorio – che anche d’estate è una delle mete privilegiate dai grenoblesi – di svilupparsi nel corso del tempo. Non si tratta di una delle mega-stazioni che caratterizzano alcune valli alpine francesi, ma è perfetta per le famiglie, per i bambini e per chi vuole imparare a sciare. Si può contare infatti su 220 ettari di piste e su 14 impianti di risalita tra sciovie e seggiovie, tra i 1.370  e i 2.180 metri di altitudine.

Tuttavia, come accade spesso per i comprensori sciistici le cui stazioni a valle sono situate al di sotto dei 1.500 metri, dal punto di vista climatico la situazione appare sempre più difficile. Le stagioni, negli ultimi anni, si sono accorciate fortemente. L’innevamento è diminuito. E l’equilibrio finanziario ne ha inevitabilmente risentito.

A settembre l’annuncio della chiusura

Per questo, nello scorso mese di settembre, le autorità locali avevano deciso di non concedere più sovvenzioni agli impianti di risalita. Dopo aver sborsato 2,8 milioni di euro per sostenere il comprensorio, e tentare di farlo funzionare anche d’estate per le mountain bike e gli appassionati di trekking, i poteri pubblici avevano deciso di arrendersi: impossibile andare avanti. Così, è stata annunciata la chiusura.

Un colpo durissimo per chi viveva grazie agli sport invernali, a cominciare dagli esercenti. Tuttavia, non era detta l’ultima parola. Un collettivo di cittadini si è infatti mobilitato, anche grazie alla partecipazione del Comune, ed è riuscito a raccogliere 300mila euro. Quanto è bastato per assicurare l’apertura durante la stagione 2024-2025.

La solidarietà ha permesso di sopravvivere un altro anno

La solidarietà si è mostrata forte non soltanto dal punto di vista dei fondi: durante le vacanze di Natale, migliaia di persone hanno scelto l’Alpe du Grand Serre proprio per cercare si sostenerla. Ben 16.852 sciatori hanno acquistato uno skipass: un dato in crescita del 30 per cento rispetto alle stagioni precedenti.

Sciatori sulle piste dell'Alpe du Grand Serre, in Francia
Sciatori sulle piste dell’Alpe du Grand Serre, in Francia © Olivier Chassignole/Afp/Getty Images

Allo stesso modo, le strutture alberghiere e ricettive sono risultate occupate al 90 per cento della loro capacità. “Era da tempo che la stagione non cominciava così bene”, ha commentato con soddisfazione il sindaco di La Morte Raymond Maslo, che spera ciò possa fornire uno slancio anche per i prossimi inverni: “Non ci arrenderemo”.

La vicenda della stazione sciistica insegna che non si può più aspettare

In questi giorni la stazione è aperta. Per l’anno prossimo si vedrà, nessuno può fare previsioni allo stato attuale. Ma l’insegnamento che occorre trarre dalla vicenda dell’Alpe du Grand Serre – così come di centinaia di altri comprensori sciistici – è che non si può più aspettare. La sopravvivenza del turismo in queste zone non può essere legata unicamente alla solidarietà della popolazione locale: occorrono piani di transizione e adattamento ai cambiamenti climatici. Numerosi studi indicano infatti che l’aumento della temperatura media globale renderà inesorabilmente difficile continuare a puntare su un business che via via si ridurrà a poche settimane all’anno.

Uno studio pubblicato nel 2023 sulla rivista scientifica Nature Climate Change ha mostrato i risultati dell’analisi di 2.234 stazioni sciistiche presenti in 28 nazioni europee. Rivelando che “in caso di riscaldamento climatico compreso tra 2 e 4 gradi centigradi, rispetto ai livelli pre-industriali, senza innevamento artificiale fino al 98 per cento dei siti sarà esposto ad episodi di mancanza estrema di neve.

In Svizzera isoterma zero invernale salito da 600 a 850 metri in 50 anni

Un’altra analisi, circoscritta alla Svizzera, ha indicato che i ghiacciai alpini hanno già perso circa il 60 per cento del loro volume dal 1850 ad oggi. Inoltre, durante gli inverni l’isoterma zero è salito in media a 850 metri di altitudine, rispetto ai 600 metri di 50 anni fa. E, di qui al 2060, si prevede raggiunga i 1.300-1.500 metri.

Per le stazioni sciistiche e gli sport invernali, dunque, serve un ripensamento profondo. Pena trovarsi improvvisamente privati di sovvenzioni, fonti di reddito, clientela. Soprattutto per le infrastrutture di media montagna l’adattamento alla crisi climatica va attuato il più possibile in anticipo.

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