Paolo Gentiloni: “A Dacca strage dell’Isis, i musulmani moderati ci aiutino”

Aveva stupito un po’ tutti il fatto che fossero istruiti e benestanti, i giovani bengalesi che hanno perpetrato il massacro nel bar di Dacca in cui hanno perso la vita 20 persone, di cui nove cittadini italiani e sette giapponesi. Eppure ora è confermato: anche se gli attentatori sono risultati essere affiliati a un gruppo

Aveva stupito un po’ tutti il fatto che fossero istruiti e benestanti, i giovani bengalesi che hanno perpetrato il massacro nel bar di Dacca in cui hanno perso la vita 20 persone, di cui nove cittadini italiani e sette giapponesi. Eppure ora è confermato: anche se gli attentatori sono risultati essere affiliati a un gruppo locale di terroristi, dietro l’attacco risulta esserci comunque la mano dello Stato Islamico. A comunicarlo in Parlamento è stato il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni: “Le rivendicazioni effettuate dal Daesh – come lo chiama sempre il ministro per evitare di riconoscere i terroristi come ‘Stato’ – sono risultate credibili, secondo il lavoro dei nostri servizi e dopo esserci confrontati con le forze di intelligence di altri paesi”.

Il ministro Gentiloni, insieme al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, all'aeroporto di Ciampino per il rientro delle salme © Getty
Il ministro Gentiloni, insieme al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, all’aeroporto di Ciampino per il rientro delle salme © Getty

Rivedere la sociologia del terrorismo islamico

Gentiloni, in Senato, ha ricostruito puntualmente quella che definisce “la lunga notte di agonia” di venerdì 1 luglio in cui hanno perso la vita, tra gli altri, Nadia Benedetti, Cristian Rossi, Marco Tondat, Claudio Cappelli, Vincenzo D’Allestro, Simona Monti, Maria Riboli, Claudia D’Antona e Adele Puglisi: presi in ostaggio, interrogati sul Corano, uccisi a colpi di arma da fuoco e di machete prima e durante il blitz dei militari all’Holey Artisan Bakery. Ma il ministro si sofferma proprio su quel dato, l’estrazione sociale dei carnefici, che scardina il pregiudizio occidentale sul terrorista-tipo, spesso visto come un povero, un reietto, un disperato: “Erano giovani di buona famiglia, a volte anche membri dell’establishment: questo smentisce, ancora una volta, facili analisi sociologiche sul terrorismo islamico”.

L’attrazione simbolica dello Stato islamico

E allora, qual è l’elemento che consente al terrorismo islamico di continuare a reclutare giovani disposti a sacrificare la propria vita al fondamentalismo? Secondo il ministro, c’è una sorta di fascinazione, mediatica e simbolica, che esercita lo Stato islamico verso una fetta di giovani musulmani, che si intravede anche nella recrudescenza degli ultimi attentati, da Dacca a Baghdad, dove invece domenica 3 luglio sono morte oltre 200 persone. Tutto ciò non finirà finché le milizie islamiche non saranno definitivamente battute: “Si dice che questi attentati siano la risposta alla perdita di terreno di Daesh nei territori di guerra. Io dico che solo la mobilitazione internazionale può cancellare l’attrazione simbolica che oggi è il motore principale che muove questi attentati”. Insomma: più l’Isis continua a perdere e battere in ritirata in Iraq, in Siria, in Libia, più c’è da aspettarsi nuovi colpi di coda, ma arrivare fino in fondo è l’unica soluzione.

A Roma, la comunità bengalese ha manifestato le proprie condoglianze per le vittime italiane di Dacca @ Getty
A Roma, la comunità bengalese ha manifestato le proprie condoglianze per le vittime italiane di Dacca @ Getty

In questa battaglia l’Italia si appella anche ai Paesi arabi e islamici moderati, e nel farlo Gentiloni si affida alle parole di re Abd Allah II di Giordania (“tocca a noi islamici, noi fedeli, battere questi infedeli”). “Noi dobbiamo offrire solidarietà agli Stati moderati, che rimangono i più colpiti dal terrorismo – è la chiosa di Gentiloni – ma anche chiedere lo un impegno forte. E chiedo anche ai musulmani che sono da noi di aiutarci, perché una loro presa di posizione sarà fondamentale nel contrasto al radicalismo”.

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