Cosa succede in Georgia, dove le manifestazioni antigovernative vengono represse

Migliaia di persone manifestano a Tbilisi da settimane contro la legge “russa” per reprimere il dissenso, con cui la Georgia potrebbe giocarsi l’ingresso nell’Unione europea.

La Georgia è al bivio. Da un lato c’è la strada che conduce verso l’Unione europea. Dall’altro, un cammino che farebbe scivolare questo piccolo Paese del Caucaso di 3,6 milioni di abitanti, ex repubblica sovietica, di nuovo sotto l’orbita della Russia. Il popolo lo sa e per questo da oltre tre settimane migliaia di persone protestano a Tbilisi per difendere i valori democratici e fermare l’approvazione di un controverso progetto di legge, molto simile a una normativa già in vigore in Russia, che causerebbe una forte battuta d’arresto nel progetto di adesione all’Unione europea. 

Il primo maggio, nonostante le implacabili manifestazioni, il disegno di legge sulla “trasparenza dell’influenza estera” messo a punto dal partito di maggioranza Sogno georgiano e che introdurrebbe la classificazione di “agenti stranieri”, è stato approvato anche in seconda lettura con 83 voti favorevoli e 23 contrari. 

Ora manca solo l’ultimo passaggio e la firma della presidente Salomé Zourabichvili. E anche se i piani del partito al governo sembrano avere la meglio sulla volontà del popolo, la partita è ancora aperta: la piazza sembra intenzionata a opporsi fino all’ultimo.

Cosa prevede la “legge russa”

La tanto osteggiata legge sulla “trasparenza dell’influenza straniera” (ribattezzata “legge russa” per via della sua somiglianza con una normativa già in vigore nella Federazione dal 2012) prevede che i media e le organizzazioni non commerciali che ricevono più del venti per cento dei loro finanziamenti dall’estero siano tenuti a registrarsi in un apposito elenco degli “agenti stranieri”. Secondo i più critici, con questo provvedimento i media e le ong, soprattutto quelle che si battono per i diritti umani, rischierebbero di subire controlli specifici e possibili limitazioni dei finanziamenti.

Secondo il partito al governo, invece, la normativa garantirebbe la trasparenza delle attività finanziarie delle organizzazioni che operano nel Paese.

Le proteste per le strade di Tbilisi

Donne, studenti, bambini. Giovani famiglie con i passeggini e tanti anziani. La piazza e le strade di Tbilisi letteralmente straripano di persone, che bloccano il traffico sventolando la bandiera dell’Unione europea e quella della Georgia. Si prendono per mano e ballano in cerchio. Cantano l’Inno alla gioia, l’inno dell’Unione europea, e alzano cartelli con scritto “No alla legge russa”. Tra loro ci sono anche diverse persone che in quella stessa piazza marciarono anche trentacinque anni fa per chiedere l’indipendenza dall’Unione sovietica: quella manifestazione fu repressa nel sangue, morirono più di venti persone (soprattutto donne) e in ospedale finirono più di un centinaio di feriti. Era la primavera del 1989 e la Georgia dovette attendere altri due anni prima di raggiungere l’indipendenza

Anche oggi le manifestazioni stanno prendendo una piega sempre più violenta: dopo alcune settimane di proteste pacifiche, la polizia ha iniziato a usare idranti e gas lacrimogeni, spray al peperoncino e proiettili di gomma. Almeno sessantatré persone sono state arrestate e il presidente del Movimento nazionale unito, il principale partito di opposizione, Levan Khabeishvili, è stato violentemente picchiato dalle forze antisommossa e si è presentato poi in parlamento con il naso rotto. 

Il Financial Times ha scritto di decine di persone, perlopiù giovani donne, che hanno abbandonato il corteo in lacrime e tremanti, con i volti arrossati dai gas lacrimogeni. Decine di persone sono state soccorse, diversi giornalisti malmenati, anche con i manganelli, e l’emittente pubblica georgiana ha fatto sapere che quindici persone sono state ricoverate in ospedale proprio a causa delle proteste degli ultimi giorni. Tra loro ci sarebbero anche alcuni membri delle forze dell’ordine.

Le condanne alla violenza usata dagli agenti sono arrivate da più parti. Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri, ha definito “inaccettabile” l’uso della forza contro le persone che “stavano manifestando pacificamente”.

La presidente del Paese, la filoeuropea Salomé Zourabichvili, diplomatica francese naturalizzata georgiana, ha accusato il governo di avere la “piena responsabilità” di quanto sta accadendo e ha parlato di un “uso della forza totalmente ingiustificato, non provocato e sproporzionato”.

Il Ministero dell’interno invece ha assicurato che la polizia avrebbe usato la forza “legittimamente” in quanto la manifestazione stava diventando violenta.

Un disegno di legge che divide

È un fantasma che ritorna, l’ombra di questa legge: proposta già l’anno scorso e respinta proprio a causa delle proteste, la bozza è riapparsa di nuovo sul tavolo dei parlamentari, spinta dal partito di maggioranza Sogno georgiano, fondato dall’oligarca Bidzina Ivanishvili, l’uomo più ricco della Georgia (con un patrimonio stimato di 4,9 miliardi di dollari), che avrebbe fatto i soldi in Russia con i metalli e le banche.

Questo disegno di legge divide perché, secondo l’opposizione, ricalca pienamente una normativa già in vigore in Russia e che viene usata dal Cremlino per reprimere la stampa indipendente e le ong che difendono i diritti umani e l’uguaglianza per le persone lgbtqia+

Al di là delle speculazioni, che vedono la mano di Mosca protesa su un Paese da secoli soggetto all’influenza russa, il rischio che l’adozione di questa normativa possa causare un’improvvisa inversione di marcia nel progetto di adesione all’Unione europea è reale: funzionari europei e statunitensi hanno criticato con forza il disegno di legge, sostenendo che “mina l’impegno della Georgia verso l’integrazione euro-atlantica e rischia di allontanare il Paese dal suo percorso europeo”.

“La Georgia è a un bivio, ha twittato la presidente della Commissione europea Ursula von Der Leyen. Deve mantenere la rotta verso l’Europa”. 

In altre parole: se passa la “legge russa”, la porta dell’Europa si chiude

La contromanifestazione

Nel tentativo di dimostrare che non tutto il popolo è contrario, ma che c’è anche chi sostiene questo progetto di legge difeso a spada tratta dal partito di maggioranza Sogno georgiano, il 29 aprile è stata organizzata una contromanifestazione a Tbilisi in risposta alle proteste antigovernative che nel frattempo si sono allargate anche alle altre principali città del Paese, come Batumi.

La manifestazione, denominata “Assemblea universale del popolo. Patria, lingua, fede!”, ha coinvolto migliaia di persone, provenienti perlopiù dalle regioni e portate nella capitale con dei bus organizzati.

Secondo la stampa locale e i giornalisti stranieri, si tratterebbe soprattutto di impiegati statali costretti a partecipare o convinti dietro compenso. Pochi e svogliati i cori. Nessun fermento sincero. Secondo i testimoni, è evidente che la gente fosse lì senza troppa convinzione, ma i discorsi pronunciati per strada facevano riferimento alla difesa della cultura georgiana e dei valori tradizionali.

Mzia, una donna che era stata trasportata al raduno in autobus dalla città di Zestaponi, a 188 km da Tbilisi, ha detto alla Reuters: “Sono davvero curiosa di sapere per cosa ricevono i fondi queste Ong. Chi le finanzia e perché?”.

Un altro manifestante, Dachi Danelishvili, 31 anni, ha invece suggerito che il governo stia usando “vecchie tecniche sovietiche” per coinvolgere i suoi sostenitori. “Onestamente, mi dispiace per loro perché sono davvero costretti”, ha detto, riferendosi ai partecipanti della manifestazione filogovernativa.

Proteste in Georgia
Le proteste nel centro di Tbilisi, in Georgia, contro la legge sugli agenti stranieri © Vano Shlamov/Afp via Getty Images

Le contraddizioni 

Poche ore dopo l’approvazione in seconda lettura del disegno di legge, in una sua rara apparizione alla folla, l’influente miliardario Bidzina Ivanishvili, fondatore del partito di maggioranza Sogno georgiano, è salito sul palco proprio in occasione della manifestazione filogovernativa. In un lungo discorso cospirativo e anti-occidentale, che a molti ha fatto venire in mente la propaganda russa, Ivanishvili ha detto che la Georgia e l’Ucraina sono state trattate dai Paesi occidentali come “carne da macello”, accusando poi le agenzie di intelligence straniere di interferire nella politica del Paese.

Secondo Ivanishvili, che è stato primo ministro della Georgia dal 2012 al 2013 e occupa tuttora un ruolo molto influente all’interno del partito, i Paesi occidentali sarebbero controllati da una cospirazione globale segreta a cui il governo georgiano starebbe opponendo resistenza. Ivanishvili ha quindi puntato il dito contro quello che lui ha definito il “partito globale della guerra”, responsabile del conflitto del 2008 tra la Russia e la Georgia e dell’invasione russa dell’Ucraina. L’oligarca ha quindi affermato che “i finanziamenti alle Ong, che si presentano per noi come un aiuto, servono in realtà a rafforzare le agenzie di intelligence (straniere) e a portarle al potere”. Praticamente, una cospirazione dell’Occidente e dell’opposizione per rovesciare l’attuale governo con una rivoluzione e destabilizzare il Paese

Ovviamente molti analisti hanno già iniziato a tracciare dei parallelismi tra l’oligarca georgiano Ivanishvili e l’ex presidente ucraino filo-russo Viktor Yanukovich, cacciato dalle rivolte di piazza Maidan nel 2014, dopo aver tradito la sua promessa di riavvicinamento all’Ue.

“Con il suo discorso di lunedì, Ivanishvili ha di fatto cambiato la rotta della politica estera della Georgia. Non si è capito bene in che direzione la stia portando, ma è evidente che sta voltando le spalle all’Occidente e all’Unione europea”, ha commentato la giornalista Marta Ardashelia di Sova.news. 

Nonostante la retorica anti-occidentale, Ivanishvili ha comunque ribadito l’intenzione della Georgia di entrare nell’Ue. “Vi prometto che supereremo tutte le avversità, rafforzeremo la nostra sovranità, manterremo la pace, rilanceremo l’economia georgiana e diventeremo parte dell’Ue nel 2030”, ha detto Ivanishvili, in un discorso non privo di contraddizioni.

Anche la Georgia, d’altronde, si prepara ad andare alle urne: in autunno ci saranno sia le presidenziali che le parlamentari, e considerando che circa l’ottanta per cento della popolazione è favorevole all’integrazione nell’Ue, giocare dichiaratamente la carta del “no all’Europa” vorrebbe dire mandare in fumo migliaia di voti.

Ragazzi protestano in Georgia
Nonostante la retorica anti-occidentale, Ivanishvili ha comunque ribadito l’intenzione della Georgia di entrare nell’Ue © Nicolo Vincenzo Malvestuto/Getty Images

Cosa accadrà adesso

Si dovranno attendere altre due settimane per la discussione in terza lettura del progetto di legge. Fino a quel momento, ci si aspetta che i manifestanti continueranno a far sentire la loro voce e a paralizzare le strade della capitale, soprattutto il 9 maggio, nella Giornata dell’Europa.

Anche se la presidente Salomé Zourabichvili ha già annunciato di non voler firmare la legge, la normativa georgiana permette comunque al Parlamento di superare il veto presidenziale raccogliendo una maggioranza qualificata di 76 voti, di cui l’attuale coalizione di governo dispone.

“Questa legge è molto simile a quella adottata qualche anno fa dalla Russia e che è diventata uno strumento per reprimere l’intera opposizione, ha commentato l’europarlamentare Andrius Kubilius, ex primo ministro della Lituania. I tentativi da parte del partito di governo di mettere i bastoni tra le ruote alla Georgia nel suo cammino verso l’integrazione europea sono evidenti. E noi diciamo molto chiaramente che con questa politica la Georgia non diventerà mai un membro dell’Ue. Attualmente il Paese si trova a un bivio: o decide di proseguire sulla stessa strada dell’Ucraina e della Moldova, oppure non farà alcun passo in avanti”.

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