Come la censura russa continua a colpire la cultura

Due degli scrittori russi contemporanei più famosi in patria e all’estero sono di nuovo nel mirino delle autorità russe.

Il 14 luglio 2025 lo scrittore bestseller Boris Akunin, uno degli autori russi più tradotti in Italia, è stato condannato in contumacia da un tribunale di Mosca a 14 anni di reclusione in una colonia penale di massima sicurezza. È ritenuto colpevole di favoreggiamento dell’attività terroristica, giustificazione del terrorismo e mancato rispetto degli obblighi di “agente straniero”.

Parallelamente, lo scrittore e giornalista Dmitrij Bykov è stato inserito nella lista dei ricercati dopo che ad aprile era stato avviato nei suoi confronti un procedimento penale in contumacia per diffusione di “fake news” sull’esercito russo e per violazione dei requisiti imposti ai soggetti iscritti nel registro degli “agenti stranieri”.

I casi di Akunin e Bykov sono solo gli ultimi di una serie di episodi di censura e accanimento che, dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, hanno colpito diversi esponenti del mondo della cultura, su entrambi i lati della nuova cortina di ferro.

Un processo senza imputato

Boris Akunin, – all’anagrafe Grigorij Chkhartishvili, nome che rivela le sue origini georgiane – è una delle voci più critiche nei confronti dell’intervento militare russo in Ucraina.

Nel febbraio 2024 su Telegram aveva scritto: “Ora sono a favore della rivoluzione, perché non c’è altro modo per liberarsi della dittatura. Elezioni non ce ne sono e non ce ne saranno, il regime uccide gli oppositori o li fa marcire in prigione”.

Sì, la rivoluzione è un’esplosione. Ma nella storia esistono tali macerie che non si possono sgomberare se non con un’esplosione.

Boris Akunin

Questo è uno dei contenuti incriminati. Ma non è l’unico. Ad aver attirato l’attenzione delle autorità russe c’è anche la conversazione telefonica che Akunin ebbe alla fine del 2023 con i due comici russi Vovan e Lexus, gli stessi che più o meno nello stesso periodo avevano teso una trappola telefonica anche alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, spacciandosi per un politico africano e spingendola a parlare della necessità di una “via d’uscita” dalla guerra in Ucraina. In quell’occasione, Vovan e Lexus si erano presentati ad Akunin come se fossero Aleksandr Tkatchenko (ministro ucraino della Cultura fino al 2023) e, in un’altra occasione, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Nel corso della conversazione, oltre al suo sostegno a Kiev, Akunin dichiarò di aver organizzato una raccolta fondi a sostegno dell’Ucraina.

L’accusa aveva inizialmente chiesto per Akunin 18 anni di reclusione, poi ridotti a 14, mentre l’avvocato d’ufficio l’assoluzione. Come ha riportato Mediazona, in aula, davanti alla sedia vuota dell’imputato, è comparso un solo testimone dell’accusa: una pensionata che era venuta a conoscenza delle dichiarazioni di Akunin da internet e dalla trasmissione televisiva del propagandista Vladimir Solov’ëv.

“Non riconosco il loro tribunale. Non ho autorizzato alcun avvocato a rappresentarmi nel loro cosiddetto processo e non parteciperò in alcun modo a questa farsa”, ha commentato Akunin dopo la notizia della sua condanna a 14 anni.

Dopo la conversazione telefonica con i comici russi Vovan e Lexus, la casa editrice Ast ha interrotto la pubblicazione dei libri di Akunin. Allo stesso modo, diverse librerie e biblioteche russe hanno rimosso dagli scaffali i titoli di altri noti scrittori e scrittrici non allineati al Cremlino, come Ljudmila Ulitskaja, Dmitrij Glukhovskij, Vladimir Sorokin e altri. Il nome di Akunin è stato rimosso anche dai manifesti di alcuni spettacoli teatrali.

Bykov nella lista dei ricercati

Lo stesso destino è toccato anche a Dmitrij Bykov, scrittore, giornalista, pensatore e attivista molto famoso in Russia, che tiene vivo – pur dall’estero – il carattere popolare della poesia russa.

Dopo essere stato inserito nel registro degli “agenti stranieri” ed essere stato più volte multato, Bykov si è visto bloccare la vendita dei suoi libri. I suoi scritti, così come quelli di altri autori, sono stati rimossi dalle biblioteche o spostati nei magazzini.

Ora il Ministero russo degli affari interni lo ha inserito nella lista dei ricercati. Non è chiaro in base a quale articolo del Codice penale.

Attualmente il Comitato investigativo russo sta conducendo due procedimenti penali a suo carico:

  • diffusione di informazioni false sulle Forze armate russe,
  • violazione degli obblighi previsti per gli “agenti stranieri”.

Bykov ha lasciato la Russia già da qualche anno per trasferirsi negli Stati Uniti. Boris Akunin, invece, oggi vive in Francia.

Le loro storie sono solo un frammento del mosaico di censura che è tornato nuovamente ad azzoppare, dopo molti anni, la produzione culturale e letteraria del Paese.

L’aumento della censura in Russia

“La letteratura in Russia ha goduto di un’assenza quasi totale di censura per un periodo sorprendentemente lungo – ha spiegato Galina Jusefovich, critico letterario -. Nel 1986 Michail Gorbaciov firmò un decreto che aboliva l’obbligo di sottoporre al Glavlit, il principale organo di censura dell’era sovietica, i programmi tematici editoriali per l’approvazione preventiva. Da quel momento, le case editrici furono libere di pubblicare ciò che desideravano”. Il Glavlit fu chiuso definitivamente nel 1991 e da quel momento la produzione letteraria russa visse un periodo di crescente libertà, caratterizzato al contempo da una totale anarchia in materia di copyright e dalla circolazione di testi potenzialmente pericolosi, come manuali pratici su come fabbricare esplosivi e droghe.

Fu solo nel 2007 che il Ministero della Giustizia creò un elenco dei materiali estremisti che includeva anche i libri. Un filtro che però non impedì alla produzione letteraria russa di vivere un’epoca di straordinaria rilassatezza.

È per questo che il settore editoriale si è trovato tragicamente impreparato all’ondata di repressione che si è abbattuta in Russia dopo il 24 febbraio 2022. Dopo l’invasione dell’Ucraina e le critiche lanciate da molti autori, la censura è cresciuta gradualmente e si è intensificata con l’approvazione della legge contro la propaganda lgbtq+, che nella primavera 2024 ha addirittura portato alla clamorosa cancellazione di alcuni versi di Pier Paolo Pasolini tradotti in russo. Il mondo del cinema, del teatro e della stampa ovviamente non sono rimasti indenni da questa nuova ondata repressiva.

“Ha ragione, molte testate hanno chiuso, i giornalisti sono andati via. Ma non dimentichi in quale situazione ci troviamo. Siamo in un periodo di censura di guerra, una cosa senza precedenti per il nostro Paese” – ha risposto alla rivista Expert il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov

La guerra si combatte anche nello spazio dell’informazione. E sarebbe sbagliato chiudere gli occhi davanti ai media che si dedicano deliberatamente a screditare la Russia. Per questo ritengo che oggi questo regime sia giustificato.

Dmitrij Peskov

La censura di guerra però non conosce confini. E si è presentata, di nuovo, anche nel nostro Paese.

La censura di guerra in Italia

La cancellazione del corso su Fjodor Dostoevskij all’università milanese Bicocca, nel marzo 2022, è stato solo l’inizio. Poi è stata la volta dei cantanti lirici, degli sportivi, degli artisti e dei ballerini russi tenuti lontani dalle scene perché sostenitori della politica di Putin o semplicemente perché russi. Anche l’improvviso annullamento della presentazione del libro “C’era una volta l’Urss, storia di un amore” (Sandro Teti Editore) della slavista Laura Salmon, tra le più note traduttrici dei russi in Italia, l’anno scorso ha sollevato un polverone di polemiche.

Ora il dibattito sulla necessità o meno di annullare gli eventi culturali legati alla Russia si è spostato in Campania, dove è polemica per il concerto del direttore d’orchestra russo Valerij Gergiev, previsto per il 27 luglio 2025 a Caserta. Contro Gergiev, accusato di essere amico e sostenitore di Putin, si è schierata Julia Navalnaja, vedova del dissidente Aleksej Navalnyj, che ha raccolto 16mila firme per chiedere lo stop del concerto.

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Il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi ha suggerito di valutare “il confine tra arte e propaganda”, mentre il governatore della Campania Vincenzo De Luca ha risposto così alle polemiche: “Quello della cultura e dell’arte è uno dei casi nei quali può crescere il dialogo fra le persone e possono svilupparsi i valori di solidarietà umana. Da sempre abbiamo lavorato per valorizzare e favorire l’incontro fra personalità di diversa sensibilità. Abbiamo favorito la presenza di ebrei e palestinesi, di russi e ucraini cercando di non sovrapporre il piano della politica con quello della cultura”.

Lo scrittore russo Dmitrij Bykov, ricercato in patria, ha commentato così l’invito a Valerij Gergiev di esibirsi a Caserta. “A mio parere, tutti gli altri modi per svegliare l’Europa sono ormai esauriti. Perciò, per farle aprire gli occhi, manderei a questo festival l’opera di Sergej Prokof’ev Semyon Kotko (un’opera che racconta la storia del soldato ucraino Semyon Kotko che torna nel suo villaggio natale dopo la Prima guerra mondiale; è stata portata in scena nei giorni scorsi al Teatro Bolshoj di Mosca con la regia di Sergej Novikov e ha scatenato numerose polemiche per via delle immagini propagandistiche a sostegno dell’invasione russa dell’Ucraina, ndr). Insisterei affinché Gergiev partecipasse a Caserta non con le opere di Wagner o con qualche titolo italiano, ma proprio con la messa in scena di Sergej Novikov, e con quella specifica proiezione sul sipario. Perché tutti i discorsi sul fatto che l’arte sia al di fuori della politica, al di sopra della politica, quest’opera li smentisce in modo più che evidente”.

Alla fine, dopo giorni di intensa polemica, la direzione della Reggia di Caserta ha disposto l’annullamento del concerto sinfonico diretto dal maestro russo Valerij Gergiev. Si temevano possibili manifestazioni di protesta da parte di associazioni ucraine.

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