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Il 15 dicembre una petroliera russa si è spezzata a metà e un’altra è rimasta incagliata, riversando combustibile nello stretto di Kerch.
Si teme un disastro ambientale nel mar Nero, per la precisione nello stretto di Kerch che separa la Russia continentale dalla Crimea, annessa da Mosca nel 2014. Nella giornata di domenica 15 dicembre, a causa di una tempesta, una petrolifera russa è affondata e una seconda è rimasta incagliata. C’è stato uno sversamento di combustibile in mare, ma al momento non è ancora possibile calcolare l’entità dei danni. A ricostruire l’accaduto è il quotidiano Guardian.
La prima nave coinvolta si chiama Volgoneft-212 ed è lunga 136 metri. Costruita ben 55 anni fa, di recente è stata radicalmente ristrutturata, rimuovendo la parte centrale e saldando insieme la parte di prua e quella di poppa. Sarebbe proprio la grande giuntura centrale a non avere retto a un’onda più potente delle altre: la nave, quindi, si è spezzata. Trasportava 4.300 tonnellate di mazut, un olio combustibile pesante che rimane come residuo della distillazione del petrolio greggio. L’incidente è avvenuto al largo della costa orientale della Crimea, a circa 8 chilometri di distanza dallo stretto di Kerch. Delle quindici persone a bordo almeno una è morta, stando a quanto riferito dalle autorità russe. Altre dodici sono state portate in salvo, due delle quali in gravi condizioni.
Inizialmente sembrava che fosse affondata la seconda petroliera, la Volgoneft-239. Di costruzione più recente (risale al 1973), ha una lunghezza di 132 metri e aveva a bordo 4 tonnellate di olio combustibile. Il governo russo fa però sapere che è rimasta incagliata a circa 80 metri dalla costa, all’altezza del porto di Taman. Le condizioni meteo avverse hanno reso impossibile raggiungere l’equipaggio che, però, sarebbe al sicuro a bordo.
C’è chi critica la scelta di mettere in mare due navi così vecchie nel bel mezzo di una tempesta così violenta. È quanto afferma Dmytro Pletenchuk, portavoce della marina ucraina. Per ora, la dinamica dell’accaduto appare piuttosto chiara ma le conseguenze sono ancora da definire. È certo, infatti, che le due petroliere abbiano riversato combustibile in mare ma, al momento, la quantità non è nota. E non è dunque possibile capire quanto sia grave il danno ambientale.
Tutto questo avviene in una zona che è al centro del conflitto tra Russia e Ucraina, con tutto ciò che ne consegue anche per gli ecosistemi. Il Guardian cita per esempio l’affondamento di parte della flotta russa da parte di droni e missili ucraini. E, viceversa, l’esplosione della diga di Kakhovka avvenuta a giugno 2023 ad opera dell’esercito russo, con l’allagamento della zona che ha avuto conseguenze drammatiche per la popolazione. L’acqua contaminata da carburante, scarichi fognari e fertilizzanti si è riversata proprio nel mar Nero, tanto che un’inchiesta del New York Times ha parlato di ecocidio, un crimine contro l’ambiente.
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