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Anche piantare un seme può essere rivoluzionario. Lo sanno bene i “giardinieri non autorizzati” delle nostre città, protagonisti di un documentario sul guerrilla gardening il cui destino dipende dal crowdfunding.
Ripiantumare quell’aiuola dimenticata da tutti. Accorgersi di un’area verde degradata e andarla a sistemare. Ripulire un parco che ha assunto l’aspetto di una discarica. Azioni di quotidiana normalità per i guerrilla gardener, persone comuni che, armate solo di zappe, annaffiatoi e una buona dose di senso civico, dedicano il proprio tempo a prendersi cura del verde pubblico.
Se nella forma si tratta di un’azione “sovversiva” e non autorizzata, nella sostanza, il guerrilla gardening altro non è che un’attività spontanea di volontariato, finalizzata a rendere più belle strade e luoghi pubblici trascurati. Si può trattare di un “attacco” organizzato, che mobilita tante persone in modo estemporaneo, oppure di attività più politically correct, come quella degli orti urbani, o, ancora, dell’azione spontanea di un singolo.
Partito negli anni Settanta a New York, questo fenomeno si è diffuso in Europa grazie alla spinta del londinese Richard Reynolds e, in seguito, anche in Italia, quando grazie ai social network, i vari gruppi hanno iniziato a mettersi più facilmente in relazione. Tanto da proclamare anche la giornata nazionale del guerrilla gardening, fissata a partire dal 4 novembre 2011.
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In pochi anni i gruppi si sono moltiplicati e hanno assunto tutti nomi ironici e rappresentativi: dai Friarielli Ribelli a Napoli, ai ragazzi di Ammazza che Piazza a Taranto, dai Terra di Nettuno a Bologna agli Abbracciapalo di Milano. Solo per citarne alcuni. Ad animarli, in alcuni casi, sono stati sentimenti politici e, in molti altri, il semplice desiderio di fare qualcosa di immediato e concreto per contrastare il degrado ambientale.
Tantissime le iniziative di “giardinaggio non autorizzato” registrate da allora in tutto lo Stivale. A fare da connettore è il sito web. A consacrarle quattro raduni nazionali, organizzati dal 2013 al 2016 a Bologna, Roma, Taranto e Milano.
A raccontare tutto ciò ora ci prova il documentario Giardinieri d’assalto: storie di guerrilla gardening in Italia, diretto da Angelo Camba che, armato di telecamera, in questi anni ha seguito tutti i raduni, con un’ambizione precisa: creare una narrazione del fenomeno e dei suoi protagonisti, senza farne “un racconto autocelebrativo”.
È lui stesso a spiegarlo: “Mi piaceva l’idea che i guerrilla gardener fossero persone decise a fare qualcosa di concreto, senza aspettare aiuti dall’alto. Credo che questo sia il modo migliore per affrontare l’immobilismo che c’è in Italia rispetto a certi tipi di problemi: dal degrado, ai rifiuti. Il nostro è un Paese di contraddizioni e, in questo periodo storico, ha più che mai bisogno di esempi di azioni dal basso come queste”.
Al suo fianco e di fronte all’obiettivo c’era sempre Gianni Manfredini, architetto, promotore culturale e da un po’ anche attore, conosciuto con lo pseudonimo di Piante volanti. A Milano è stato tra i primi “guerriglieri verdi” ad attivarsi con azioni di street art, pensate per abbellire la città. Sua l’idea di appendere ai lampioni delle semplici lattine, trasformate in colorati vasi per piantine. “Il guerrilla gardening è una modalità semplice e immediata di fare qualcosa”, ammette Gianni, “Vedi un’area degradata e ti rimbocchi le maniche. Per questo molti gruppi si sono attivati in fretta”.
Non esiste un prototipo di guerrilla gardener. Chiunque può diventarlo, a volte senza nemmeno sapere di esserlo. Ci sono medici, operai, studenti, professori e persino pensionati che operano sia in gruppo che in solitaria. “A Bologna c’è una signora che è stata intercettata dal gruppo Terra di Nettuno, semplicemente perché sistemava l’aiuola sotto il suo condominio, stanca di vederla ricoperta dai rifiuti”, racconta il regista. “A Taranto c’è un gruppo di giovanissimi che hanno iniziato ad agire anni fa spinti dal desiderio di riscattare una città malmessa. Spesso ripristinare zone degradate significa anche recuperarle a livello sociale”.
La missione di molti guerrilla gardener è anche quella di “fare aggregazione sociale”, stimolando la coscienza civica degli abitanti. Com’è successo nel 2014 nel quartiere Centocelle di Roma, dove un’aiuola messa a dimora è stata presa a cuore dalla gente, diventando nel tempo sempre più rigogliosa. “Coinvolgere e sensibilizzare le persone è un altro modo di fare guerrilla gardening”, spiega Angelo Camba.
“Se si riescono a strappare da una certa aridità, le persone tendono ad appassionarsi e a dare il proprio contributo. È un discorso un po’ utopico ma, secondo me, è una delle cose più belle del guerrilla gardening”.
Il paradosso, però, resta. Tutte queste persone, impegnate gratuitamente per il bene comune, lo fanno senza autorizzazione e dunque rischiando, teoricamente, una sanzione da parte delle autorità. Cosa che, a onor del vero, generalmente non succede, salvo rari casi in cui le azioni di guerrilla assumano, più o meno velatamente, il ruolo di denuncia, infastidendo qualcuno.
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Come detto, il documentario Giardinieri d’assalto ripercorrerà i raduni nazionali di guerrilla gardening, ma per essere completato ha bisogno di una mano. L’idea di Angelo Camba, infatti, è di tornare insieme a Gianni Manfredini nei luoghi che hanno ospitato i raduni e le azioni dei guerriglieri, per documentare cosa è successo nel frattempo e incontrare i protagonisti. Tra loro una in particolare: Lorenza Zambon, l’attrice-giardiniera, come lei ama definirsi, che da molti anni, con i suoi spettacoli, porta avanti la causa con carisma e passione.
Una necessaria conclusione per completare il racconto e mostrare quali frutti abbiano portato i tanti semi piantati. Non solo nella terra, ma soprattutto nelle vite delle persone.
“In questo momento tanti gruppi non risultano più attivi come prima e non si stanno più coordinando”, ci spiega Gianni Manfredini. “Tante persone, però, hanno intrapreso nuove strade e adottato stili di vita, che sono figli di quella passione. Chi si è dato al riciclo creativo o chi ha deciso di andare a vivere sui monti in realtà sta ancora facendo “giardinaggio d’assalto”, anche se in modo diverso. Io stesso, facendo spettacoli nelle scuole, in cui dico ai bambini che possono sporcarsi con la terra e piantare una ghianda, continuo a fare guerrilla gardening”.
Per poter realizzare il progetto è stata attivata una campagna di crowdfunding su Produzioni dal Basso, promossa da Infinity, che ha riconosciuto il valore del documentario, accettando di coprodurlo. Condizione necessaria: arrivare al 50 per cento del budget fissato, al raggiungimento del quale Infinity diventerà ufficialmente coproduttore del documentario, garantendo la distribuzione sulla sua piattaforma.
Restano solo pochissimi giorni per dare una chance al progetto. Chiunque ne condivida gli ideali può dare il proprio libero contributo e diventare così parte di questo movimento.
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