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I Giochi olimpici speciali, dedicati agli atleti con disabilità intellettiva, cominciano il 14 marzo ad Abu Dhabi. Vi raccontiamo le storie di Barbara, Marco e Martina che fanno parte della delegazione italiana.
Il 27 febbraio la “fiamma della speranza” si è accesa sulla collina di Pnice, infiammando i cieli di Atene. Un viaggio di cinquemila chilometri l’ha condotta alla sua destinazione: Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti. Ed è il 14 marzo che, con una grandiosa cerimonia allo stadio Zayed e le canzoni di Avril Lavigne, si alza il sipario sui Giochi olimpici speciali 2019.
Si tratta di una manifestazione multisportiva per atleti con disabilità intellettiva, organizzata con cadenza quadriennale dall’associazione Special olympics. Dal 14 al 21 marzo settemila atleti provenienti da tutto il mondo prendono parte ai giochi estivi di Abu Dhabi. “Siamo entusiasti all’idea che siano i primi nel Medio Oriente”, confessa Timothy Shriver, presidente di Special olympics international. “Non esiste posto migliore per invitare gli abitanti della Terra ad unirsi nel celebrare lo sport e le persone di tutte le culture”.
115 italiani gareggiano nelle seguenti discipline: atletica, badminton, bocce, bowling, calcio a 5, calcio a 7, ginnastica artistica e ritmica, golf, equitazione, pallacanestro, pallavolo, nuoto, nuoto in acque libere, tennis, tennistavolo. Negli sport di squadra saranno affiancati da atleti normodotati.
“Sono sicuro che questa sarà un’esperienza meravigliosa per quanto riguarda la vostra crescita sportiva e personale, lo vedo nei nostri volti e nei vostri sorrisi”, ha affermato il premier Giuseppe Conte che ha incontrato gli azzurri a Roma prima della loro partenza per gli Emirati Arabi. Abbiamo deciso di raccontarvi tre delle storie che si nascondono dietro questi sorrisi.
Ogni volta che gli occhi di Barbara Masoni si illuminavano alla vista di un cavallo, il cuore di sua madre si spezzava. Credeva che la figlia non avrebbe mai cavalcato: neanche imparare a camminare per lei era stato facile. Ma si dice che i cavalli “ci prestino le ali che non abbiamo” e Barbara, con loro, è riuscita a volare: oggi pratica volteggio, una delle discipline equestri che richiedono più equilibrio, oltre che competenze di ginnastica artistica. “Lo sport l’ha resa sicura delle proprie capacità, aperta e sorridente verso gli altri, che non le fanno più paura”, racconta soddisfatta la mamma. Quando Barbara è stata convocata ad Abu Dhabi, “un misto di preoccupazione e gioia ha poi lasciato il posto al solo orgoglio di essere madre di un’atleta”. Un’atleta che, in sella ad un cavallo, può superare qualunque ostacolo.
I medici non hanno saputo diagnosticare con precisione la patologia di Marco Basso, ipotizzando una forma di autismo atipico con annessa disabilità intellettiva grave. “Spesso, guardando gli altri fare qualcosa, mi chiede: ‘Mamma, perché io non sono in grado?’. È in momenti come quelli che non ho le risposte giuste da dargli, perché non le conosco neppure io”, confessa la madre. In acqua, però, tutto cambia. “La sua rigidità scompare e lui si sente libero; quando nuota, è armonioso”. Nel mare ha scoperto il suo mondo, nel suono delle onde il sottofondo musicale perfetto per la sua vita. “Ogni volta che Marco gira la testa nell’acqua e mi sorride, io ho già vinto la medaglia più bella”, racconta Elena, atleta senza disabilità che si allena con lui.
Martina Vismara, 13 anni, è l’atleta più giovane della delegazione azzurra. Ha sperimentato la danza e il basket, che non facevano per lei, prima di trovare nella ginnastica artistica la sua dimensione ideale. È affetta da sindrome di Down. Per partecipare ai Giochi olimpici speciali ha preso l’aereo per la prima volta; ad Abu Dhabi conoscerà persone di tante nazionalità diverse, con le quali condivide la passione per lo sport, un linguaggio che non ha bisogno di parole. “Durante le trasferte Martina si trasforma: la vediamo girare in compagnia dei suoi amici, in piena autonomia e con un grande sorriso sul volto. Ha iniziato anche a truccarsi”, racconta il padre, orgoglioso e dispiaciuto al tempo stesso all’idea che sua figlia stia crescendo.
Dal 14 al 21 marzo, quindi, sintonizziamoci su Rai sport per tifare per i nostri atleti. Anche se Abu Dhabi è lontana, restiamo loro vicini, esultando per le vittorie, imparando dalle sconfitte. E urlando insieme – chi dal divano, chi dalla pista, dalla piscina o dal campo – il motto di Special olympics.
Che io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze.
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