Google ha nuovo algoritmo per declassare le bufale sul cambiamento climatico

Google presto utilizzerà un nuovo algoritmo in grado di classificare i siti web in base alla loro affidabilità, mettendo in secondo piani quelli che negano il cambiamento climatico.

Internet è oggi la principale fonte di informazione, notizie e opinioni viaggiano rapidamente e sono accessibili ad un numero sempre più vasto di persone. Il rovescio della medaglia, però, è che senza un filtro anche le notizie inesatte, o palesemente false, si diffondono rapidamente creando non pochi danni, basti pensare ai movimenti anti-vaccino.

 

orso

 

Anche un dato incontrovertibile, supportato da numerosi riscontri scientifici, come il cambiamento climatico, può essere messo in dubbio. Effettuando una ricerca con Google, uno dei principali motori di ricerca del web, inverosimili teorie cospiratorie e negazioniste sul riscaldamento globale sono altrettanto facili da trovare che, ad esempio, un articolo relativo all’ultimo rapporto dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc).

 

Ma la situazione potrebbe cambiare, il mese scorso infatti i tecnici di Google hanno sviluppato un nuovo algoritmo in grado di classificare i siti web in base alla loro affidabilità. L’algoritmo  riuscirebbe a classificare l’attendibilità delle notizie confrontandole con un database di fatti, sarebbe anche in grado di valutare l’affidabilità della fonte, dando la priorità ad un sito di notizie ben rodato rispetto ad un blog WordPress appena creato.

 

Il preciso funzionamento dell’algoritmo non è comunque ancora chiaro e Google sottolinea che è in continua evoluzione. Quel che è certo è che i siti che negano il cambiamento climatico non appariranno nella prima pagina dei risultati prodotti dalla ricerca, ma nelle pagine successive.

 

Dawes Glacier calving

 

Immediata la replica dei negazionisti climatici che hanno accusato Google di censura. Tra questi Marc Morano, un influente negazionista che ha lavorato sia per il giornalista ultraconservatore Rush Limbaugh che per il senatore James Inhofe, e che ora gestisce il sito Climate Depot (dal quale lancia deliranti accuse al governo statunitense e ai climatologi). In fondo, se non è d’accordo, può sempre usare Yahoo.

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