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Dal primo gennaio in Italia è vietato allevare animali per la loro pelliccia. Tuttavia, 5.700 visoni sono ancora detenuti negli stabilimenti chiusi.
Dal primo gennaio di quest’anno, come stabilito dalla Legge di bilancio 2022 (L. 234 del 30 dicembre 2021, art. 1, commi 980-984), in Italia è vietato allevare, far riprodurre in cattività, catturare e uccidere visoni, volpi, cani procione, cincillà e animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia. Dal primo di luglio gli allevamenti ancora presenti sono definitivamente chiusi.
Si tratta di una vittoria storica per la quale le associazioni animaliste italiane si battono da sempre e che eviterà lo sfruttamento di 60mila visoni l’anno (stando ai dati dell’ultimo ciclo produttivo negli allevamenti italiani, ovvero quello del 2019). Ci sono ragioni di ordine economico, ambientale, di salute pubblica e non da ultimo di benessere animale che hanno portato a questo divieto. Voglio credere che il nostro paese si sia finalmente reso conto che la persistenza di queste attività rappresenterebbe una scelta eticamente inaccettabile e ingiustificabile di fronte agli esigui benefici economici che offre ai pochi soggetti che vi sono coinvolti.
Infatti, dai dati che proprio un anno fa iniziavamo a raccogliere per dare fondamento alla nostra richiesta politica e dimostrare che non si sarebbe “messo in ginocchio un intero settore”, è emerso che nei dieci allevamenti ancora attivi, di cui cinque senza animali a causa della pandemia di Covid-19, gli addetti impiegati erano quattordici, secondo quanto riportato sulle visure camerali. A ogni modo, il testo di legge ha previsto un indennizzo agli allevatori di tre milioni di euro nel 2022 e altri tre milioni nel 2023.
Ad oggi, resta però il problema che questi indennizzi sono bloccati e circa 5.700 visoni riproduttori sono ancora detenuti, in deroga e ormai oltre la scadenza del 30 giugno stabilita per legge, negli stabilimenti chiusi: per legge, entro il 31 gennaio il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli (di concerto con i ministri della Salute Roberto Speranza e della Transizione ecologica Roberto Cingolani) avrebbe dovuto disciplinare, mediante decreto, non solo i criteri e le modalità di accesso agli indennizzi per gli allevatori, ma anche l’eventuale cessione degli animali ancora rinchiusi negli stabilimenti e il loro trasferimento, a determinate condizioni, in strutture gestite direttamente da associazioni animaliste o in collaborazione con le stesse.
Nonostante la costante pressione esercitata da Humane Society International, assieme a Essere Animali, Lav e Leidaa e le recenti rassicurazioni del sottosegretario alle Politiche agricole in Parlamento, del decreto attuativo non si hanno notizie. Questo è inaccettabile. A cinque mesi dalla scadenza per la sua pubblicazione, e con il termine per la dismissione ormai scaduto, il ministro non ha rispettato la legge. In questi mesi le associazioni hanno fatto il possibile per richiamarlo alla sua responsabilità: abbiamo chiesto l’istituzione di una consulta tra tutte le parti interessate all’attuazione della normativa, abbiamo fatto presentare interrogazioni parlamentari, abbiamo incontrato il 6 maggio il ministro Stefano Patuanelli e, da ultimo, abbiamo fornito una proposta di requisiti minimi strutturali e gestionali per la detenzione dei visoni in strutture diverse da quelle con finalità commerciali.
Ora la crisi di governo e lo scioglimento delle camere presentano uno scenario sconcertante che rischia di relegare il decreto attuativo e i visoni nel dimenticatoio. Fino all’insediamento del nuovo governo, l’attuale rimarrà in carica e non ci sono scuse per i ministeri di ritardare ancora la pubblicazione del decreto. Rinnovo quindi l’appello al ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli di dare immediatamente corso a quanto stabilito dalla Legge di bilancio, chiudendo il terribile capitolo dell’allevamento di animali da pelliccia in Italia.
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